38. Player put the money on it

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JUNE POV

Gli orecchini di perle della signora Cooper scintillano nella penombra che regna nella sala d'attesa. Lo chignon alto e dorato le incornicia il viso smunto, regalandole un'aria distinta ed elegante, mentre se ne sta in piedi nella sua sagoma snella, vestita tutta di nero.
Sta continuando a parlare al telefono, incurante di me e James, entrambi affossati nelle scomode sedute di quella piccola saletta dell'ospedale. Siamo qui da soli pochi minuti, ma io sto già cominciando ad iper ventilare. Odio gli ospedali.
L'odore di disinfettante misto al cibo da mensa, le facce serie, quei colori spenti e le pareti sbiadite. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo.
Nessuno pare accorgersi del mio malessere, forse perché non sono l'unica a provarlo. James è un fascio di nervi, tiene lo sguardo immobile, fisso nelle sue stesse mani che sfrega nervosamente sui pantaloni della tuta. Ogni tanto mi volto verso l'ingresso dell'ospedale, in attesa di Jackson che dopo avermi scaricata qui, si è messo a cercare parcheggio.

«Ehi...» provo a richiamare James, lui però non si smuove. I denti stretti e la mandibola serrata mi fanno presagire che sia ancora teso.

Poco fa era così scosso che non riusciva neanche a vestirsi, ho dovuto dargli una mano a mettersi la felpa, prima di uscire da casa di Connell.

Quando siamo corsi in giardino, alcune ragazze non facevano che ripetere l'accaduto.

«Camminava sul bordo ed è caduto.»

«Sicuri che non si è buttato?» ho udito chiedere ad altri.

«No. Si è sentito male ed è cascato in piscina.» hanno detto i testimoni dell'avvenimento. Immancabili però sono state le malelingue che continuavano a bisbigliare "Secondo me si è buttato di proposito."

Il ragazzo di Stacy ha raccontato di come ha estratto William dalla piscina, prima che questo annegasse.

E poi è stato tutto così confuso... ero così paralizzata e tremante da credere di vivere un incubo. Solo ora che siamo qui all'ospedale, mi accorgo di come tutto ciò sia tutto fottutamente reale.

Abbiamo seguito l'ambulanza con la macchina e quando la madre di William ci ha visti arrivare, le si è disegnato il disprezzo sul viso.

«Come sta?» le abbiamo chiesto appena giunti.

«Non so ancora niente. So solo che è fuori pericolo. Che ci fate qui?»

«Che cos'ha avuto?»

«Intossicazione da litio. Tutto l'alcol che aveva in corpo gli ha procurato una disidratazione importante e questo ha causato l'aumento del litio nel sangue.»

La donna è stata fredda e meticolosa nel raccontare l'accaduto, non sembrava una madre in pena per il figlio.
Continuo a vederla andare avanti e indietro per il corridoio buio, con quel cellulare sempre in mano.

«Sei la figlia di April?» domanda ad un certo punto, corrucciandosi.

«Sì.»

«Ah.»

Poi torna alla sua chiamata.
Mi alzo in piedi, non reggo più questa tensione. Il non sapere come sta William, il non poter fare niente per aiutarlo. Mi avvicino alla donna che continua imperterrita a parlare al telefono.

«Lo so, lo so. Dovevo partire questa notte. Ho avuto un contrattempo. Sì.»

Sembra stia discutendo di lavoro, ma a me poco importa.

«Scusi, ma lei deve partire di nuovo?» domando causandole un cipiglio.

James si volta per fulminarmi con lo sguardo.

Love Me, Love MeWhere stories live. Discover now