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Halsey, Not Afraid Anymore

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Nonostante avesse detto che andava a prendere soltanto dell'acqua, Harry non rientrò prima di un'ora. Trascorsi i primi minuti urlando come una dannata e implorandolo di farmi uscire. Smisi nel momento in cui mi resi conto che non mi avrebbe sentita e che, se anche l'avesse fatto, non mi avrebbe di certo liberata.

Durante il resto del tempo, invece, cominciai a riposizionare convulsamente i vari oggetti presenti nella stanza. Lo feci probabilmente per evitare di trovarmi a dover rielaborare tutta quella situazione mentre mi trovavo lì da sola, avvolta da un silenzio in cui i pensieri tendevano a proliferare. In quel momento, comunque, preferii pensare che la vera ragione per cui lo facevo fosse che, se proprio avessi dovuto restare lì ancora a lungo, avrei almeno desiderato che il luogo della mia reclusione somigliasse un po' meno a una topaia.

Impilai ordinatamente svariate casse di legno contro una parete, finché quest'ultima non ne fu completamente ricoperta. Dopo averli sigillati come meglio potevo, sistemai allo stesso modo i numerosi scatoloni abbandonati in diversi punti della stanza.

Quando udii  il tintinnio di un mazzo di chiavi e poi lo scatto della serratura, stavo trascinando uno degli ultimi scatoloni verso il fondo della stanza, insieme a tutti gli altri.

La porta venne spalancata con un rumore secco e mi voltai di scatto, guardando in silenzio la figura di Harry che faceva capolino all'interno della stanza.

Lo seguii con lo sguardo, mentre lui osservava incuriosito la parete alle mie spalle, ove avevo spostato casse e scatoloni.

"Che diavolo fai?" domandò con quel suo solito tono del tutto disinteressato.

"Non importa" borbottò qualche secondo dopo, senza attendere una mia risposta. "Ti ho portato qualcosa da mangiare" aggiunse poi, passandosi una mano sulla nuca.

Mi porse uno dei due sacchetti di carta scura che reggeva tra le mani e io, un po' titubante, lo presi.

"Uhm... grazie" mormorai, non sapendo bene che altro dire.

Quando lo vidi voltarsi e avviarsi alla porta per andare via, non so dire esattamente cosa diavolo mi passò per la testa. Quella che gli posi, d'istinto e senza fermarmi a riflettere, era una domanda che mi girava silenziosamente per la testa da parecchie ore, probabilmente dal momento stesso in cui l'avevo incontrato.

"Non l'hai mai fatto, vero?" chiesi piano, anche se dal mio tono pareva più un'affermazione che una domanda.

"Fatto cosa?" ripeté lui, scettico e probabilmente sorpreso che avessi osato aprire bocca.

"Questo." Agitai le braccia intorno a noi, indicando la stanza grigia e spoglia. "Insomma... rapire qualcuno."

Suonava così strano e surreale, se detto ad alta voce.

Lui aggrottò la fronte e pressò le labbra in una linea sottile, poi si voltò e mosse qualche passo in direzione opposta alla mia. Immaginai che se ne stesse andando, così mi limitai a sospirare rassegnata e presi posto su una bassa pila di quelle vecchie casse, poggiando il sacchetto scuro sulle mie gambe.

Harry mi lasciò piuttosto sorpresa quando, anziché lasciare la stanza, si sedette sul polveroso materasso, posizionandosi esattamente di fronte a me, a pochi metri di distanza.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora