Scusami? - Capitolo 1🌹

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Come ogni sabato, vado a lavorare in biblioteca. Ho deciso di trovarmi un lavoro per aiutare i miei genitori a pagarmi l'università.
Oggi Roma è particolarmente fredda e un forte vento scombina i miei lunghi capelli neri. Mi stringo nel mio giubbotto di pelle e aumento il passo per non arrivare in ritardo.
Arrivata a destinazione, infilo la chiave nella serratura e apro.
Il mio compito è quello di sistemare i nuovi volumi sugli scaffali. Ogni tanto, trovo qualche libro interessante e lo leggo; mi piace leggere.
Salgo la scala e poggio lo scatolone con i libri sull'ultimo gradino.
Mi sporgo leggermente per posare alcuni libri. Purtroppo sono bassa e devo pure alzare i talloni.
<<Hey, ti serve aiuto?>>
Una voce maschile mi fa sussultare e il mio libro cade a terra.
<<Cazzo>> sussurro.
<<Nervosetta?>> chiede avvicinandosi.
Scendo dalla scala.
<<Non sono nervosa. Ti serve aiuto?>> chiedo fredda.
Ho promesso a me stessa di essere gentile con tutti.
Il ragazzo non è molto alto, ha i capelli leggermente scombinati e due occhi di un colore particolare; un colore misto tra il verde e l'azzurro, un colore bellissimo.
Il suo stile è particolare: giubbotto di pelle nero, jeans neri strappati che fasciano perfettamente le sue gambe magre e due orecchini che hanno attirato la mia attenzione, dopo gli occhi, a forma di piuma.
Voglio sapere che significato ha per lui la piuma. Oppure li indossa solo perché gli piacciono e per lui non hanno un significato.
Questo ragazzo mi intriga, non so il motivo.
Appende gli occhiali da sole che aveva in mano alla maglietta e solo adesso noto i suoi tanti anelli. Intravedo anche alcuni tatuaggi.
Sembra un tipo tosto.
<<Posso vedere qualche libro?>>
<<Non sembri un tipo che legge.>>
Forse non dovevo dirlo, anzi, non dovevo dirlo. Mi è scappato.
<<Solo perché ho qualche tatuaggio, il giubbotto di pelle e gli anelli, non posso essere un tipo che ama la lettura?>>
Si mette a braccia conserte e mi guarda attentamente negli occhi.
Mi vuole sfidare?
Nessuno vince contro di me.
<<Tutti possono leggere, ma sembri uno che ama divertirsi in altri modi.>>
<<Ad esempio?>>
Sì, mi sta sfidando.
<<Fammi indovinare: ti piace lo skate?>>
<<Ci hai preso.>>
<<Ti piace fare altro?>>
Maledetta curiosità.
<<Amo la musica. A te?>>
<<Studio Filosofia.>>
<<Mi sembri pallosa.>>
Come si permette?
<<Scusami? Puoi ripetere?>>
<<Sei pallosa.>>
<<Solo perché frequento l'università, sono noiosa?>>
<<Vedi come ci si sente?>>
Non rispondo.
Mi ha spenta, nessuno ci riesce.
Mi guarda con un sorrisetto.
<<Non parli più?>>
Già lo odio.
Meglio non rispondere per non rischiare di perdere la pazienza. Difficilmente riesco a controllare la rabbia.
Il moro si volta per cercare un libro.
Rimango a fissarlo, anche se è sbagliato. I suoi lineamenti sono delicati e perfetti; il suo portamento eretto e le sue spalle possenti mi fanno pensare che è un tipo sicuro di se.
Il suo sguardo si posa su di me.
<<Bambinetta, è maleducazione fissare la gente.>>
Si vede dal suo sorrisetto sghembo che è uno strafottente.
<<Non chiamarmi in questo modo ridicolo, odio i soprannomi.>>
<<Perché sei così fredda e impulsiva?>>
<<Non mi conosci, non puoi giudicarmi.>>
Mi siedo e la stessa cosa fa lui. Ora siamo a pochi centimetri di distanza.
