4. Race of regrets (2)

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Arco I: Evolution

Capitolo 4: Race of regrets (2)

Capitava raramente che Lacey si addormentasse prima delle sei, dopotutto i suoi orari erano quelli di un gestore di un club notturno, ma con tutte le cose che aveva avuto per la testa nei giorni precedenti non c'era da sorprendersi se le era bastato accomodarsi sul divano per cadere in uno stato di dormiveglia.

A svegliarla fu il suono della chiave che girava nella toppa, nessun dubbio sul fatto che si trattava di Replica, ma la bionda si svegliò di soprassalto comunque, la mano destra arpionò il bracciolo del sofà rosso.

Replica entrò in casa senza fare altro rumore, persino quello dei suoi passi era leggero e poco udibile, forse perché coperto dal rimbombare della musica al piano di sotto. Ironicamente, era ormai tanto abituata a quel fracasso da non farci più caso, mentre la semplice apertura di una porta la disturbava.

«Bentornata!» esclamò con voce impastata dal sonno, per poi sbadigliare e stirare braccia e gambe.

L'altra donna si limitò ad accennare un saluto col capo; era rimasta in piedi nello spazio tra la l'entrata e il tavolo, evidentemente indecisa se togliersi il lungo cappotto che l'avvolgeva dal collo ai piedi.

«Mettiti pure a tuo agio, Replica.» Lacey si lasciò sprofondare di nuovo nei comodi cuscini, sorridendo.

Quel permesso dovette sembrare alla body-guard una doccia fresca in pieno deserto, dopotutto andare in giro in pieno luglio conciata in quel modo non solo era fastidioso perché attirava sguardi curiosi e intimoriti, ma anche per una normale questione fisiologica: il caldo era quasi asfissiante.

Raggiunse la sedia più vicina con appena due falcate, si tolse gli occhiali oscurati, che appoggiò sul tavolo. Lanciò una rapida occhiata alla padrona di casa, che aspettava rapporto, perciò si sbrigò a togliersi la calda casacca di dosso e la abbandonò sulla sedia.

Lacey evitò di storcere in naso per non mancare di rispetto all'altra donna, ma la vista del suo corpo era qualcosa che l'aveva sempre messa a disagio, sin dalla prima volta.

Lo ricordava ancora abbastanza bene, benché la memoria non fosse il suo forte...

- Dodici anni prima -

«Lacey, questa donna si chiama Replica. D'ora in poi sarà la tua guardia del corpo.»

Lacey abbassò gli occhi sulle proprie nocche, che stringevano vigorosamente il bordo in pizzo della gonna dai motivi floreali, indossata solo su richiesta del padre, Immanuel Smith.

La donna bardata di nero che aveva davanti non le piaceva affatto, era palese.

Il grande salone di casa Smith fu presto avvolto in un lungo e pesante silenzio, non rispettato solo dal battere ritmico dell'orologio a pendolo, appeso a una delle pareti scarlatte, e da Ruru, il piccolo pappagallo verde e blu che svolazzava senza grazia dentro la sua grande e bianca gabbia.

La donna chiamata Replica, a cui Lacey non avrebbe mai saputo dare un'età, era compostamente seduta sul divano opposto a quello dove sedevano padre e figlia; chinò il capo rispettosamente e sibilò «È un onore conoscerla, Madre

Persino la sua voce aveva un'intonazione estremamente sgradevole, sembrava un gesso che viene strofinato contro la lavagna, la ragazzina curvò le spalle e sollevò coraggiosamente gli occhi sull'altra, su quel corpo così spaventoso che non riusciva neanche a descrivere. Non aveva mai visto niente del genere in vita sua, e si augurava di non vederlo neanche in futuro.

Twisted MindWhere stories live. Discover now