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Aloe Blacc, Wake Me Up

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I giorni si trascinarono lentamente, senza che alcuno di essi si allontanasse dalla sorta di routine che si era creata. Harry ed io comunicavamo a malapena a monosillabi, evitando con accuratezza di toccare tasti dolenti e personali. Comunque, non mi era capitato spesso di incrociarlo: gran parte delle volte, usciva di mattina e rientrava di sera.

Quella mattina mi alzai all'alba. Non era cosa nuova che mi addormentassi nel tardo pomeriggio, presa dalla noia e dal nervosismo, per poi svegliarmi così presto.

La casa era immersa nel totale silenzio, mentre la luce iniziava a filtrare attraverso la finestra. Indossai una felpa per ripararmi dal freddo pungente di dicembre, dunque aprii l'anta del piccolo balcone, muovendola lentamente per limitarne il cigolio, ed uscii.

Sentii un vuoto all'altezza dello stomaco, nel guardare in basso, rendendomi conto dell'altezza importante a cui ci trovavamo. Strinsi le mani intorno alla ringhiera di metallo, ignorandone il freddo che iniziava a sottrarre calore alle mie mani, dunque spostai lo sguardo verso il cielo.

Nonostante la stagione invernale, era abbastanza terso, e le nuvole che portavano pioggia erano appena visibili in lontananza. Rimasi a guardarlo, studiandone le sfumature, osservando la striscia ancora buia ritirarsi lentamente, per accogliere la luce. Ammirai il sorgere del sole, che tingeva di rosa la zona circostante. Osservai anche la luna, che andava sbiadendosi mano a mano che la luce solare si appropriava il cielo.

Rientrai solo quando smisi di sentire gli arti, a causa del freddo. Non ero mai stata il tipo da guardare l'alba. Ero per l'ottimizzare il tempo, impiegandolo principalmente in qualcosa di utile a livello pratico. Raramente mi lasciavo andare a qualcosa di irrazionale, guidato da una necessità indefinita. Eppure, in quel momento, nella mia contorta mente, l'alba divenne sinonimo di libertà.

Cominciai a mordicchiarmi le unghie, avanzando verso l'imponente libreria in legno chiaro che riempiva la stanza. Per la prima volta, vi prestai realmente attenzione. Feci scorrere lo sguardo lungo le file di libri, il cui ordine era nettamente in contrasto rispetto al resto della stanza.

Ce n'erano parecchi, ed i generi spaziavano da classici della letteratura, a saggi di medicina, a libri di narrativa. La mia mente faticava ad associare un'attività come la lettura all'Harry che conoscevo.

La mia attenzione fu attirata da un'opera in particolare. Il codice da Vinci di Dan Brown. Ricordai che per oltre un mese la vecchia infermiera dell'orfanotrofio aveva girato con quel libro sottobraccio. Era terribilmente severa con me e Niall, quando eravamo bambini, a causa dei nostri frequenti scherzi contro di lei, ma, crescendo, entrambi avevamo imparato a volerle bene.

Sfiorai il libro con le dita, percependo una sorta di incasso dove erano state impresse le lettere del titolo.

"Puoi prenderlo."

Una voce alle mie spalle mi fece sussultare. Mi voltai, per incontrare la figura di Harry. Indossava un paio di jeans, insieme a una camicia nera ancora aperta, che stava abbottonando in quel momento. Mi costrinsi a distogliere lo sguardo dalle ferite sul suo petto.

"Puoi prenderli tutti" aggiunse, rivolgendo un cenno del capo alla libreria.

"Sono tuoi?" domandai senza pensarci. Mi parve una domanda idiota, dato che erano in casa sua, ma mi riusciva davvero difficile credere che si fosse preso la briga di comprare tutti quei libri, e poi magari di leggerli.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora