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Eminem, River

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Il viaggio trascorse quasi senza che né io né Joe proferissimo parola, io pensando a coloro che avevo ucciso e Joe chiedendosi probabilmente a cosa diavolo stesse pensando quando aveva scelto di aiutarmi.

Mi osservavo le mani, torturandomi le dita, mentre l'immagine di quegli uomini riversi a terra non accennava a schiodarsi dalla mia mente.

Avevo tolto la vita a delle persone, e nel mentre la mia procedeva come se non fosse mai successo.

Ci fermammo soltanto una volta, presso un autogrill lungo la strada, e ne approfittai per andare in bagno. Mi concessi svariati secondi davanti allo specchio, osservando il mio riflesso sulla superficie sbiadita e graffiata. I miei occhi erano solcati da profonde occhiaie, poiché non dormivo da parecchie ore, le mie guance apparivano piuttosto scavate, poiché non mangiavo da altrettante.

Senza pensarci, le mie dita si trovarono a sfiorare le mie labbra, screpolate a causa del freddo, ed allora ripensai a Harry. Avrei potuto elencare una lunga serie di ragioni razionali per cui avrei dovuto andare via, ma la verità era che, quando avevo preso la decisione di andarmene, in quella stanza d'albergo, ero solo spaventata. Il fatto che, nel bel mezzo di quella situazione, inseguita da una banda di criminali che mi voleva per chissà quale ragione, mi fossi lasciata andare a un tale desiderio mi aveva terrorizzata. Avevo paura, perché sentivo che c'era un legame fra me e Harry, qualcosa di più intenso di qualunque altra cosa avessi mai provato in vita mia, a cui però non riuscivo a dare un nome.

Joe mi offrì parte del cibo che aveva comprato in autogrill e, dopo mangiato, mi concessi alcune ore di sonno.

Fui svegliata dalla voce calda di Joe, che mi scuoteva piano chiamando il mio nome.

"Siamo vicini, ti devi nascondere" spiegò.

Dai sedili posteriori scivolai nel bagagliaio, sollevai la tendina scura e mi rannicchiai nel piccolo spazio. Ricordai di aver lasciato la pistola a Joe, dopo la sparatoria, e, anche se razionalmente sapevo che non era stata la mossa più astuta che avessi potuto fare, ero anche sollevata: se si fossero verificati degli altri problemi, non avrei dovuto essere io a sparare.

Nel momento in cui l'auto accostò, percepii un immediato accelerare del mio battito cardiaco. Ancora una volta, mi chiesi se avrei potuto fidarmi di Joe: forse aveva lasciato che uccidessi il suo compagno solamente per potermi consegnare di persona, e mi aveva portata a Detroit perché sapeva che qui si trovava il padre.

E fu in quel momento, ripensando all'avventatezza del mio affidarmi a un membro della banda dell'uomo che mi aveva fatto rapire e ora mi cercava, che mi resi realmente conto del perché lo avevo fatto: non perché avevo bisogno della protezione di Harry, né perché volevo ripagarlo dell'aiuto che mi aveva offerto aiutandolo a mia volta, e neppure perché mi sentivo in colpa per averlo abbandonato lì, solo e disarmato. La vera ragione era che mi importava di lui: non volevo che morisse o venisse ferito, né per causa mia né per nient'altro. La verità era che tenevo a lui, in maniera disinteressata, più di quanto io stessa riuscissi ad ammettere.

Mi trovavo in quella situazione perché mi ero aggrappata con ogni mia forza alla sola possibilità che avevo di rivedere Harry.

Udivo la voce di Joe mentre discuteva con qualcuno all'esterno, ma riuscii a cogliere solo alcuni stralci di quella conversazione.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora