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Taylor Swift, All You Had To Do Was Stay

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"Chi è?" domandai a Joe, sventolandogli davanti agli occhi quel suo bigliettino.

Joe emise un gemito di dolore, poco prima di parlare, ma non fece in tempo a dire nulla, perché Harry frenò bruscamente. Sollevai lo sguardo verso uno dei finestrini, e mi resi conto che ci trovavamo in uno stretto vicolo, oramai lontani dal luogo in cui ci aveva portati Joe.

Sollevai lo sguardo sulla figura di Harry, che, a fatica, reggendosi a ogni appiglio a cui riusciva ad arrivare e tenendo una mano premuta sulla sua ferita da poco richiusa, avanzava verso me e Joe.

Prese tutte le medicazioni che riuscì a trovare nei vari cassetti del mobiletto che li conteneva e li gettò ai suoi piedi, poi si inginocchiò al mio fianco.

"Fammi vedere" disse piano, muovendo una mano in direzione della mia ferita, coperta dalla canotta ora imbrattata di sangue.

"Lui è più grave" replicai, rivolgendo un cenno del capo verso Joe.

Harry mi guardò con gli occhi spalancati, in cui mi parve di leggere della preoccupazione mista a rabbia. "Non abbiamo molto tempo."

Fece per avvicinarsi ancora a me e alla mia ferita, ma io mi ritrassi dal suo tocco.

"Ti avrebbe consegnata" disse, il tono ora più duro e quasi graffiante. "Non ho intenzione di aiutarlo."

"Non sono nella posizione di giudicare le azioni sbagliate di nessuno" asserii. "Tu lo sei?"

Harry si passò nervosamente una mano fra i capelli, con la mascella contratta e le labbra pressate in una linea.

Raggiunsi a gattoni il corpo di Joe e, afferrate le medicazioni necessarie, mi misi al lavoro, facendo del mio meglio per arginare l'emorragia e richiudere la ferita.

"Dimmi soltanto perché" disse a un tratto Harry, distogliendo la mia attenzione dal corpo di Joe, il quale, nonostante non avesse ancora perso conoscenza, resisteva al dolore che gli stavo causando medicandogli quella ferita in maniera impressionante, limitando gli spasmi che, date le mie condizioni non delle migliori, non avrei avuto la forza di controllare.

Mi voltai a guardarlo. Si toccava i capelli in maniera quasi ossessiva, l'espressione contratta e lo sguardo acceso di rabbia, che vagava da un punto all'altro, giungendo a incrociare il mio solo quando riprese a parlare.

"Non ti ho mai torto un capello mentre eri rinchiusa in quella dannata fabbrica, quando chiunque altro al mio posto ti avrebbe fatto tutto quello che voleva. Ho impedito a chiunque dei miei di accedervi al mio posto, proprio per evitartelo. Ti ho lasciata andare, rinunciando a tutto ciò che mi restava. Ti ho aiutata a scappare da mio padre, e ti avrei anche aiutata a risolvere completamente questa dannata faccenda, se solo me ne avessi dato il tempo... se solo non mi avessi fottutamente disarmato e tradito" quasi urlava, il tono nervoso e quasi fuori controllo. "E non credo di meritare un fottuto premio per questo, non ho mai chiesto nulla in cambio, mi serviva solo la tua dannata fiducia. Avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per riuscire a liberarti. Ma non è mai abbastanza per te, vero?"

Quelle parole ebbero su di me l'effetto di mille aghi conficcati dolorosamente oltre la mia pelle. Sommate poi all'espressione sul suo volto, di una rabbia disperata, quasi folle, e al tono della sua voce, pregno delle stesse sensazioni, fu come se una morsa si stringesse intorno al mio cuore, stritolandolo e facendo male anche più della ferita sul mio fianco.

Ma non potevo lasciare che la colpa di tutto quello andasse solamente a me. Colta da un improvviso e intenso impeto di rabbia e adrenalina, mi sollevai da terra e andai verso di lui.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora