- CAPITOLO 22 -

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Nick osservò Steven Rice entrare nella stanza di Sophy sorridendole con gentilezza. Sophy lo accolse stringendogli la mano.

«Quanto vorrei poter sentire cosa si dicono!» ringhiò Nick tra i denti rivolgendosi a Nando, che gli si era seduto accanto.

Steven e Sophy chiacchierarono cordialmente, poi il medico prese qualcosa dalla tasca e lo porse alla ragazza.

«Gli Inibitori» sussurrò Nando.

Nick osservò Sophy riempirsi un bicchiere d'acqua e avvicinare le pillole alla bocca.

«Ehi! Hai visto anche tu?»

«Che cosa hai visto Nick?»

«Le pillole! Non le ha prese!»

«Si che le ha prese!»

«Ti dico di no! Le ha ancora in mano. Ha il pugno leggermente chiuso, vedi?»

Nando strinse gli occhi per vedere meglio e fu in quel momento che capì che Nick ci aveva visto giusto. Sophy infatti, avvicinandosi distrattamente al davanzale, con la scusa di aprire la finestra, aveva lasciato cadere qualcosa di molto piccolo.

«Non le ha prese, Nando!» esclamò Nick con gli occhi incendiati dalla gioia. «Lei c'è! Ha capito che la stanno fregando!»

Preso dalla foga abbracciò l'amico che ricambiò la stretta prima di sentirsi in dovere di smorzare, almeno in parte, il suo entusiasmo: «Ora per lei il rischio aumenta. Se si accorgono che è cosciente...»

«Lo so» tagliò corto. «Mi fido delle sue abilità: ce la farà. E comunque io sarei pronto a tutto per intervenire, se serve...»

«Non c'è bisogno di dirmelo, ti conosco amico!» ridacchiò Nando.

***

Sophy si sentiva sempre più lucida e, ora dopo ora, nella sua mente si facevano largo immagini riguardo il passato recente che volevano che dimenticasse. Questi ricordi diventavano sempre meno sbiaditi e lei riusciva facilmente a riconoscerli e concatenarli gli uni con gli altri. Riscoprì per la seconda volta che Marcus e Felicity Catting non erano i suoi veri genitori, ma che l'avevano rapita da Elena e David Harris dopo averli uccisi. Ricordò anche di essere stata nell'archivio sotterraneo, alla Chiesa di Santa Barbara, però, per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare cosa avesse letto su quei fascicoli. C'erano solo dei frammenti vaghi e sconclusionati.

Ma ricostruire la sua memoria recente non era il suo unico obiettivo: ancora più importante era mantenere la sua lucidità segreta. Se il suo padre adottivo e i suoi uomini di fiducia se ne fossero resi conto, per lei sarebbe stata la fine. Per evitare che ciò accadesse fu costretta a fare un sacco di cose che odiava senza battere ciglio, prima tra tutte: passare gran parte del suo tempo con Ivan.

Il ragazzo era molto più gentile e gradevole di come lei, ora, lo ricordava. Eppure non riusciva a farselo piacere: vedeva in lui qualcosa di sbagliato, a pelle sentiva che non c'era da fidarsi della sua nuova eccessiva gentilezza. Fu proprio mentre Sophy si stava chiedendo se Marcus e Carlos volessero ancora che i loro rampolli si unissero in matrimonio che arrivò la risposta.

Ivan quel pomeriggio l'aveva portata a fare un po' di shopping in centro. Sophy, suo malgrado, ammise a se stessa che quelle ore erano state piacevoli. Fu quando erano seduti ad un tavolino della più lussuosa caffetteria della città che tutto precipitò.

Ivan la stava guardando fisso negli occhi da troppo tempo. Aveva stampato in faccia un sorriso innaturale. Quando si mise una mano nella tasca del cappotto nero e ne estrasse una piccola scatolina si velluto rosso, Sophy dovette conficcarsi le unghie smaltate sulla coscia per non strabuzzare gli occhi.

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