Capitolo 61

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Connor
<Puoi farlo smettere per favore?>, mormora Carl rigirandosi nel letto.
<Puoi non lamentarti ogni volta che squilla?>, ribatto non muovendomi di un centimetro nel letto.
Con una mano sotto la testa e l'altra sul petto guardo le doghe del letto superiore al mio; questa notte ho dormito poche ore e non perché non fossi stanco, ma semplicemente perché il pensiero che i miei genitori non vogliono che io rimanga più in questo posto dopo 5 anni mi scombussola e mi fa innervosire.
E non sto parlando di mio padre, ma della donna che si preoccupa ancora per me come se fossi un neonato che ha bisogno di ogni minima cosa. E non gliene faccio una colpa, d'altronde ho scelto un lavoro che non è proprio il massimo della sicurezza ma a me riempie il cuore.
Non so come spiegarlo.
Quando so che posso fare del bene per aiutare qualcuno che soffre e qualcuno che viene dimenticato da chi avrebbe il potere di fare qualcosa in più e non la fa...quando so che una mano tesa a volte è più confortevole che di un paio di braccia che stringono, allora tendo quella mano.

In cinque anni di cose ne sono successe, e di cose ne sono cambiate.
La vita di New York non era per me, non era destinata ad una persona che non si sentiva a proprio agio in quel posto.
L'università non mi avrebbe portato da nessuna parte, studiare giorno e notte per una professione che non mi avrebbe appagato, lavorare poi in un posto che non mi avrebbe regalato gioie...non lo volevo.
Ho deciso di partire e venire qui solo per un motivo: sono nato qui. Sono nato in un posto simile a questo, da una donna che non ricordo ormai più e che non so nemmeno se sia viva o se sia morta in seguito a qualche attacco o sotto la mano di un bastardo che le ha tolto il respiro ed anche un figlio.
Non so nemmeno se potrei avere fratelli o sorelle di sangue, non so niente prima di quel giorno quando Thomas e Maggy mi hanno trovato davanti al cancello della loro base e mi hanno salvato.
Ricordo solo quello e riesco ancora a ricordare i loro occhi che mi guardavano con una certa pena e ricordo anche quando mio padre si è preso l'incarico di salvarmi con la consapevolezza che sarebbe potuto morire, e con noi anche mia madre.
Chiamarli mamma e papà non mi è mai pesato, non ho mai fatto pesare loro il fatto che non fossero davvero i miei genitori e a dir la verità, non ho mai nemmeno chiesto di avere informazioni su chi potesse essere la donna che mi ha messo al mondo.
Non che la mia vita passata non mi importasse, ma un bambino piccolo non ha nemmeno la mente pronta per poter chiedere; e quando sono cresciuto...beh, ho avuto la forza di non chiedere nemmeno. Avevo già la mia famiglia e incastrarmi in un passato che non avrebbe dato qualcosa, lo trovavo inutile.

Mi mancano, certo.
Mi manca vedere mia mamma che si prodiga a curare la piccola serra che papà le ha costruito in giardino anche se con scarsi risultati.
Mi manca vederla girare per casa con la piccola Coco che le ronza sempre attorno.
Ricordo ancora quando per poco non la facevo affogare nella vasca da bagno perché ero ostinato a voler fare il bagno con lei.
Mi manca mio padre che mi racconta delle sue avventure.
Mi manca sentirlo parlare di come ha fatto del suo lavoro tutto quanto dimenticandosi anche del resto, e con il resto intende la vita.
Mi manca anche Bettany, la ragazza che ha colorato la mia vita ogni giorno.
La ragazza bionda che ormai è diventata una ballerina professionista ed ha aperto una scuola di danza in centro con i propri sforzi ed il proprio sudore. Non ha voluto l'aiuto di nessuno.
Lei così minuta, eppure così forte.
Due anni fa, ha dovuto lottare contro un male più grande del suo spirito combattivo. Ha dovuto essere succube delle medicine, del corpo che cambiava, della mente che si offuscava e di noi che non potevamo fare niente di più di quello che già facevamo.
Non ha mai mollato, non si è mai lasciata abbandonare al dolore o alla voglia di smettere di vivere.
E per questo la stimo, lei che ha il coraggio di affrontare il mondo ed io che invece non ho il coraggio nemmeno di rispondere ad una semplice telefonata per dire a mia mamma che sto bene ma che non torno per il momento.
Hanno saputo che qui le cose stanno peggiorando e che qualcuno potrebbe essere ancora vivo, qualcuno di cui pensavamo di esserci liberati per sempre.
E mia mamma non vuole che io lo veda, non vuole che io senta la sua voce.

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