Capitolo 88

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Emma
<Sto bene, davvero...tu piuttosto?>, chiedo facendo dondolare i piedi mentre osservo nel buio le chiome degli alberi della foresta sul davanti.
Ho scoperto un'entrata segreta mentre camminavo per la base nel bel mezzo della notte, porta sul tetto della struttura. Mi piace sedermi sul cornicione con le gambe che penzolano e con gli occhi lontano, ormai vengo qui da due notti e devo dire che riesce un po' a calmare quelle che sono le mie preoccupazioni: mio padre principalmente, ritrovarsi da solo in una casa del tutto nuova so che potrebbe sembrare difficile...e poi c'è anche Connor.
Nelle ultime ore, ci siamo incrociati poco se non nelle ore di allenamento dove non perdeva mai tempo per riprendermi o darmi delle dritte per migliorare la mia prestazione.
Insieme a Blue hanno cercato di capire chi avesse potuto portare quella bomba qui in cortile, e credo che Connor ci si sia buttato troppo a capofitto.
Credo che ci sia altro e credo che sia importante, quasi come se lo tormentasse.
E...e non so nemmeno cosa ci sia tra di noi esattamente, non so cosa prova lui ed io non riesco a dare un nome a quello che provo; non ne sono capace, non sono in grado di esprimere a voce quello che sento.
So per certo che non è solo attrazione fisica, in lui non vedo solo un bell'uomo, vedo forse quello che non ho mai visto in nessun altro...lui ha quello che io non ho il coraggio di avere, lui è diverso da tutti quelli che mia madre mi ha presentato. Lui è la notte, ed io sono il giorno...e ad essere sincera non so quanto abbiano in comune due persone così, so solo che quando la luna cala il sole la segue subito dopo. Quando il sole cala, la una lo segue immediatamente; e così siamo noi.
Si incrociano solo durante un eclisse, e non avviene spesso.

<Tesoro, sei ancora in linea?>.
La voce al di là del telefono mi risveglia e quasi mi ero dimenticata di essere qui sopra.
<Ah...si sì, cosa dicevi?>, chiedo passandomi una mano tra i capelli.
<A cosa pensi?>, mi domanda poi conoscendomi meglio rispetto a prima.
<Penso a come sarò stanca domani se non vado subito a dormire>, rispondo ridendo un po' giocando con un filo di tessuto dei pantaloni.
<Allora ti saluto, stai attenta mi raccomando>, mi ricorda sempre ogni volta che ci sentiamo.
<Promesso, ciao>, mormoro allontanando il telefono dall'orecchio per poi premere sull'icona rossa che pone fine alla chiamata.
Sospiro sollevando il capo verso il cielo e con gli occhi cerco di collegare varie stelle per creare qualcosa che abbia un senso per me.

