Epilogo: Dawn of a new world (3)

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Epilogo: Dawn of a new world (3)

Sul cellulare di Neville giunse, pochi minuti dopo, un SMS:

"Vi aspetto sul tetto del grattacielo. Ah, e portatemi il cappotto, per favore. Quello rosso.

- Vince"

Quando la porta di ferro si aprì, lamentando la ruggine e la vecchiaia, Neville sgranò gli occhi alla vista del panorama; Vincent gli aveva parlato molte volte della splendida vista che si godeva da lì, tanto che aveva provato ad immaginarla in mille modi diversi. Nessuno di questi era tuttavia neanche vicino a tanta magnificenza.

L'aria era fredda, umida di pioggia, qualche goccia ritardataria cadeva ancora, nonostante il cielo si fosse decisamente rasserenato rispetto a poco prima ed ora fosse possibile intravedere le stelle e una pallida mezzaluna.

Al di là del pianerottolo, che non era delimitato da alcun parapetto, si gettava in caduta libera lo strapiombo di centoventi metri che li separava dalla strada. Vincent una volta aveva confidato all'amico di aver giocato a fare l'equilibrista su quel sottile confine tra la vita e la morte.

In sfondo, Phoenix era un elegante acquerello di luci fittissime e brillanti più delle stelle stesse. Un dedalo di strade, di viali alberati, di vicoli stretti e pericolosi, provato dalla guerriglia urbana che ne aveva sfigurato la bellezza, lasciando alcune zone prive d'illuminazione e isolate, abbandonate. Se si spostava lo sguardo verso Tempe e ci si concentrava, si potevano scorgere i resti deturpati del Naughty Sunday. La città e i suoi abitanti erano usciti distrutti allo stesso modo dalla guerra contro la LIFE.

Vincent era in piedi in mezzo alla pioggia, con le mani in tasca e lo sguardo rivolto al panorama, non lontano dall'abisso.

Si voltò a guardarli e Marika si fece avanti per raggiungerlo, impensierita dalle pozzanghere per terra, che avrebbero potuto far scivolare qualcuno. Si strinse nel cappotto bianco che la copriva fino alle ginocchia, i lunghissimi capelli bruni venivano sollevati dal vento.

Per ultimo, anche Neville si mosse, affondando il viso nella sciarpa verde; aveva in mano il cappotto rosso che Vincent voleva, glielo porse con un sorriso quando lo raggiunse.

«Questo posto è davvero bello come lo hai descritto, anzi di più!» commentò, volendogli sollevare il morale.

Il bruno ricambiò il sorriso e ringraziò per il favore, indossando finalmente sopra il maglione nero il suo carissimo cappotto, che gli portò un tepore ristoratore.

«Sei appena stato ammesso al rifugio segreto di Vincent Black, siine felice.» rise debolmente la ragazza, dando al suo nuovo amico un'amichevole pacca sulla spalla.

Dopo averli lasciati rilassarsi, incuranti della pioggia che accarezzava la loro pelle, Vincent prese parola «Ho la risposta alla domanda di poco fa di Neville.»

La sua espressione però non lasciava presagire niente di brutto. Era stranamente sereno, seppur serio, come se avesse finalmente trovato quella che era davvero la soluzione all'inghippo. L'illuminazione. La risposta al loro lungo viaggio.

«Mio fratello, Shaun e Alicia sono morti per proteggere me. È ora che sia io a proteggere seriamente qualcuno: voi due... e Fanny. Ma per farlo... ho bisogno del potere necessario.»

Dalla tasca dei pantaloni estrasse allora qualcosa che fece quasi sobbalzare Marika e Neville: una siringa vuota. Usata.

Quasi temendo la risposta, Neville domandò «Cos'è?»

«Il sangue di Edmund Schmitz, il nonno di Lacey. Il primo Genitore.» lo sguardo di Vincent, un po' provato e pallido, scivolava dall'uno all'altra «L'ho rubato dal laboratorio, tutti ne sono all'oscuro. Tranne voi, ovviamente.»

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