22. Piece M (2)

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Arco II: rEvolution

Capitolo 22: Piece M (2)

«Allora, Marika, parlami un po' di te.» Vincent Black aveva un modo molto particolare di pronunciare il suo nome, scandendolo sillaba per sillaba come se stesse gustando un pasticcino.

La luce che penetrava dalle finestre del bar allungava le ombre dei capelli sul suo viso, disegnando il profilo leggermente spigoloso del viso abbronzato.

Marika, al contrario, aveva quel tipico pallore di chi ha passato tutta l'estate sui libri invece che in vacanza o all'aperto; la leggera maglietta di cotone a maniche lunghe non serviva a nasconderlo.

«Non ho molto da dire...» rispose a bassa voce, schermandosi da un interesse che le sembrava invasivo «Sono uscita poche volte da Phoenix. Il mio sogno è diventare un chirurgo, trasferirmi a New York e aprire una clinica.»

«Come mai un chirurgo?» Vincent sollevò un sopracciglio, in un'espressione così sorpresa da strapparle un sorriso.

Marika affondò il cucchiaino nella coppetta di gelato alla fragola che stava mangiando «Mio padre è un medico di guerra, sono cresciuta vedendolo salvare vite e penso sia la cosa più bella che un essere umano possa fare.»

«Pensavo ti divertisse l'idea di giocare all'allegro chirurgo dal vivo.»

Risero entrambi, ma Marika non ebbe il coraggio di ammettere che l'idea di avere potere di vita e di morte su qualcuno esercitava un certo fascino su di lei. Si ravvivò una ciocca di capelli, mentre l'altro beveva in un sorso il suo caffè nero.

Il cameriere che li aveva serviti era sembrato abbastanza irritato dalla presenza di Vincent, tanto che Marika si chiese se ci fosse un motivo particolare per cui il ragazzo aveva chiesto di vedersi proprio in quel posto, troppo elegante per i gusti di lei.

«E tua madre?»

«Mia madre è morta.»

Vincent la fissò intensamente, ma non accennò a quell'immediato mi dispiace che tutti le rivolgevano dopo aver scoperto la triste verità.

Sentendosi leggermente a disagio, la ragazza si ritrasse e aggiunse «Quando ero piccola. Cancro al seno. Non ricordo praticamente nulla di lei.»

L'unico movimento che riuscì a cogliere nel ragazzo fu un guizzo degli occhi gialli; sembrava assorto in qualche ragionamento o ricordo. Fu la prima volta che Marika ebbe l'impressione che Vincent fosse una di quelle persone capaci di alienarsi totalmente dal mondo.

«Immagino sia anche per questo che vuoi fare il chirurgo.» disse infine, sollevando lo sguardo per incontrare quello di lei.

Marika rimase frastornata: non l'aveva mai pensata in quei termini, ma forse una piccola di lei, sì, aveva maturato quel sogno proprio per evitare che ad altri accadesse quel che era accaduto a lei. Non seppe come reagire, rimase a fissare Vincent come se le avesse appena strappato una verità indicibile.

«E tu?» rigirò allora la domanda, per allontanare da sé l'attenzione «Tu chi sei?»

Il bruno affondò le spalle del cuscinetto nero dello schienale, incrociando le braccia al petto; aveva uno sguardo felino, quasi sfuggente, che intrigava Marika «Io sono il supremo Vincent Black, naturalmente!»

Quanto autocompiacimento! La ragazza non era certo un'esperta di psicologia, dunque non avrebbe mai immaginato che la successiva domanda sarebbe stata ciò che avrebbe fatto scattare definitivamente in Vincent Black dell'interesse nei suoi confronti.

«E al di là del supremo Vincent Black, chi sei?»

Vincent si accigliò, come davanti a un cubo di Rubik «Che intendi dire?»

Twisted MindWhere stories live. Discover now