<Signorina Leer>.
Mi giro di scatto quando sento chiamarmi e mi tengo forte al cornicione per evitare una catastrofe.
La persona in questione inizia a farsi avanti ed è strano come non abbia riconosciuto la voce di Connor.
Con le mani in tasca mi guarda dall'alto e non mi dispiace vedere che ha appena fatto la doccia, i capelli umidi ne sono la prova e anche il viso leggermente rosso per via dell'acqua calda è una prova.
<Mi dica sergente>, mormoro sollevando un angolo delle labbra.
<Non avevo detto a tutti di non uscire la sera?>, chiede mentre si avvicina per prendere posto vicino a me. Le nostre gambe si sfiorano ed i miei occhi sono fissi sulle sue mani che si tengono al cornicione.
<L'aveva detto, certo>, rispondo alzando le spalle continuando poi a portare lo sguardo lontano.
<E perché sei qui?>, chiede dandomi una piccola spallata come se volesse avere la mia attenzione.
Ma non sa che la cattura sempre, anche senza che lui faccia qualcosa.
<Per disobbedire al tuo ordine>, mormoro ridendo un po' abbassando il capo verso il terreno.
Mi è sempre piaciuta l'altezza, non ho vertigini; mi è sempre piaciuto il senso di libertà che dà.
<Posso chiudere un occhio per questa volta, ma davvero non voglio che esci fuori di sera>, continua con tono più serio.
Mi volto a guardarlo ed i suoi occhi mi osservano già, le folte ciglia le contornano alla perfezione ed il colore non fa altro che donargli intensità, ed io non faccio altro che perdermi.
<Non sono fuori, Connor>, ribatto facendo dondolare le gambe avanti a dietro.
<Lasciamo perdere>, mugugna poco convinto distogliendo lo sguardo.
È nervoso da quella notte ed io non riesco davvero a capire cosa risolviamo se restiamo chiusi all'interno della base.
<Aggiornamenti sulla bomba?>, chiedo adesso che ne ho l'occasione.
<No, per questo ti dico di restare dentro>, risponde con tono accusatorio ed io alzo gli occhi al cielo.
<Perché ti prende così tanto questa situazione? Cosa c'è che non so?>, domando quasi come se fosse obbligato a dirmi quello che ha dentro.
E lo pretendo.
<Diciamo che le bombe mi perseguitano da quando ho tre anni...>, risponde posando le mani dietro la schiena così da rilassarsi meglio.
<Non pensavo di arrivare a dirlo a qualcun altro>, mormora poi tra sé e sé mentre io mi volto completamente verso di lui con le spalle al vuoto.
<Non dare le spalle al niente>, mi riprende subito afferrandomi una mano e tirandomi verso di lui anche se cerco sempre di mantenere una cerca distanza.
<Scusa...>, sussurro imbarazzata quando per sbaglio poso una mano sul suo petto per non cadere dall'altro lato.
<Ti ho detto che i miei genitori non sono quelli biologici e nemmeno mia sorella lo è>, inizia ed io annuisco incrociando le gambe vicino al suo corpo.
<Sono nato qui, in un posto come questo...un po' più lontano ma con lo stesso clima>, continua a voce quasi fredda.
Gli occhi sono rivolti verso il basso e so che parlare di certi argomenti non è mai facile.
<Quando mio padre mi ha trovato era solo un tenente e mia madre solo un'infermiera, lavoravano entrambi in una base e mia madre mi ha trovato fuori il cancello con una bomba sotto ai piedi>, continua mentre sento nella sua voce qualcosa cambiare. Stringe gli occhi così forte e si passa una mano frustato tra i capelli come se se li volesse strappare.
Poso una mano sulla sua, la sento tremare sotto il mio tocco, lo sento vulnerabile, lo sento quasi crollare.
<Non so con quale coraggio mio padre mi abbia sollevato da terra con una prontezza che non reputo umana, e... tutto è saltato in aria, c'era tanto fumo...ci ha protetto entrambi, mi hanno portato via e...e mi hanno adottato alla fine>, conclude lasciando quel breve contatto con la mia mano.
Lo lascio fare senza dire niente, ho la sensazione che la storia non sia finita qui.
<E sai...sai qual è la cosa più strana? La cosa che mi ha ossessionato la vita fino a qualche mese fa?>, mi domanda arrabbiato.
Scuoto il capo e cerco di trovare un minimo di contatto per fargli capire che ci sono ma lui sembra non volerne sapere.
<Che quel...il pezzo di merda che abbiamo catturato...lui è mio padre biologico, sono figlio di un assassino, ci credi?>, chiede allargando le braccia per poi afferrarmi con forza per le braccia e portarmi davanti il suo viso.
Strabuzzo gli occhi, inizio a respirare forte e quasi mi fa paura vedere il vuoto nei suoi occhi che sono appena bagnati.
<Sei figlio di chi ti ha cresciuto e non di chi ti ha messo al mondo>, sussurro sorridendo cercando parole che non siano scontate ma che gli facciano capire la verità dei fatti.
Scuote il capo lentamente ed io lo fermo con entrambi le mani annuendo in contrasto con la sua mimica.
<Mi dispiace aver fatto pesare a mio padre tutte le volte che di sera gli incubi o gli attacchi di panico mi facevano visita...tutte le volte in cui andavo dagli psicologi e non risolvevo nulla>, mormora lasciandomi mentre mi siedo a cavalcioni sulle sue gambe e lui mi porta una ciocca dietro l'orecchio.
<Non pensare che gli sia pesato>, sussurro posando la fronte sulla sua e chiudendo gli occhi.

Piega il viso di lato, sfiora le mie labbra con le sue, le socchiude e sento la sua lingua bagnarle mentre io sospiro e cerco di restare lucida.
<Scusa se te ne ho parlato>, mugugna posando una mano sulla mia vita.
<Non scusarti, spero che ti senta meglio>, rispondo passando le mani sul suo collo sentendo le vene pulsare.
<Spero che non ti dispiaccia, ma...>, continua mentre infilo le mani nei suoi capelli e le muovo con lentezza.
Si schiarisce la voce e il coraggio viene da sé quando poso le mie labbra sulle sue.
Resistere è difficile.
Quasi impossibile.
Quasi indomabile.
Non aspetta molto nell'infilarmi la lingua in bocca ed io non aspettavo altro; mi fa quasi strano avere voglia di lui in una maniera quasi come se fosse una necessità, strano come aver voglia di lui non sia solo per scoprire quello che si prova e quello che due corpi sono in grado di fare, fin dove ci si può spingere quando si è presi da un sentimento.
Ho sempre pensato che il sesso fosse uno sfogo, qualcosa per cui i giovani si divertono nel trascorrere del tempo...e magari può anche essere così...ma penso anche che sia un momento in cui due persone si donano l'uno all'altra.

