- CAPITOLO 30 -

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Nick rabbrividì a quelle due piccole ma pesantissime parole. Strinse Sophy più forte e le sussurrò tra i capelli che anche lui la amava tantissimo.

Ormai le difese di entrambi erano irrimediabilmente crollate. Le mani di Sophy si muovevano avide sull'ampia schiena di Nick mentre lui, con gli occhi chiusi, le baciava le labbra ed il collo con dolce passione, gustandosi ogni attimo ed ogni gesto.

Poi, improvvisamente, un suono distante e indecifrabile distrasse Nick.

«Hai sentito anche tu?»

Sophy non sembrò gradire quel brusco ritorno alla realtà.

«No» rispose, «cosa?»

Nick non ebbe il tempo di spiegarsi prima che il rumore si ripetesse. Questa volta, a mente lucida, riuscì ad identificarne la natura: un'automobile si stava avvicinando al fienile.

«Avevi detto che qui nessuno va in giro di notte» commentò Sophy con un tono che era metà tra l'infastidito ed il preoccupato.

«Evidentemente siamo finiti proprio nel fienile di qualche coraggioso che non teme i mostri» rispose Nick con amara ironia.

«È meglio disfare il giaciglio, gli asciugamani potrebbero essere visibili da terra» constatò Sophy.

Nick annuì.

Non si era minimamente aspettato che qualcuno si avvicinasse a quel fienile in piena notte. Si maledisse per non averlo previsto. Doveva essere colpa della ferita. Il dolore era costante e gli impediva di ragionare con lucidità.

«Tranquilla, non ci vedrà» sussurrò a Sophy mentre, insieme, guardavano dalla finestra che si trovava proprio accanto alla loro nicchia improvvisata.

Un vecchio fuoristrada nero accostò su una zona asfaltata tra la casa ed il fienile. Un uomo sulla settantina scese energicamente. Era basso e magro, vestiva dei semplici abiti da contadino, aveva la pelle abbronzata ed una calvizie incipiente.

L'ometto tirò fuori dalle tasche quelle che dovevano essere le chiavi di casa. Infatti subito dopo si diresse verso la bassa villetta dalle pareti azzurrine ed armeggiò per un po' prima di aprire quella che doveva essere la porta principale.

«Possiamo tornare a dormire» commentò Sophy allontanandosi un po' dalla finestra.

«Non ancora, tornerà» disse Nick. Aveva un brutto presentimento: dentro di sé sentiva che quell'ometto abbronzato sarebbe entrato nel fienile. Era il suo istinto a suggerirglielo.

Sophy non gli chiese spiegazioni, si avvicinò nuovamente alla finestra e si accovacciò appoggiando la testa sulla sua spalla. Rimasero in quella posizione per almeno mezz'ora prima di vedere il contadino uscire dalla casetta blu diretto proprio verso di loro. Aveva il passo svelto e deciso.

La porta del fienile cigolò aprendosi. L'ometto entrò ed imprecò a bassa voce. Nick non riuscì a sentire le esatte parole, ma gli sembrò di capire che fosse contrariato dal fatto di aver dimenticato la luce accesa. Ne ebbe la conferma quando, dopo aver trafficato a lungo nei pressi di una spartana scrivania di legno, premette un interruttore accanto alla porta e la luce si spense. Da quando il buio si era impossessato del fienile, tutto era diventato più tetro e spaventoso. Nick trattenne il respiro e Sophy si strinse ancora di più contro il suo corpo. Nel silenzio più assoluto, l'asse del soppalco sul quale si trovava la loro nicchia cigolò pericolosamente e Nick distinse chiaramente il rumore sordo di qualcosa che cadeva.

Il contadino, che stava per uscire dall'edificio, si voltò di scatto e riaccese la luce.

Nick si era sempre ritenuto un ragazzo coraggioso, ma in quel momento, intrappolato a diversi metri da terra e gravemente ferito, si accorse di avere paura. La ferita pulsava e bruciava, Sophy tremava tra le sue braccia e il contadino si muoveva sotto di loro ispezionando ogni angolo.

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