- CAPITOLO 31 -

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Sophy, così come le aveva assicurato Nick, trovò la farmacia con estrema facilità. Si trattava di un piccolo negozietto con una sola vetrina, sembrava vecchio ma ben curato. Prese un lungo respiro prima di allungare la mano tremante per aprire la porta. Un tintinnante scampanellio annunciò il suo ingresso e Sophy dovette reprimere l'istinto di fuggire. Cosa si sarebbe inventata?

«Buongiorno» esclamò una gentile voce femminile proveniente da quella che doveva essere una stanzetta sul retro.

«B-buongiorno» tentennò Sophy.

«Cosa le serve?» chiese la donna mostrandosi finalmente a Sophy. La ragazza abbassò la testa sperando che il cappuccio della felpa potesse fare ombra sul suo viso, ma la donna continuò a fissarla con gli occhi sbarrati.

«Qualcosa non va?» chiese Sophy non sopportando più quel silenzio.

«N-no... Cioè sì... Va tutto bene, è solo che mi ricordi qualcuno» spiegò la farmacista. Doveva avere una settantina d'anni ma, nonostante i capelli argentei, sembrava molto più giovane. Era di una bellezza sobria ed elegante, ma il suo sguardo celava una profonda tristezza.

«Sono venuta in vacanza qui da qualche giorno e nella casa che ho affittato mi sono resa conto che non c'è nulla nella cassetta del pronto soccorso» disse Sophy tutto d'un fiato, come recitando una poesia a memoria. «Avrei bisogno di tutto il necessario per rifornirla e... »

«Sei uguale a mia figlia» sussurrò la donna ignorando completamente le richieste della ragazza.

Quelle parole colpirono Sophy come un pugno allo stomaco. Guardò la donna senza riuscire a parlare. Che cosa significava? Doveva essersi sbagliata, era ovvio.

«Hai i suoi stessi lineamenti delicati ed anche i suoi stessi capelli scuri e setosi» continuò la donna lasciando Sophy sempre più sgomenta. «Ma lei purtroppo è morta anni fa, senza fare in tempo a dare alla luce suo figlio. Di conseguenza questi sono solo i deliri di una povera vecchia: tu non puoi essere lei, né una sua discendente. Le somigli soltanto. Mi dispiace se ti ho spaventata».

Una vena di tristezza deformò le sue labbra rivolgendole all'ingiù. Sophy fu trafitta da una consapevolezza assurda ed insensata.

«Signora» cominciò piano. «Qual era il nome di sua figlia?»

«Mi chiamo Clotilde Stonestrow, la madre di Elena» rispose lei dopo una lunga pausa. «Elena Prax».

Sophy cercò di mantenere la calma anche se il cuore le stava battendo all'impazzata, dovette appoggiarsi con le mani al bancone della farmacia per non cadere a causa delle gambe diventate molli.

«Quel tatuaggio...» sussurrò la farmacista. «Quel simbolo lo ha disegnato Elena anni fa! Come fai a conoscerlo? Chi sei, ragazza?»

Sophy guardò il braccio sul quale aveva disegnato velocemente il logo del Covo, la manica si era tirata su lasciandolo completamente esposto. Cosa avrebbe dovuto fare? Rischiare di fidarsi di una sconosciuta che millantava di essere sua nonna o allontanarla rischiando di non avere più alcuna occasione di conoscere quello che, molto probabilmente, era l'unico membro della sua famiglia ancora in vita?

«È un rischio per me fidarmi di lei signora, ma sento di poterlo fare...di doverlo fare» cominciò. «Io sono Sophy Catting, figlia adottiva di Felicity e Marcus Catting, ma prima di ciò, sono Marta Harris, figlia di Elena e David Harris».

«Oh mio Dio...» Clotilde sembrava molto vicina ad avere un mancamento. «Allora non mi sono immaginata la tua somiglianza con lei!»

«No» la rassicurò Sophy prendendole le mani tra le sue.

MITOCITY - Il SegretoWhere stories live. Discover now