12. Boys, hard lips and broken bones

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Ci saranno due pov diversi in questo capitolo

BLAZE POV

Sono le undici e diciotto minuti. Sto aspettando Amelia e Poppy, intanto provo ad ordinare un cappuccino al bancone dell'Arcade.
Non sopporto stare da solo in mezzo a troppa gente, il respiro accelera involontariamente. L'ansia è sempre dietro l'angolo. Cerco un contatto di sguardi con il barista, ma questo è troppo occupato a servire le ragazze che buttano le loro scollature generose sul bancone, attirando magicamente la sua attenzione.

-Oh scusa non ti avevo visto.-

Una spallata.
Marvin e Jackson.
E la gomitata del biondo dritta nello stomaco.

-Ma che ti prende?-
Chiedo massaggiandomi l'addome, mentre quel bullo del suo amico sogghigna con quegli occhietti da strafatto. Non lo sopporto.

-Io vado ai divanetti.-

Jackson sorride e lo fa in quella maniera che ho ben impressa nella mente, con la bocca che si allarga e le fossette che si scavano profonde nelle sue guance. Poi la sua mano calda sul mio bicipite. -Tu non divertirti troppo Sissy.-

Si lecca labbro, lasciandomi a guardare la sua schiena possente mentre si allontana.

Non starò qui a torturarmi, che stia con chi gli pare.
A me non riguarda più.
Tiro fuori il cellulare che vibra impazzito.
- Blaze?- Sento la voce di Amelia.
- Vi sto aspettando da dieci minuti ma dove siete? Tra mezz'ora devo essere a casa!-
- Mio fratello ha fatto storie, comunque tranquillo.. arriviamo.-
- Non datemi buca.- sputo prima di riagganciare il telefono.

Ora non c'è Tiffany, c'è un'altra ragazza sui divanetti rossi con lui.
Non mi volto a guardarli, ma qualcosa mi dice che dovrei.
E quando Jackson non mi stacca gli occhi di dosso mi sento morire. Perché fa così? Non basterebbe lasciarmi in pace?

La ragazza gli sta sbaciucchiando collo.
Ho bisogno di darmi una sciacquata al volto.

Rinuncio ad ordinare e mi faccio strada per raggiungere il bagno. Anche qui l'arredo è stile anni ottanta e le luci un po' troppo psichedeliche per essere un bagno di un locale.
E poi c'è troppa gente,a fatica raggiungo il lavandino.
"Smettila di darmi il tormento." Non faccio altro che ripetermelo in testa, ma poi non ho mai il coraggio di dirglielo in faccia, quando lo vedo.

- Togliti non vedi che devo passare?-
Un ragazzo alto e tatuato si innervosisce quando per sbaglio gli vado addosso.
- Scusa.-
Mi agito e senza volerlo vado a sbattere con quello che mi stava alle spalle.
-Merda mi hai versato la birra addosso, guarda dove cammini coglione!- sbraita quest'altro.

Non faccio in tempo a rispondere che una voce mi prende alla sprovvista.
- A chi avresti detto coglione?-

Jackson afferra dalla canottiera il ragazzo alle mie spalle per poi dargli uno strattone.

Non so come comportarmi, sento che sta per iniziare una rissa e a me verrà un attacco di panico così forte che dovrò chiudermi dentro al cesso.

Fortuna che però gli animi si placano in fretta.
-Andiamo, non ho voglia di attaccarmi con questi ragazzini- dice il tatuato guardandoci con aria snob.

Resto senza respiro, premuto contro il lavandino. -Mi hai difeso?-

- Non era mia intenzione.- sbuffa Jackson risistemandosi il colletto del giubbotto rosso. Non smette di guardarsi allo specchio, non mi calcola di striscio.

-Però l'hai fatto.-

-Patetico sfigato.- sputa sottovoce.

Mi si rompe il fiato quando lo sento pronunciare quelle parole così crudeli. Ma non sono le parole, è la maniera in cui mi guarda che mi fa rabbrividire. Come se guardasse sè stesso allo specchio e non accettasse l'immagine riflessa.
Lo sguardo del rifiuto.

Love Me, Love MeWhere stories live. Discover now