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Arctic Monkeys, Do I Wanna Know?

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Quando mi risvegliai, trascorse qualche secondo prima che la mia mente venisse inondata dai ricordi della notte precedente e riuscissi dunque a ricordare dove mi trovavo.

O meglio, dove non mi trovavo.

Individuai un furgone nero parcheggiato in un piccolo spiazzo a qualche metro di distanza, e immaginai che doveva essere quello in cui avevamo viaggiato la sera precedente.

Il sole brillava alto nel cielo limpido e luminoso, mentre il cinguettio di alcuni uccelli si udiva in lontananza. I lacci mi stringevano ancora i polsi e le caviglie, e vi avevano lasciato dei segni violacei, mentre il panno che mi copriva la bocca si era allentato ed era sceso sul mio collo.

"Sta' ferma se non vuoi finire con il sedere a terra." Una voce profonda e atona mi giunse alle orecchie, e riconobbi immediatamente quella di Harry.

Istintivamente mi agitai ulteriormente, ancora non riuscendo a capire dove diavolo mi trovavo. Percepii la presa di due braccia calde e solide farsi più stretta attorno alla vita e alle gambe, e finalmente mi resi conto di essere in braccio a Harry.

"Dove stiamo andando?" domandai, stringendo in un pugno il tessuto della sua t-shirt nera per riuscire a guardarlo senza sbilanciarmi e perdere l'equilibrio.

Per tutta risposta, lui non mi degnò di uno sguardo e continuò a camminare in assoluto silenzio, guardando dritto davanti a sé.

Lo scricchiolio dei suoi passi sul terreno ghiaioso era l'unico rumore udibile, mentre procedeva impassibile verso una meta a me ancora sconosciuta.

Attorno al luogo in cui ci trovavamo, a distanza di alcuni metri, si estendeva uno sterminato campo di grano, le cui spighe erano scure e morenti. Ci dirigemmo verso un grande edificio in cemento, imbrattato di graffiti di ogni genere e scheggiato in svariati punti, che aveva tutta l'aria di essere una fabbrica abbandonata.

"C-che cosa vuoi farmi?" domandai con un fil di voce, irrigidendomi.

All'improvviso i peggiori scenari avevano iniziato a scorrermi davanti agli occhi, e il fatto che lui si rifiutasse di dire una sola parola non era certo di aiuto. Non che mi aspettassi una qualche rassicurazione da parte sua, ovviamente, ma per qualche ragione mi era comunque sembrato quello meno propenso a farmi del male.

Non perché fosse più buono degli altri - non ero certo così stupida da crederlo - ma semplicemente perché sembrava che della mia presenza non gli importasse minimamente.

Harry lasciò ancora una volta che le mie parole restassero senza alcuna risposta. Proseguì per un altro paio di minuti e infine giunse di fronte all'imponente edificio abbandonato.

"Anni fa era una fabbrica" disse, confermando la mia ipotesi e cogliendomi di sorpresa per aver finalmente parlato di nuovo. "Adesso sarà la tua casa."

Sentii il sangue gelarmi nelle vene, udendo quelle parole. Il lato positivo - se poteva considerarsi tale - era che quello che aveva detto implicava che non mi avrebbe uccisa.

Non ancora.

Entrammo nella fabbrica tramite uno stretto ingresso che, a differenza di tutti gli altri, non era serrato da spesse travi in legno. Una volta all'interno, un intenso tanfo di muffa e di chiuso mi invase le narici, facendomi storcere il naso.

"Che cosa avete intenzione di farmi?" domandai di nuovo, riferendomi quella volta anche agli altri uomini che mi avevano catturata e, in particolare, all'uomo con la pistola. Da quel poco che mi era parso di capire, lui doveva esercitare una certa autorità sugli altri due, perciò immaginai che fosse il loro capo, o qualcosa del genere.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora