Capitolo 42

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Thomas
<Sei sicuro di voler andare a casa sua così senza avvisarla?>, mi domanda Noah per l'ennesima volta.
Siamo arrivati a Los Angeles da circa un'ora e lui continua a farmi questa domanda praticamente da quando abbiamo lasciato casa.
È passata una settimana da quando abbiamo deciso di prenderci questi giorni di vacanza e dopo aver passato qualche giorno con i nostri genitori, ci siamo spostati qui. Nella città della ragazza che mi sta tormentando il cervello.
Ed ha ragione Mr. Rain quando dice che un uomo è forte quando impara ad essere fragile.
Con lei vicino mi sento fragile, mi sento strano, mi sento debole...mi sento così perché lei riuscirebbe a scoprire qualcosa di me senza dover faticare poi così tanto. Le basterebbe solo una domanda e riceverebbe tutte le risposte che vuole. Se solo le avessi dato queste risposte, non saremmo a questo punto adesso. Magari sarebbe su questo letto con me. Magari saremmo affacciati su questo balcone con vista tutta la città. Magari...magari.
<Pensi che sia una cattiva idea?>, chiedo a mia volta facendomi sorgere qualche dubbio.
<Lascia stare tuo fratello>, interviene Kayty sdraiandosi sul letto accanto a me.
Abbiamo portato anche lei con noi.
<Non vi vedete da più di un mese e tu vuoi farle tipo una sorpresa?>, chiede scioccato Noah prendendo in braccio Coco.
Si, c'è anche lei.
<Beh, alle ragazze piacciono le sorprese>, rispondo io sbuffando alzandomi e andando a prendere la cagnolina che aveva iniziato ad abbaiare.
<Dipende dalle sorprese>, riflette Kayty alzandosi con il busto.
<Basta ok? Vado da lei e basta. A che ora finisce di lavorare stasera?>, chiedo stanco di tutte questa parole inutili. Vado da lei e speriamo che vada bene.
<Alle otto, come sempre ma...>, risponde il mio gemello con qualche dubbio.
<Sai qualcosa che non so?>, chiedo insospettito prendendo dalla valigia i vestiti puliti.
<No, ma possiamo andare tutti domani mattina. È sabato e lei non lavora>, dice lui facendo uscire Coco sul balcone.
<Voglio andare oggi, voglio vederla Noah>, affermo stizzito.
<È innamorato>, sussurra Kayty cercando di non farsi sentire.
<No, mi...mi piace>, ammetto andando nel bagno.
<Sei cotto cognato mio>, urla la ragazza facendomi alzare gli occhi al cielo.
Non sono mai stato in ansia come in questo momento. Non ho mai rincorso nessuna ragazza. Non ho mai cercato nessuna ragazza. Semplicemente perché non c'è mai stato nessuno che mi interessasse, nessuno che ne valesse la pena insomma. Nessuna tranne lei.
La doccia dura pochissimo, ho fretta.
Fretta di vederla.
Fretta di dirle "ciao".
Fretta di tutte le cose mai fatte ancora.
Metto un pantalone nero, con una felpa altrettanto nera. Sembra che sto per andare ad un funerale, ma è tutt'altro.
Non so come andrà questa sera, spero solo che lei senta quello che sento io. Almeno un minimo.

Vicino la macchina, parcheggiata sotto l'albergo, lascio correre Coco per sgranchirsi un po' le gambe.
La porto con me, almeno non sono solo.
O spero che si faccia ammorbidire dalla piccola.
Metto le mani sul volante e sembra di essere per la prima volta alla guida. L'ansia mi fa tremare le gambe e le mani e la testa gira per fatti suoi.
Non credo di stare bene.
Guardo Coco che sul sedile del passeggero mi fissa piegando la testa mentre il suo collare oscilla leggermente.
La targhetta brilla con la luce del lampione.
Guardo l'orologio che scocca le nove in punto.
Metto in moto.

Il suo indirizzo l'ho saputo dalla sua cartella alla base, ho fatto una semplice foto ed ora eccomi qui davanti casa sua. Una piccola villetta che si estende in un unico piano.
Le luci sono accese, deve essere in casa.
Prendo Coco in braccio e scendo dalla macchina.
<Merda, mi tremano le gambe>, sussurro toccando il pelo della cagnolina che poggia il muso sul mio petto.
Cammino fino alla porta d'ingresso e poi suono il campanello. Senza indugiare.

<Buonasera>.
Una donna sulla cinquantina apre la porta.
Deve essere la madre.
<Eh...salve>, dico in imbarazzo.
<Cerchi qualcuno?>, chiede picchiettando un dito sulla porta. Mi sta mettendo ansia.
<Si, Maggy>, rispondo con difficoltà.
Questa donna mi mette soggezione.
<È uscita, ma posso dirle che l'hai cercata se mi dici chi sei>, mi spiega lei sorridendomi questa volta.
Coco nelle braccia comincia a muoversi così la poggio a terra. La vedo correre incontro ad una piccola lucciola e saltellare qui e là.
<Sa dov'è andata?>, chiedo nella speranza di poterla vedere adesso.
<Di preciso no, ma penso che sia andata in qualche locale con Jeremy>, continua la signora che non sa con chi sta parlando.
<Con...con un ragazzo...>, sussurro come se mi avessero tirato contro un secchio d'acqua fredda.
<Si, certo. Ma tu chi sei?>, chiede lei facendo un passo avanti.
<Nessuno, nessuno>, rispondo poco prima di voltarmi per tornare alla macchina.
Avrei dovuto aspettarmelo.
Avrei dovuto fare qualcosa prima.
Cosa pensavo di trovare venendo qui?
Lei che aspettava me sulla soglia della porta?
Si è fatta una vita.
Ed io non ne faccio parte.
Magari ha trovato qualcuno che lotti per lei, qualcuno che la tratta meglio di come ho fatto io, qualcuno che le vuole bene davvero, qualcuno che non la fa soffrire. Magari ha trovato qualcuno che la fa stare bene.
Faccio entrare Coco in macchina e chiamo Noah.

Un pezzo di noiWhere stories live. Discover now