26. The night is about to end (4)

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Arco III: Redemption

Capitolo 26: The night is about to end (4)

Per uscire da quell'inferno, Giles aveva dovuto correre con le sue gambe di topo di biblioteca come non aveva mai fatto.

Sulle spalle, il corpo di Shaun pesava di minuto in minuto di più, ma era riuscito con un grande sforzo di volontà – perché sapeva che non glielo avrebbero mai perdonato se avesse abbandonato anche lui – a raggiungere il sotterraneo del Naughty Sunday, dove aveva trovato in un bagno di sangue il corpo crivellato di Replica e quello in uno stato più dignitoso di Alicia Reed. Con un enorme sospiro rassegnato, si era fatto carico anche di Alicia.

Come immaginava, il locale era praticamente vuoto: persino il personale si era dileguato. Forse perché erano tutti sotto effetto del potere della Madre, forse perché l'FBI aveva evacuato la zona. Fatto sta che, quando mise piede fuori dalle porte d'ingresso, quel che si trovò davanti lo lasciò a bocca aperta: la città era nel caos.

Nel buio della notte, la puzza di bruciato era pungente e penetrante. Si alzava da auto incendiate e abbandonate in mezzo alla strada, le fiamme erano alte, ma i pompieri combattevano duramente per spegnerle.

Le persone scorrazzavano senza logica, a volte addirittura scontrandosi come biglie, mentre la polizia, armata di randelli e pistole, cercava di evitare il peggio. Si susseguivano macchine in corsa sfrenata e gazzelle a sirene spianate, mentre in cielo volavano nelle vicinanze due elicotteri.

Nell'aria vibrava senza sosta lo stesso ritornello: "mantenete la calma, tutti i soggetti reputati pericolosi saranno arrestati".

Un colpo di fucile irruppe, seguito da urla; Giles vide un infetto dallo sguardo assente attraversare la strada imbracciando l'arma, inseguendo delle ragazze sane che cercavano riparo dietro i cassonetti dell'immondizia. Un camion passò a tutta velocità, mettendo giù l'uomo prima che i pompieri o la polizia avesse il tempo di reagire.

Era una scena da film apocalittico: quello era il potere di un Genitore?

"Dio santo... che cosa posso fare?"

Era esterrefatto, tanto da perdere per un attimo la sua abituale sicurezza. Per prima cosa doveva trovare un rifugio il più sicuro possibile; tornare dentro il Naughty Sunday era assolutamente fuori discussione, quel posto sarebbe presto saltato in aria. Doveva contattare Violet Alraven e organizzare il salvataggio di Vincent il prima possibile.

Optò per un'autoambulanza a una decina di metri, presso cui venne immediatamente soccorso da infermieri con camici sporchi di sangue, che presero in custodia Shaun e Alicia. Lì, ormai a corto di fiato, spiegò che aveva bisogno di mettersi in contatto con l'FBI, che qualcuno facesse da mediatore il più in fretta possibile: non c'era da perdere neanche un minuto. Avrebbe avvertito di Vincent nelle profondità della terra, anche se questo avrebbe significato svelare il segreto che dovevano mantenere.

Fu mentre si puliva un mix di sangue e sudore dal volto che dei passi concitati lo raggiunsero, assieme a una voce che riconobbe presto «Giles!»

Si voltò, notando avanzare tra le macchine Marika Starson, accompagnata da un ragazzo moro più o meno della sua età. Per fortuna i corpi di Shaun e Alicia erano già stati coperti con dei teli bianchi, pensò.

«Cosa è successo? Sei ferito?» l'apprensiva ragazza gli fu presto accanto, anch'ella col fiatone di chi ha corso per un lungo tratto di strada, mentre di fianco a lei il ragazzo sconosciuto respirava affannosamente, le mani appoggiate sulle ginocchia.

