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Twenty One Pilots, Heavydirtysoul

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"Harry" rispose prontamente l'uomo, rivolgendogli un rapido cenno del capo. Lo osservò per qualche istante, poi passò a guardare me.

Dovetti fare appello a tutte le mie forze per riuscire a reggere il suo sguardo, impassibile nonostante la pistola puntata alla testa, immobile nonostante il mio respiro terribilmente pesante. Si inumidì le labbra con la lingua, dunque abbassò l'arma lentamente, nel momento in cui altri due uomini uscirono da un'altra auto, puntandomi contro le loro armi.

Deglutii svariate volte, nel tentativo di allontanare il disgustoso sapore di bile che cominciava a salirmi alla gola. Un senso di nausea andava ora a sommarsi al battito accelerato del mio cuore, al respiro irregolare, al profondo senso di vertigine che pareva svuotarmi il petto.

Non c'era niente che avrei potuto fare per uscire da quella situazione. Non una parola, non un gesto o un'azione sarebbero serviti a farmi scampare alle armi di quegli uomini, al gelido sguardo del padre di Harry. Quel terribile senso di impotenza parve dilagare come un cancro in ogni parte del mio corpo, rendendomi incapace di mantenere il controllo per un istante di più.

Le mie mani erano scosse da un tremore incontenibile, le mie gambe erano sul punto di cedere, le tempie mi pulsavano dolorosamente, il cuore era sul punto di scoppiarmi nel petto. Un istante mi mancava l'aria, quello dopo il mio respiro era accelerato. Ero in trappola, e quella sensazione angosciante era troppo intensa, lacerava ogni singola fibra del mio corpo. Ciò che mi era necessario era liberarla in qualche modo, ma non ce n'era alcuno. Avrei voluto urlare, ma la mia gola secca non era in grado di emettere una sola nota. Avrei voluto piangere, ma dai miei occhi aridi non scendeva alcuna lacrima.

I miei sensi brancolavano nella completa confusione. Faticavo a identificare i miei stessi pensieri, non riuscivo a cogliere a pieno quanto stava accadendo.

Nel momento in cui, forse dopo un cenno del capo rivoltogli dal padre, scorsi la figura di Harry avanzare nella mia direzione, incrociai il suo sguardo per alcuni istanti, e mi parve che non ci fosse nient'altro intorno a me. Soltanto quegli occhi verdi, e la consapevolezza che - al pari di ogni altra persona in quel dannato spiazzo, al pari di chiunque altro - non potevo fidarmi di lui.

Forse non mi aveva mai realmente liberata. Forse aveva soltanto lasciato che finissi in gabbia da sola; aveva lasciato che mi allontanassi, che mi crogiolassi nell'idea di essere libera, consapevole che in ogni caso ci sarebbe stato il padre ad aspettarmi.

Non potevo fidarmi di Harry, e neppure del mio istinto ormai compromesso.

Forse avrei dovuto arrendermi alla situazione.

Il mio corpo si irrigidì di colpo quando percepii il calore del corpo terribilmente vicino di Harry alle mie spalle. Avvolse la sua mano ruvida intorno al mio polso, dunque mi guardò.

"Mi dispiace" sussurrò al mio orecchio. Non riuscii a decifrare il suo tono di voce.

Chiusi gli occhi per qualche secondo, mentre la gola cominciava a farmi male e i miei occhi a inumidirsi. Forse fui sul punto di cadere, quando Harry posò prontamente l'altra mano a sorreggermi la schiena.

"Sono felice che tu sia qui, Blake Morgan" esordì il padre di Harry. Il suo tono, in apparenza del tutto sereno e disinteressato, pareva celare una nota di ira che mi fece contorcere lo stomaco. Il modo in cui disse il mio nome, poi, mi causò una scarica di brividi lungo la spina dorsale.

Rivolse poi un rapido sguardo a Harry, non celando questa volta la luce sinistra che lo attraversò.

"Una vera fortuna" aggiunse poi in tono più grave, evidentemente rivolto al mio carceriere.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora