Capitolo 1

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Maggy
<Mi raccomando, non fare sciocchezze>, continua a dirmi mia mamma prima di salire sull'auto e andare all'aeroporto militare.
<Mamma stai tranquilla, mi conosci>, rispondo mettendo lo zaino sui sedili posteriori.
<Appunto perché ti conosco che ti sto avvertendo>, replica lei dandomi un abbraccio.
La stringo a me e sento che sta piangendo. Le do un bacio e salgo in auto, pronta per mettermi in gioco.
Metto la cintura di sicurezza e metto le cuffie per ascoltare un po' di musica. L'aeroporto dista venti minuti da casa mia e li sfrutterò tutti per riposare ancora un po'.

<Maggy, siamo ancora in tempo per voltarci se non ti senti pronta>, dice mio padre quando ci troviamo di fronte l'aereo che ci porterà a destinazione.
<Papà, sono sicura>, rispondo salendo le scale ed entrando dentro.
Scelgo un posto vicino al finestrino e mi siedo guardando il cielo che oggi ha davvero un bell'aspetto: nessuna nuvola, solo sole.
<Possiamo partire colonnello?>, domanda un uomo che presumo sia il pilota.
<Si, siamo pronti>, risponde lanciandomi un ultimo sguardo.
Adesso non si può più tornare indietro.
L'aereo non è grandissimo, ci saranno all'incirca una ventina di posti ed è di un verde scuro sia all'esterno che all'interno.
Guardo mio padre e lo vedo rilassato, non so quante volte abbia preso questo aereo ma so che sono davvero tante. Guardo la sua divisa formata da una giacca mimetica su sui sono appese qualche stellina e da dei pantaloni neri. Ho sempre amato quelle divise e spero che ne venga data qualcuna anche a me.
<Pensierosa?>, domanda l'uomo che mi sta di fianco.
<Un po'>, rispondo voltandomi nuovamente verso di lui.
<Ripensamenti?>, domanda ridendo.
<No, sono sicura di voler fare questo. Pensavo solo quanto sarà difficile>, ammetto con un po' d'ansia.
<È difficile, lo ammetto, più di quanto racconti a volte>, continua lui stringendomi una mano.
<Ma non ti metterò in pericolo, non metto mai nessuno in pericolo. Nemmeno i miei uomini>, mi consola.
Mi fa piacere questa cosa che si comporti da padre anche con altri ragazzi, mi piace che ha questo senso di protezione con altre persone. Mi fa capire quanto cuore abbia, anche se a volte è molto severo; e so che nel suo lavoro lo è davvero tanto.
<Ah e ricorda che lì dentro non sarò tuo padre, ma il colonnello>, mi avverte e so che dice sul serio.
<Va bene, colonnello>, dico prendendolo in giro.

Atterriamo dopo non so quante ore.
Le gambe sono ormai diventate una marmellata e il sedere..lasciamo stare dai.
Metto sulle spalle il mio zaino e mi affaccio dalla porta aperta dell'aereo.
Il paesaggio non è molto rassicurante, lo ammetto.
Un'infinità di terra e qualche albero qui e là.
Il cielo meno chiaro di quello americano, dovuto a delle piccole nuvole e le temperature più calde.
Guardo le persone armate alla fine delle scale dell'aereo e guardo le loro facce serie e il modo in cui guardano ovunque in continuazione. Vestite con divise mimetiche e scarponi neri.
<Signorina White>, mi chiama mio padre o dovrei dire il colonnello ormai sceso.
Ah, adesso non siamo più padre e figlia.
Scendo le scale velocemente e lo raggiungo.
Guardo negli occhi quei ragazzi che avranno pochi più anni di me e vedo come con accuratezza ci scortano fino alla Jeep che ci porterà alla base. Metto nel cofano la mia piccola valigia grigia e mio padre fa lo stesso.
<Colonnello spero che il viaggio sia andato bene>, dice un ragazzo alla sua destra chiudendo lo sportello della Jeep.
Dal sedile posteriore metto anche io la cintura e guardo con attenzione il ragazzo che sta seduto al mio fianco. I capelli mori sono nascosti da un cappello e gli occhi, quelli non riesco a vederli.
Le spalle larghe e la schiena tesa, come se fosse in allerta.
Guardo la beretta, un tipo di fucile d'assalto automatico, che tiene in mano e guardo l'espressione seria e di circospezione che non lascia mai il territorio al di fuori della nostra Jeep.
<Si, William, è andato bene>, risponde mio padre chiamando per nome quel ragazzo.
Ha i capelli biondi e gli occhi verdi, una leggera barba posata sul viso e le labbra sottili.
<Come se l'è cavata il tenente senza di me?>, chiede il colonnello lanciando a volte qualche sguardo verso di me.
<Benissimo colonnello. La sua mancanza non si è affatto sentita>, risponde William ironizzando anche.
<Da oggi allora vi farò recuperare queste ore in cui vi sarete sicuramente rilassati>, replica mio padre sorridendo.
<Il tenente ci ha fatto allenare più del dovuto, ci ha stremati>, afferma il ragazzo ancora.
<Non avevo dubbi, è il migliore lui>, continua mio padre elogiando il tenente.
Guardo la strada al di fuori del finestrino che ha delle sbarre e non vedo altro che terra sterrata e alberi. Guardo la nube che la Jeep solleva al suo passaggio e poi incontro lo sguardo del ragazzo che mi sta di fianco.
Ha lasciato gli occhi dal territorio per un secondo e poi li riporta lì, come se fosse attirato da qualcosa.
<Colonnello, crede che questa ragazza sia pronta per vivere qui?>, domanda il ragazzo guardandomi di nuovo.
<Credo che sia pronta, è mia figlia ed è determinata>, risponde mio padre guardandomi dallo specchietto.
Sorrido e poi giro lo sguardo verso il ragazzo sconosciuto.
<Un'altra infermiera ci serviva, i controlli devono essere all'ordine del giorno>, continua William.
<Speriamo che non abbia paura e che scappi via>, replica il moro in tono quasi stizzito.
<Non scapperà Noah, sa quello che fa>, mi difende mio padre.
<Non scapperò>, dico facendo un finto sorriso al ragazzo di cui adesso so il nome. Noah.
Gli occhi chiari sono davvero grandi e seri.
Mi sorride e si gira dall'altra parte.
Il viso è ben delineato, il naso è delicato ed ha qualche lentiggine chiarissima sugli zigomi.
Penso che non sia così duro come vuol far credere.

Un pezzo di noiWhere stories live. Discover now