<<Piacere, sono Filippo e ho ventitré anni.>>
Allunga la mano e aspetta che io la stringa.
<<Sono Beatrice.>>
Rifiuto di stringere la mano, così la ritira.
<<Ho capito che non vuoi dare confidenza al primo che capita.>>
<<Esattamente.>>
Almeno una cosa giusta l'ha detta.
<<Tu ne hai...?>>
<<Secondo te?>>
<<Diciannove.>>
<<Hai sbagliato di poco, ne ho venti.>>
<<Sembri una ragazzina.>>
<<Sembri uno che vuole un ceffone.>>
<<Il tuo ragazzo come ti sopporta?>>
<<Non ho un ragazzo.>>
<<Come mai?>>
<<Sei troppo curioso.>>
<<Sei troppo antipatica.>>
Ci conosciamo da poco e già ci insultiamo.
<<Uno: non sono antipatica, sei tu che mi provochi. Due: ho lasciato il mio ragazzo un mese fa.>>
<<Perché?>>
Insistente il ragazzo, eh?
<<Era troppo geloso e sdolcinato.>>
<<Era un rompiballe?>>
Molto raffinato il suo linguaggio, devo dire.
<<Diciamo di sì.>>
Perché sto parlando della mia vita sentimentale con un ragazzo che conosco a malapena? Non mi riconosco più.
<<Tu, invece?>> chiedo.
<<Non ero io il curioso?>>
Roteo gli occhi.
<<Antipatico>> sussurro.
Mi lancia un'occhiataccia.
<<Mi sono lasciato anch'io.>>
<<Perché?>>
<<Perché fai le mie stesse domande?>>
<<Sto cercando di fare una conversazione discreta e di mantenere la calma, perciò, non mi provocare.>>
<<È divertente provocarti.>>
<<No, non lo è neanche un po'. Ora rispondi alla mia domanda.>>
<<Prepotente>>, dice con un filo di rabbia, <<ci siamo lasciati per la troppa distanza, abbiamo deciso insieme.>>
<<Io pensavo che ti avesse lasciato lei per la tua troppa arroganza.>>
<<Senti, mocciosa, sei tu arrogante.>>
Faccio un respiro profondo per calmarmi.
<<Non ti ho mai visto da queste parti.>>
Tralascio quello che mi ha detto precedentemente.
<<Sono di Monza, mi sono trasferito perché i miei genitori hanno trovato lavoro qui e per non rimanere solo li ho raggiunti.>>
<<Non potevi rimanere là?>>
<<Simpatica>> dice ironico.
<<Ti aiuto a scegliere il libro.>>
Mi alzo dalla sedia e vado verso la libreria.
<<L'ho già scelto.>>
Prende un libro con la copertina leggermente rovinata e me lo fa vedere.
Leggo il titolo.
<<Ti piace Italo Calvino?>>
<<Sì, perché?>>
<<È uno dei miei autori preferiti.>>
Infila il libro nello zainetto e torna a guardarmi.
Quando i suoi occhi incontrano i miei, sposto lo sguardo. Non posso perdermi di nuovo in quelle pupille.
<<Dammi il tuo numero di telefono>> dice, sicuro di se.
<<Certo che no! Perché dovrei darti il mio numero?>>
<<Non conosco bene questa città, volevo che tu mi portassi a fare un giro per memorizzare le vie.>>
<<No, mi dispiace. Non voglio passare un'altra giornata a litigare con te.>>
Prende una penna dal tavolo e afferra il mio polso con poca delicatezza.
Lo ritraggo subito.
<<Che fai?>>
<<Voglio scrivere il mio numero.>>
Riafferra il polso e inizia a scrivere.
Testardo.
<<Non volevo il tuo stupido numero.>>
<<Quando non hai niente da fare, chiamami.>>
<<Chi te lo dice che io ti chiami?>>
<<Smettila di fare la scontrosa. Pensaci su.>>
Si rimette gli occhiali da sole e io seguo con gli occhi tutti i suoi movimenti.
Mi saluta con un cenno e chiude la porta.
Lo guardo dalla vetrata mentre cammina.
Il suo modo di atteggiarsi mi incuriosisce.

Spero con tutto il cuore che questa storia vi piacerà. Baci.
-M.

Dopo di te | Irama/Filippo FantiWhere stories live. Discover now