5. Abyss of lights and stars (2)

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Arco I: Evolution

Capitolo 5: Abyss of lights and stars (2)

- 20 novembre precedente -

Jonathan stava distrattamente sparecchiando la tavola apparecchiata per uno, con la testa al notiziario, al quale rimbombava sempre la stessa, ormai onnipresente, notizia: l'aumento degli stupri a Phoenix. Sembrava stesse divenendo una faccenda più seria del previsto, ma cercava di non farvi caso, di ignorare i fatti di cronaca che immancabilmente ogni giorno si trovava davanti, lavorando in una redazione.

Fu nel momento in cui premette il tasto off del telecomando e la televisione divenne muta, che il suo cellulare, appoggiato sul tavolo, vibrò vigorosamente e attirò quasi subito la sua attenzione.

"Chi accidenti è a quest'ora?" sospirò, dando istintivamente un'occhiata veloce all'orologio appeso al muro, che segnava quasi le ventitré.

Attraversò la stanza e lo prese in mano; sul display era visualizzato un avviso di chiamata in arrivo da parte di Lacey Smith.

Si affrettò a rispondere, con un brutto presentimento «Lacey?»

«Jonathan!» all'altro capo, Lacey quasi urlò, la sua voce era incrinata e sembrava addirittura in procinto di piangere «Devi venire subito al Naughty Sunday!»

Quelle poche parole bastarono ad agitare il giovane, che subito si affrettò a cercare le chiavi della macchina lasciate da qualche parte in cucina.

«Che succede? Stai bene?» domandò concitatamente.

«S-sì, ora sto bene, ma c'è mancato poco...» nonostante le rassicurazioni, la voce tremante di Lacey sembrava suggerire l'esatto opposto.

«Cos'è successo?» la spronò ancora di più lui, mentre notava finalmente le chiavi, lasciate accanto al forno a microonde. Accelerò il passo, quasi correndo attraverso la stanza.

«Jonathan, stai calmo, adesso è tutto sotto controllo.»

Che senso aveva una frase simile? Sembrava quasi che i ruoli si fossero invertiti e fosse lui quello da calmare; si precipitò nella stanza adiacente, che attraversò in poche falcate senza curarsi neanche di spegnere le luci. Aprì la porta di casa e uscì.

«Però...» continuò al telefono lei, adesso sussurrando cautamente «Devi venire qui in fretta. Vincent ha... cercato di farmi del male.»

Quella fu una delle poche occasioni in cui Jonathan sentì veramente il mondo smettere di girare per qualche secondo.

Vincent non era mai stato un ragazzo violento, anzi da bambino era stato vittima di atti di bullismo da parte di alcuni compagni di classe, ai quali non aveva mai imparato a rispondere fisicamente; le sue uniche armi erano sempre state la lingua affilata e il sarcasmo sottile. Non aveva mai alzato un dito per far del male a un animale, evitava persino di uccidere gli insetti se non gli davano fastidio: era, insomma, assolutamente improbabile che si rivelasse violento verso una donna.

D'accordo, la donna in questione era Lacey Smith, Jonathan sapeva bene quanto Vincent la detestasse, glielo si leggeva chiaramente negli occhi serpentini, ma ciò non cambiava il fatto che suo fratello non era una persona violenta! Doveva essere accaduto qualcosa di grosso se era ricorso alle mani, in un luogo pubblico per di più, davanti agli occhi di chissà quante persone - Vincent era degno figlio di loro padre, non avrebbe mai fatto pubblicamente qualcosa in grado di metterlo in cattiva luce.

La strada che separava casa Black dal Naughty Sunday non era lunga, ma Jonathan la percorse con una fretta del diavolo, a volte ignorando uno stop o un semaforo e venendo coperto di insulti, che gli entravano da un orecchio ed uscivano dall'altro.

Twisted MindWhere stories live. Discover now