10. It runs in the blood (3)

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Arco I: Evolution

Capitolo 10: It runs in the blood (3)

Vincent credé di veder realizzarsi il suo incubo peggiore quando si rese conto che lo stavano portando nella cella frigorifera; i suoi piedi si piantarono per terra e il viso si fece ancor più pallido di prima, tanto che Replica lo strattonò per farlo camminare di nuovo.

«Sai cosa c'è lì dentro?» chiese Lacey, incuriosita dalla sua reazione.

«Il... frigorifero. Una volta Linus mi ha chiesto di prendergli delle cose da là...» biascicò il bruno, la prima scusa credibile che gli era venuta in mente; doveva fare di tutto per non far capire che aveva visto i cadaveri, o invece di dargli una possibilità gli avrebbero dato un proiettile in mezzo agli occhi.

Ridendo, la Madre aggiunse «Fa parecchio freddo lì.»

«... È un frigorifero.» Vincent faticava davvero a mantenere il suo self control ed apparire sbruffone come sempre, sperava che non fosse palese.

Si fermarono davanti alla grande porta quadrata e Lacey la aprì abbassando la maniglia; l'avevano lasciata aperta per errore o di proposito? Vincent immaginò che fosse appositamente per lui e la testa gli girò.

Entrarono tutti e tre, la bionda in testa, dietro il ragazzo, ancora con le mani bloccate dietro la schiena, e Replica, che chiudeva la fila avanzando silenziosa; quando la porta venne chiusa alle loro spalle, venne finalmente lasciato libero di muoversi.

L'oscurità calò fitta, ma fu presto fenduta da una torcia che illuminò prima uno dei lati della stanza, dove si trovava uno scaffale ricco di bottiglie dai colori più stravaganti, poi le due persone rimaste indietro; era Lacey a tenerla in mano, e fece cenno a Vincent di seguirla nella parte più remota del locale.

Nell'etere danzavano cristalli di pulviscolo gelido.

Passo dopo passo i movimenti di lui si facevano sempre più rigidi, più nervosi, la paura gli ghiacciava le ossa e il petto, gli strillava selvaggiamente di cercare una via d'uscita prima che Lacey aprisse il passaggio segreto e ce lo buttasse dentro a tradimento.

Come previsto, si fermarono proprio davanti alla porta scorrevole, perfettamente invisibile come la volta prima; fingendo confusione, Vincent si guardò intorno, a destra e poi a sinistra, prima di riportare la sua attenzione su Lacey.

«Che facciamo qui?» domandò, il suo alito divenne una nuvoletta di vapore.

Sul volto dell'altra apparve un sorriso, mascherato dalle tenebre «Verifichiamo se possiamo fidarci di te.» quindi allungò una mano verso il punto che Vincent ricordava alla perfezione.

Contrariamente ad ogni previsione però ad attenderlo non c'era un accogliente e vuoto varco verso la morte, ma...

«... Marylin?!» esclamò a voce strozzata, facendo un passo indietro alla vista della povera ragazza ritenuta scomparsa.

Marylin aveva polsi e gambe legate, una benda sulla bocca e l'aspetto di una persona che non dorme, mangia o semplicemente si rilassa da giorni: pallida, con le guance scavate e gli occhi sbarrati e rossi, cerchiati di occhiaie, gli abiti sporchi e strappati; sembrava aver subito diverse percorse, il suo povero corpo era martoriato di lividi, tagli, molti dei quali ricoperti di uno strato sottile di ghiaccio trasparente.

Quando riuscì ad abituarsi alla luce e notò la presenza di Vincent lanciò un'esclamazione e provò a dire qualcosa, ma più si sforzava più sprecava inutilmente le forze: solo versi gutturali e incomprensibili le uscivano ormai dalla gola, per di più smorzati dalla benda.

Twisted MindWhere stories live. Discover now