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One Direction, A.M.

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Il silenzio che regnava all'interno dell'auto, interrotto solamente dal nervoso ticchettare delle mie dita contro le mie gambe, pareva rendere l'abitacolo ancor più asfissiante di quanto già non fosse. Harry non sembrava essersi reso conto - oppure essersi preoccupato - del mio nervosismo. Erano svariati i fattori che concomitavano a quell'incontenibile e inebriante stato d'animo.

Il recente incontro con il padre di Harry, insieme alla sua inaspettata conclusione, era senza ombra di dubbio l'episodio di maggior impatto. Non riuscivo a capire sulla base di quale interesse Harry aveva agito a mio favore. Non ero certo tanto stupida da considerarlo un gratuito e generoso atto di eroismo. Doveva esserci dell'altro. Eppure, non riuscivo neppure a formulare una vaga teoria al riguardo.

Ma non era tutto qui. La stessa presenza di Harry, seduto al mio fianco, con lo sguardo fisso avanti a sé e nessun tipo di espressione a corrugargli il volto, era a dir poco inebriante. Forse non se ne rendeva conto, ma pareva emanare una sorta di campo magnetico, in grado di attirare la mia curiosità, le mie domande, il mio sguardo su di lui, il mio corpo accanto al suo; ma, allo stesso tempo, da tale attrazione derivava un senso di soggezione a cui non riuscivo a scampare. Nei momenti rari in cui ci parlavamo tentavo di nascondere quella sensazione, di relegarla in fondo alla mia mente e di dimenticarla, eppure essa era lì, e non voleva andarsene.

C'erano tutte le domande a cui non riuscivo a smettere di pensare da oramai svariati minuti, che andavano a sommarsi a quelle che mi portavo dietro, quasi come un fardello, da quando l'avevo conosciuto. Per quanto mi sforzassi di provare a interpretare le sue parole, le sue azioni, le sue scelte, non riuscivo a farlo. Era come se ci fosse una sorta di corazza a separare lui e il mondo, ed era perfettamente in grado di adempiere al suo scopo di isolante. Mi resi conto in quel momento che, se non fosse stato lui, per scelta o per le circostanze, a rivelarmi quanto si celava dietro di essa, non c'era modo in cui avrei potuto comprenderlo e conoscere i suoi pensieri più nascosti.

Era trascorsa forse una ventina di minuti quando, oramai incapace di tenermi dentro tutti i dubbi che mi affollavano la mente, e allo stesso tempo non in grado di gestire quel silenzio assordante per le mie orecchie, decisi di parlare.

"Perché l'hai fatto?" chiesi, senza mezzi termini e senza peli sulla lingua.

La voce mi uscì quasi del tutto priva di tono, in netto contrasto con le sensazioni che inebriarono la mia mente non appena pronunciai quelle parole. Farlo mi era costato uno sforzo non indifferente e, per quanto ciò non trasparisse dal mio tono, non ero sicura che a Harry ciò fosse passato inosservato.

Mi rivolse un rapido sguardo, prima di tornare a concentrarsi sulla strada. Per quel breve istante evitai di voltarmi, guardandomi dall'incrociarlo.

Lasciò trascorrere svariati istanti di silenzio, prima di rispondere, mentre io mi torturavo il dorso delle mani con le dita, osservandole come fossero quanto di più interessante ci fosse in quell'auto.

"Fatto cosa?" disse infine.

Quella sua risposta, pronunciata con una tale naturalezza e calma, fu in grado di spiazzarmi. Dischiusi le labbra come per parlare più di una volta, incapace di formulare una frase di senso compiuto per poter ribattere.

Improvvisamente, lo sentii ridere appena, mentre rivolgeva un altro sguardo nella mia direzione.

Sbuffai, incapace di contenere il mio senso di frustrazione e irritazione. "Lo sai."

Con la coda dell'occhio, lo vidi scrollare le spalle. "Intendi fargli esplodere la macchina?"

Roteai istintivamente gli occhi, evitando di rispondere.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora