16. The beast within (4)

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Arco II: rEvolution

Capitolo 16: The beast within (4)

«Io ti credo.»

Aveva fatto un passo nel vuoto decidendo di fidarsi di lui, ciò lasciò senza parole tutti, soprattutto Vincent stesso. Si conoscevano da poco, lui e Alicia, si erano incontrati poche ma intensissime volte, eppure quella donna così ermetica e segnata dal dolore, chiusa nella sua gabbia di ricordi e di sporadiche parole era stata chiara e sintetica nel suo giudizio, forse perché aveva riscontrato i sintomi di cui l'e-mail parlava, o magari perché sentiva di potersi fidare di lui nonostante tutto.

«Grazie...» fu l'unica parola che il ragazzo riuscì a rivolgerle in cambio, senza ricevere alcun sorriso o rassicurazione. Tuttavia non ne aveva davvero bisogno: il solo fatto che Alicia era disposta a dargli fiducia era tantissimo.

Shaun si andò a sfiorare la nuca con la mano destra, abbassando la testa con un mugugno d'incertezza, prima di reclamare la sua parte di attenzione «Ammetto che, per quanto sia assurdo, soprattutto sulla parte dei nazisti, mi aiuta a capire alcune cose che non tornavano neanche a me...»

«E sul perché la città sia divenuta un covo di maniaci, sul perché della quarantena e l'impossibilità del governo di parlare del virus: se il contagio avviene per via ematica e venerea, è facile rimanerne contagiati. Persino una trasfusione o un prelievo potrebbe essere fatale.» concluse Marika, che fino a quel momento si era estraniata per tirare le sue conclusioni, che espose rapidamente «Vuoi sapere se ti crediamo, giusto? Mi dispiace Vincent, ma ora come ora non posso risponderti. Ho bisogno di... metabolizzare.»

Jonathan annuì «Lo stesso vale per me.»

Naturalmente non poteva andare tutto per il verso giusto, ed ecco che si era venuta a creare quella crepa: tre contro tre. Da un lato Alicia e Giles avevano dimostrato un atteggiamento positivo, e anche Fanny seppure più timidamente; dall'altro lato Marika e Jonathan, le persone che più avrebbe voluto dalla sua parte, erano riluttanti a fidarsi, benché per diverse ragioni, mentre Shaun vagava nella nebbia dell'indecisione.

«Lo capisco. Sarebbe stato più facile credermi se vi avessi detto di aver avvistato un UFO.» voleva alleggerire l'atmosfera, che minacciava di farsi nuovamente calda come poco prima, perciò lanciò un'occhiata all'orologio: era passata solo un'ora, ma a lui sembrava di aver urlato e parlato tutta la notte «Prendetevi il tempo che vi serve.»

«Ho una domanda.» parlò Shaun «Perché ce l'hai detto? Che cosa vuoi fare?»

La stessa domanda avrebbe voluto porgergliela la maggior parte di loro, poiché Vincent non era una persona altruista, che metteva in pericolo la propria vita senza motivo: doveva avere un obiettivo da raggiungere, un motivo per cui combattere.

E Vincent lo aveva, glielo si lesse negli occhi fieri.

«Non vorrai opporti a queste persone?» sgomenta, Fanny si fece avanti, appoggiando sopra il tavolo i documenti, accanto alla propria tazza ancora mezza piena di cioccolata.

«Qualcuno deve fare qualcosa. Delle persone sono morte.» tagliò corto lui, scuotendo il capo «C'è anche dell'altro, riguarda l'FBI. Ma prima di coinvolgervi fino a questo punto, vorrei essere sicuro che siate con me.»

Le sue parole contribuirono ad appesantire ancora di più l'aria e l'atmosfera collettiva, che gravava anche su chi, come Marika, preferiva non immischiarsi ulteriormente nella discussione. C'era dell'altro, e stavolta riguardava la polizia.

Jonathan tornò a massaggiarsi le tempie: odiava avere un buon sesto senso.

Dopo un silenzio freddo e lunghissimo, Shaun fece schioccare la lingua – era una sua abitudine sin da bambino, un gesto involontario che faceva quando tergiversava – e si rivolse ad Alicia e Vincent «Non so voi, ma a me non piace pensare che da un momento all'altro questa... cosa potrebbe farmi diventare un maniaco. E non mi piace neanche essere chiuso in gabbia. Se questo virus H esiste e ne sono infetto, voglio la cura.»

Twisted MindWhere stories live. Discover now