- CAPITOLO 32 -

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«Non se ne parla nemmeno!»

Nick non si sentiva per niente a suo agio a contraddire Sophy così malamente, ma non poteva non protestare.

«Cavolo Nick! Perché no?»

«Vi ho già spiegato che è la soluzione migliore per tutti» disse Clotilde introducendosi, per l'ennesima volta, nella conversazione. «Il signor Pumfle potrà essere un ubriacone, ma non è uno sciocco! Si accorgerà presto di voi...»

«Nick, Clotilde ha ragione: non potremmo comunque restare qui per molto!»

«Esatto» continuò la donna. «Abito a soli duecento metri da qui, da sola. Da me nessuno vi troverà. Tu avrai modo di recuperare le forze, poi potrete organizzarvi per il futuro senza che nessuno vi disturbi».

Nick non ne poteva più. Da quando aveva stretto la mano a Clotilde in segno di mutua collaborazione, quest'ultima non aveva più smesso di parlare e di intromettersi. Trasferirsi da lei era un'alternativa molto vantaggiosa, proprio per i motivi che gli aveva appena ripetuto, ma significava decidere di fidarsi ed affidarsi completamente a lei. Gli aveva salvato la vita, di questo ne era pienamente consapevole, eppure non sapeva nulla di quella donna! Cercò di rielaborare mentalmente tutto ciò che sapeva di Elena Harris e della sua storia, ma non riusciva a ricordare nulla di rilevante a proposito della madre. Sembrava avere realmente qualcosa in comune con Sophy, nei lineamenti forse, e a Nick non era sfuggito il bagliore che si intravedeva nei suoi occhi ogni qualvolta rivolgesse lo sguardo sulla ragazza: ci teneva davvero. Allora perché lui non riusciva ad allontanare quel pizzico di sospetto che continuava a solleticarlo?

«Ci puoi lasciare da soli per qualche minuto Clotilde?» chiese Sophy sorridendo alla nonna.

«Certo, bambina mia» rispose la donna prima di allontanarsi.

«Qual è il problema Nick? Per favore, a me puoi dirlo...» gli disse Sophy quando rimasero soli.

«Non lo so...»

«Ma come non lo sai?» chiese Sophy con voce esasperata.

«Non ci possiamo fidare di una sconosciuta».

«Lo capisco Nick, davvero. Anch'io non sapevo come comportarmi quando l'ho incontrata... Ma sapeva quasi tutto di mia mamma, ha riconosciuto il simbolo e...ti ha salvato la vita!»

«Ok, hai ragione. Probabilmente sono io che sono paranoico» confessò Nick. «O forse sono solo un po' geloso».

«Geloso?»

«Beh, sì» iniziò. «Ora sono certo che mi prenderai per pazzo. Magari è stata la febbre a farmi impazzire, ma voglio essere sincero. Fino a poco fa eravamo solo io e te, ora invece c'è anche quella donna che dice di essere la tua famiglia... È un ragionamento stupido, lo so, ma ho paura che la sua presenza ti farà allontanare da me, ho paura di perderti e di tornare ad essere solo».

Non riusciva a credere di averlo detto davvero. Fino a pochi minuti prima non capiva nemmeno lui le vere ragioni per la sua ostilità nei confronti di Clotilde, ora invece era diventato tutto chiaro. Si voltò di lato per allontanare lo sguardo da quello di Sophy. Si vergognava terribilmente, non si era mai sentito così imbarazzato in vita sua. Si era appena mostrato debole, sciocco e soprattutto egoista. Come poteva impedire alla ragazza che amava di stare con un membro della sua famiglia d'origine? Se il dolore al fianco non fosse stato così insistente si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato da lì.

«Non succederà mai» disse Sophy lentamente, la sua voce era seria. «Non voglio, né vorrò mai, allontanarmi da te. Per nessuna ragione al mondo. Non ti libererai di me così facilmente!»

MITOCITY - Il SegretoWhere stories live. Discover now