21. Note A (2)

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Arco II: rEvolution

Capitolo 21: Note A (2)

In pochi avevano la fortuna di nascere in una famiglia ricca, negli Stati Uniti. Alicia Reed non era tra questi fortunati.

Il piccolo prefabbricato in periferia di Phoenix, là dove in estate ti potevi affacciare da una finestra ed ammirare il deserto, le era sempre stato stretto; passava le sue giornate a immaginare assieme a Logan, suo fratello maggiore, gli anni a venire, in cui entrambi se ne sarebbero finalmente andati da quella catapecchia e avrebbero trovato una sistemazione più comoda a Tempe o magari a Scottsdale.

Loro madre Amanda li redarguiva sempre a quel punto, ammonendoli che non avrebbero avuto alcun futuro nella grande città del sole se non si fossero seriamente messi a studiare con impegno. Alicia e Logan brontolavano, ma infine tornavano sui libri di testo, senza però mai dare voce a quella verità che tutti e tre conoscevano e tacevano come un tabù: quei discorsi facevano male alla loro mamma, sia per un naturale attaccamento ai figli, sia per paura di rimanere da sola.

Da sola con lui.

Alicia non aveva mai smesso di chiamarlo papà, nonostante di padre avesse davvero poco, mentre Logan, da sempre un ragazzo senza peli sulla lingua e fin troppo schietto, era passato al meno confidenziale Ryan da quando egli, perduto il lavoro presso un'agenzia, si era ridotto a fare il cassiere in un supermarket e aveva ricominciato a bere.

Ryan Reed era caduto nella trappola dell'alcool poco dopo la maggiore età, a causa di alcune amicizie che lo avevano spinto sulla cattiva strada; con molti sforzi, e grazie soprattutto all'aiuto di Amanda, era riuscito ad uscirne quando prima della nascita di Logan, ma otto anni dopo, quando i debiti gli erano piombati sulle spalle e "la persona con gli occhiali", come la chiamava l'allora piccola Alicia, aveva minacciato di mettere un'ipoteca sulla casa – che cos'era un'ipoteca? -, ci era ricaduto, stavolta affondandoci definitivamente.

La bambina si era abituata all'idea di avere un papà che puzzava di alcool ogni sera, mentre Logan storceva il naso e gli urlava addosso in praticamente qualsiasi momento, a modo suo cercando di spronarlo. Ma Ryan era ormai piombato in un mondo buio, in cui il suo unico scopo lavorare e mantenete la famiglia. A volte sembrava un automa.

Ogni domenica l'atmosfera era pesante e silenziosa: Amanda passava la giornata da sola con la scusa delle pulizie settimanali, Logan e Alicia impiegavano il tempo come ogni altro bambino al mondo, tra libri e giocattoli, mentre Ryan, seduto sulla sua vecchia poltrona rattoppata in vari punti, cambiava pigramente di tanto in tanto canale, senza mai seguire davvero i programmi. E beveva, ovviamente.

La situazione andò avanti per due anni, finché una sera, Logan aveva undici anni e Alicia sei, un forte rumore al primo pieno fece sobbalzare entrambi per la sorpresa. La bambola di porcellana che la più piccola aveva in mano cadde e si schiantò contro il pavimento. La fragile mano andò in mille pezzi.

Al piano di sotto, invece, qualcuno stava urlando disperatamente: sarebbe andata anche lei in mille pezzi?

«Tu resta qui e non muoverti per nessuno motivo, chiaro?» negli occhi azzurri di Logan – molto più azzurri dei suoi -, Alicia notò una consapevolezza che lei non aveva.

Il fratellone aveva capito perché la mamma urlava, lei annuì e rimasta sola si chiese perché era l'unica così stupida da non capirlo.

Alla grida si aggiunsero quelle di Logan, infuriato come mai lo aveva sentito, poi lo schiantarsi di oggetti che sembravano fatti di vetro – Alicia sperò che nessuno avrebbe usato la sua tazza preferita, quella blu con le farfalle, come arma da lancio – e terrorizzata si nascose dentro l'armadio, tra i vestiti più lunghi.

Twisted MindWhere stories live. Discover now