20. Resolution S (4)

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Arco II: rEvolution

Capitolo 20: Resolution S (4)

A ripensarci adesso, al freddo di una cella bianca e poco illuminata, con un odore di candeggina e sudore nauseante e la guardia di un poliziotto poco lontano, Vincent riconosceva di aver commesso un errore. Un enorme errore.

"Sono una gran testa di cazzo" si ripeteva ad oltranza.

Non era da lui farsi dominare dalla rabbia, perdere la testa in quel modo ed agire come avrebbe fatto un quattordicenne. Credeva di aver superato la fase in cui la furia del momento sottomette la ragione, ma davanti a quello sconosciuto, che aveva ragione in effetti, lo stress accumulato nelle settimane precedenti era riuscito a cancellare il resto del mondo.

"Sono una gran testa di cazzo."

Il suo stomaco era ancora in subbuglio, la gola e gli occhi gli bruciavano e le mani di tanto in tanto tremavano ancora, desiderose di afferrare qualcosa e farla a pezzi per sfogare quel che di collera era rimasto.

"Sono una testa di cazzo, sì."

Inspirò profondamente e sentì i polmoni riempirsi di quell'aria maleodorante, storse il naso e finalmente sollevò le palpebre fino ad allora tenute basse, come a volersi schermare dal mondo.

Benché la lampadina in corridoio fosse abbastanza lontana ed illuminasse solo l'esterno della cella, rendendo fastidioso osservare il pavimento tirato a lucido, anche quel poco di luce riuscì a fargli venire il mal di testa.

Vincent se ne lamentò con un mugolio sommesso.

«Fa ancora male?»

«No.» tagliò corto, in realtà il dolore allo stomaco era cessato ancor prima di mettere piede dentro la cella, non riusciva a capire perché Shaun continuasse a preoccuparsi così, non era da lui «Ammettilo che ti sei divertito a pestare quel coglione.»

Il modello, seduto sulla panca poco lontano dal ragazzo, stirò le braccia e sospirò profondamente, con aria affranta «Più che divertito, sono stato sollevato quando l'ho fatto volare dall'altro lato della stanza. Non mi piace che si alzino le mani sulle persone sbagliate.»

«Ed io sono una persona sbagliata?»

Vincent si appoggiò con la nuca al muro freddo, evadendo lo sguardo dell'altro, che però cercava di incontrare il suo.

Dopo qualche secondo di silenzio, Shaun sussurrò «Rientri nei miei interessi.»

Per quanto evitassero di dirlo, entrambi si rendevano conto della strana complicità che li univa, che li rendeva al contempo simili e vicini ma distanti e inconciliabili. Due vite nettamente differenti, ma con un aspetto comune: la falsità della faccia mostrata alla luce del sole, che serviva a nascondere qualcos'altro. Per Vincent questo qualcos'altro era un insieme di paure ed insicurezze, per Shaun invece un'immensa solitudine. O almeno questa era l'impressione che dava a Vincent ogni tanto, quando lo stringeva più forte del dovuto quando erano a letto.

Gli tornarono in mente le parole di Marika di poco tempo prima, circa il fatto che anche il più forte dei forti sarebbe inesorabilmente andato in mille pezzi senza un confidente. Vincent non aveva quasi nessuno di cui si fidava al punto da confidare i propri problemi, l'unico era Neville, il primo a cui aveva rivelato del virus H.

Si chiese se fosse il caso di spiegare a Shaun che cosa era davvero successo quella sera. Aveva però paura di pentirsene.

Scoccò uno sguardo all'uomo con la coda dell'occhio, prima di inspirare e finalmente confessare «Al telefono, prima... era mio padre.»

Twisted MindWhere stories live. Discover now