Le sue mani viaggiano lungo tutta la schiena, le nostre lingue si cercano e si trovano, si stuzzicano, si mordono e si assaporano. Le sue mani si posano sul mio collo e scendono lungo le spalle iniziando a togliermi la giacca che cala lungo le braccia in maniera quasi naturale.
Si stende sul tetto roccioso della base, sul cemento, ed il mi calo insieme a lui. Una mano sulla nuca e l'altra sulla coscia che stringe tra le dita; il corpo qui e la testa non si sa dove.
Gli schiocchi dei nostri baci continuano a mischiarsi con i nostri respiri, l'aria inizia a farsi più calda quando inizia a baciarmi il collo; inizia a succhiare un punto ben definito e boccheggiare mi sembra quasi d'obbligo. Si spinge contro il collo ed il mi spingo con il bacino verso il suo senza essere in imbarazzo quando mi accorgo della durezza del suo membro sotto gli strati di tessuto. Mi sembra quasi normale, quasi voluto, aspettato.
Le sue mani arrivano fino alla cintura dei miei pantaloni, la slaccia e apre anche il bottone di esso mentre si stacca dal mio collo e riprende fiato. Gli accarezzo la guancia e lui abbassa la cerniera dei pantaloni e forse si aspetterebbe che io lo fermassi.
<Perché ti fermi?>, chiedo in un sussurro posando la fronte sulla sua.
<Perché non so se riuscirei a fermarmi se mai dovessi iniziare>, risponde lasciandomi un bacio a stampo.
<Che succederebbe se non dovessi fermarti?>, domando sentendo le sue mani scorrere lungo le cosce mentre mi guarda come se volessi portarmi nel suo mondo.
<Da quando sei così temeraria?>, chiede lui sorridendo tornando a baciarmi il collo.
<Non lo sono, voglio solo sapere qualcosa>, spiego il più sinceramente possibile.
<Non aspetti quello giusto come tutte le altre ragazze?>, mormora schioccandomi baci lungo il collo fino alla mascella e poi alle labbra.
<Adesso sei tu quello giusto>, dico prima che lui si fiondi completamente sulle mie labbra.
Le sue mani ritornano sulla cerniera dei pantaloni, estrae con velocità la canottiera al suo interno e la alza fino a scoprire la pancia.
Continuiamo a baciarci anche quando le sue dita sfiorano l'elastico delle mie mutande, lo tira verso di sé e sento subito l'aria fredda scontrarsi con la pelle calda; ritiro la pancia e riprendo un attimo fiato.
La mano sinistra è ferma nella parte bassa della schiena mentre l'altra si insinua sotto al tessuto sottile causandomi un sospiro che lui accoglie nelle sue labbra.
Le sue dita arrivano fino al centro della mia intimità e si spingono contro di essa, poso una mano sul suo collo e boccheggio quando inizia a muovere le dita in modo circolare.
<Qualcuno ti ha mai toccata?>, mi chiede afferrando tra i denti il mio labbro inferiore.
Scuoto il capo e lui infila un dito dentro di me: inarco la schiena e stringo gli occhi per il lieve bruciore che esso mi provoca.
Inizia a muoverle prima piano, poi inizia a prendere sempre più ritmo, fin quando spinge con l'altra mano il mio bacino verso le sue dita.
<Fa male?>, domanda tornando a baciarmi impedendomi di rispondere.
Non vuole fermarsi e non voglio nemmeno io.
Muovo il bacino senza che lui mi dia indicazioni, e sento qualcosa dentro crescere...qualcosa che dallo stomaco si contorce scendendo verso il basso.
Piccoli ansimi escono dalla mia bocca, piccole sensazioni crescono.
Le sue dita continuano a muoversi sempre più veloci ed io lo seguo con il bacino e credo che possa sentire come mi sta facendo a sentire in questo momento.
Ansimo sempre più forte, cerco di stringere la mia carne attorno alle sue dita ed allora è lui che ansima portando il capo all'indietro.
Scoppio nelle sue dita, esplodo senza riuscire più a respirare.
<Oh dio...>, sussurro posando la fronte su quella del ragazzo che continua a infilare le dita nel mio corpo sempre più lentamente fino a fermarsi al di fuori.
L'aria fredda torna a sbattere contro la mia pelle quando la sua mano torna fuori dalle mutande ed entrambi iniziamo a respirare normalmente.
<Ho detto ai miei che ci siamo lasciati>, mormora con affanno tirandosi su con il busto. Ancora ferma sulle sue gambe chiudo la cerniera e il bottone dei pantaloni.
<Dì loro che ci stiamo riprovando>.

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