Giles la scacciò con un gesto infastidito della mano, ne aveva abbastanza di gente troppo vicina per quella sera «Sto bene, sto bene, ma le cose non sono andate come previsto.» e prima che la ragazza potesse sommergerlo di domande, tagliò corto «Sta per esplodere una bomba e Vincent è ancora là sotto.»

A quel punto il ragazzo, rimasto fino ad allora in silenzio, si rimise dritto, aveva il volto bianco di paura e gli occhi azzurri sgranati «Quanto tempo rimane?»

Giles controllò l'orologio da polso, aggrottando la fronte «Sette minuti.»

Sette minuti all'esplosione. Marika si coprì la bocca con le mani, inorridita. Sembrava sul punto di crollare e mettersi a urlare, ma fu preceduta da Neville, che chiese con voce tremante «Come lo raggiungo?»

***

Nelle profondità della terra, il tempo scorreva in modo diverso. Un secondo si protraeva per altri tre, i minuti erano scanditi solo dal rumore dei passi dell'unica persona rimasta, che sembrava più trascinarsi che avanzare.

Vincent non aveva voglia di tornare in superficie, di salvarsi, di tornare in una casa vuota. Non desiderava più fare a pugni con una vita tormentata; che cosa aveva guadagnato di positivo in diciannove anni? Se anche qualcosa ci fosse stato, non sarebbe di certo riuscito a vederlo ora, mentre brancolava nelle tenebre.

La sua mente era completamente occupata da ricordi di Jonathan e Thomas; non si era mai reso conto di quanto la famiglia fosse importante per lui. La cosa più preziosa che aveva erano suo fratello e suo padre, quelli addosso a cui aveva sempre scaricato i suoi errori: egoisti, quante volte li aveva accusati di esserlo? Adesso avrebbe dato qualsiasi cosa pur di averli con sé.

Non era nemmeno riuscito a ricambiare il ti voglio bene di Jonathan. Un altro rimpianto che si sarebbe portato nella tomba.

Basta così.

Le sue gambe si fermarono, leggermente divaricate e rigide come due stecche di legno.

Non era andato a trovare Thomas prima di imbarcarsi in quella missione. Non aveva sentito un'ultima volta Liza. Non avrebbe onorato i sacrifici di Shaun e Alicia.

Si augurò che almeno Giles fosse riuscito a salvarne i corpi.

Si lasciò scivolare lentamente contro il muro con la schiena, finché coi palmi non tastò il pavimento, poi si raggomitolò in posizione fetale, constatando che il cappotto rosso, oltre ad essere sporco di sangue, conservava ancora un po' del profumo di Liza.

Gli altri forse non lo avrebbero mai perdonato, ma in fondo tutti avevano saputo la verità sin dall'inizio: lui era debole. Marika aveva persino previsto che sarebbe andato in mille pezzi – nel momento peggiore, sì.

Più però ripensava alla sua vita – l'infanzia interrotta a metà, il disprezzo sputato su George e Heaven, il rapimento di Rose, il trasferimento tanto agognato a Phoenix, l'abbandono di Marika, l'errore con Lacey, il periodo della prostituzione e quell'avventura che aveva odiato dall'inizio alla fine – più trovava solo errori su errori, reminiscenze capaci solo di confermare ciò che già sapeva: aveva sbagliato tutto.

Non era mai esistito il perfetto Vincent Black, figlio promettente di Thomas Black, né tanto l'audace Hound: come ogni maschera, anche quella aveva sempre lasciato scoperti i suoi occhi. Era solo un adolescente in crisi come tanti, confuso, arrabbiato, amareggiato, con mille emozioni asserragliate dentro che premevano per avere finalmente libertà.

Non era nemmeno riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto a se stesso quando aveva capito che piangere non serviva a niente, e ora sentiva le guance rigarsi ad ogni respiro. Una lacrima per ogni emozione fino ad allora trattenuta.

D'improvviso, qualcosa catturò la sua attenzione: qualcuno stava arrivando.

Twisted MindWhere stories live. Discover now