- CAPITOLO 3 -

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Sophy non aveva mai sentito quel termine in vita sua, eppure suo padre le aveva sempre parlato della Legge, di come funzionavano i diritti, i doveri e le pene. Era strano che non le avesse mai nominato una cosa che invece, a giudicare dal tono di Nick, sembrava essere di fondamentale importanza.

«Di che cosa si tratta?» chiese al poliziotto.

«È qualcosa di terribile, peggiore di tutto, anche della condanna a morte».

«Perché non ne so niente?» C'erano terrore, perplessità e curiosità nella voce di Sophy.

«Perché nessuno ne dovrebbe sapere nulla, nessuno eccetto i Capi Supremi, ovviamente...»

«E tu allora? Come fai ad esserne a conoscenza?»

«Basta Sophy, siamo arrivati a casa tua: dobbiamo scendere dall'auto e tu non dovrai mai fare parola a nessuno di ciò ti ho detto».

«Pfff!» sbuffò la ragazza in tono di sfida. «Come se mi avessi detto veramente qualcosa!»

Nick la guardò sorridendo vagamente divertito prima di scendere dall'auto ed andare al aprirle la portiera. La prese saldamente per un braccio e si diresse verso il campanello.

Suonò due volte.

Sophy era in piedi davanti alla porta di casa propria; la mano grande e calda di Nick le premeva sul braccio ed il cuore le batteva fortissimo. Il panico cominciò a pervaderla dalla testa ai piedi: i suoi genitori tra poco avrebbero aperto la porta con espressione sgomenta, arrabbiata, delusa. Come poteva giustificarsi? Ai genitori dei suoi amici sarebbe bastato sapere che si era pentita e che avrebbe pagato la multa di tasca propria, ma i suoi, ne era certa, non avrebbero reagito così tranquillamente.

«Rilassati, andrà tutto bene», la voce di Nick la riscosse dai suoi pensieri un secondo prima che la grande ed elegante porta di legno si aprisse.

«Sophy!» la voce di sua madre sembrava scossa, ma il suo sguardo era duro e severo. Sophy però non ebbe dubbi, la freddezza del volto di Felicity non era nulla paragonata a quella che invadeva gli occhi grigi del padre.

Sophy ebbe l'impressione che la mano di Nick la stesse stringendo più forte, come se volesse infonderle un po' di forza.

«Buonasera signori Catting. Agente Scelto Nick Donovan». Mostrò il distintivo e continuò: «Vostra figlia Sophia è stata trovata a girovagare per la città cinque minuti dopo lo scadere del coprifuoco. Ci ha raccontato di non aver calcolato bene i tempi e di essere uscita troppo tardi da casa della sua amica. Il commissario Damian Lace si è occupato personalmente della faccenda ed ha ritenuto sufficiente punire la ragazza con un'ammenda di cento Mitomoney da versare ai Fondi Statali entro lunedì».

«Grazie Agente» disse Felicity con voce gentile.

Nick non si mosse finché Marcus non gli si rivolse: «Agente può andare».

Nick fece il saluto militare, si voltò ed uscì lasciando Sophy immobile sull'uscio di casa sua.

«Sophia Rebecca Catting vai in camera tua senza proferire parola. Domani mattina, alle nove, raggiungerai me e tua madre nel mio studio. Discuteremo dell'accaduto e valuteremo la tua punizione» sentenziò Marcus con la solita serietà.

Sophy annuì e già stava salendo il primo gradino della scala che portava al piano di sopra quando si ricordò che il giorno dopo era sabato.

«Domani è sabato. Alle nove ho lezione di pittura all'Accademia!»

«Lo sappiamo benissimo Sophia».

La voce di sua madre era insopportabilmente dolce e calma. La ragazza capì che non aveva senso replicare. Salì le scale di corsa, spalancò con un calcio la porta della sua camera, si buttò sul letto e cominciò a piangere con la testa sommersa nel cuscino.

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