54. We could meddle about

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JAMES


Giorno 0

Ho un nuovo colore preferito, il bianco.

Il nero invece, l'ho sempre odiato.
E lo odio anche adesso, che sono grande e grosso e non dovrei avere paura del buio.
Non più.
Ma il cervello mi gioca brutti scherzi e ora che i miei occhi stanchi vedono nero da ore interminabili, ne ho la riprova: lo detesto quel fottuto colore.

Vorrei poter spalancare le palpebre, ma sono pesanti, due macigni di piombo impossibili da spostare. Mi piacerebbe svegliarmi da questo sonno indotto, difatti ci sto provando, sto lottando con tutte le forze che possiedo, eppure non mi muovo. Le mie ciglia rimangono sigillate, impigliate in quella trappola da cui è impossibile fuggire. Mi ha preso alla sprovvista, è bastato un fazzoletto a coprirmi il volto... E io sono cascato in un limbo oscuro.

Eppure, venir imprigionato in uno stato di attesa e perdere la cognizione del tempo, risulta una sofferenza sopportabile per me. Forse perché ci sono abituato.
Forse perché questo mi riporta con la mente agli attimi in cui stavo immobile, imprigionato in una bolla, ad aspettare che lei tornasse a casa. Col respiro frammezzato e il cuore fermo nel petto. La luce spenta, perché se lei non tornava da sola, io non volevo scoprire con chi fosse. Non volevo vedere. Non volevo sentire.

"Perché certe mamme uccidono i propri cuccioli?"

Andavo alle elementari ed ero a cena da Brian, seduto alla sua tavola da pranzo, quando feci quella domanda, indirizzata a sua madre.
Ricordo il suo sguardo, di pena, di affetto, di commozione. Lo stesso sguardo che si rivolge alle creature troppo deboli, quelle che non hanno alcuna possibilità nella vita, se non di soccombere.

«L'abbiamo studiato a scuola. Ecco perché te lo sta chiedendo.»

Brian venne in mio soccorso, poi mi lanciò un'occhiataccia serrata.
La verità era che non l'avevo studiato a scuola, l'avevo cercato nell'enciclopedia online dedicata alla sezione dei comportamenti appartenenti al mondo animale. E il perché non era difficile da intuire. Volevo capire. Volevo sapere perché le persone che ci avevano messo al mondo, si atteggiavano in quei modi così bizzarri.

Perché la mamma di Brian presenziava ogni giorno in tribunale per difendere i più deboli e poi lasciava soli i suoi figli, per giorni, con un padre che li disprezzava?

A tavola c'era anche lui con noi, ma a lui sembrava interessare solo il "Che voto hai preso oggi?" e mai il "Come stai oggi?".

E Amelia era sempre all'altezza delle sue aspettative, Brian un po' meno. E io? Io ero solo il figlio della tossica che si scopava quando gli andava, lo odiavo per questo.
Lo odiavo quanto il nero che mi risucchiava quando tornavo a casa e rimanevo solo al buio.

Provo a curvare il collo per cacciare via quelle sensazioni passate, quei ricordi che mi si incuneano dentro la pelle, a creare nuove ferite, ogni volta che torno lì con la mente.
E sto ancora affogando in quello stato di confusione, ma ecco che all'improvviso avverto delle voci familiari.

Il mio respiro, ridotto a un rantolo,  accelera d'improvviso quando, al risveglio da quel momento d'incoscienza durato un giorno intero, June è sopra di me. Prima ancora che io possa aprire gli occhi, una piacevole sensazione di calore carezza il mio basso ventre.
Lei è sopra di me.
Non lo sto sognando.
Non è finzione.

Finalmente riesco schiudere le palpebre, concedendo all'azzurro delle sue iridi d'invadere il mio cervello annebbiato. Affogo nei suoi occhi ed è una piacevole tortura. Mi sembra di non vederla da un'eternità.

Love Me, Love MeOnde as histórias ganham vida. Descobre agora