Capitolo 93

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Emma
Cammino per il piccolo cortile dell'ospedale godendomi il sole caldo che non ho visto per parecchi giorni.
Porto le mani dietro la schiena e mi decido a tornare, non perché sia stanca ma semplicemente perché mio padre sarebbe dovuto passare verso quest'ora e mi dispiacerebbe se non mi trovasse in camera.

È inutile dire che le ultime ore sono passate nel pensare e nel tentativo di ricordare o semplicemente di cercare di fare mente locale, soprattutto cercare di ricordare che tipo di persona sia Connor e mi vergogno quando penso a cosa è successo nella doccia.
Vorrei solo poter aver la mente chiara, senza questi buchi neri che non mi permettono di vivere tranquillamente.
Se avessi dimenticato cose davvero importanti?
Magari nel tentativo di riprovarci abbiamo parlato di cose serie, magari abbiamo parlato del suo passato o del mio, magari mi ha raccontato della sua infanzia ed io adesso non mi ricordo nulla.

Saluto con un cenno della mano l'infermiera che viene a trovarmi quando ha dei momenti vuoti, è molto carina anche se penso che sia sprecata in questo posto. Mi ha raccontato che avrebbe voluto essere una cardiologa, ma che i genitori le hanno tagliato tutti i fondi solo perché ha avuto un breve momento di smarrimento nella droga. È durato solo un mese, ma le è costato il futuro e se ne pente ogni giorno, ogni ora...ma secondo lei, essere infermiera le dà la possibilità di avere più contatto con le persone.

Apro la porta della stanza e rimango ferma sulla porta quando Connor scatta dalla sedia in piedi come se avesse ricevuto una scossa e mi guarda sorpreso.
<Ciao>, mormora tornando a sedersi sulla sedia che spesso è occupata da mio padre.
La felpa gialla mette in risalto i suoi muscoli, mette in risalto la sua carnagione un po' scura ed i miei occhi non possono non abbassarsi verso le sue mani e stringo le gambe tra di loro immaginandole proprio lì, dove la pelle è più sensibile.
<Ciao>, dico chiudendo la porta e dirigendomi verso il letto che si abbassa di poco quando mi ci siedo sopra.
È chiaro che la situazione è strana per entrambi, io non so cosa dire e credo che sia lo stesso per lui.
<Sei qui da tanto?>, chiedo portandomi le gambe verso il petto e le abbraccio con le braccia.
<Cinque minuti>, risponde tenendo tra le mani le chiavi della macchina che continuano a produrre un suono che mette fine ai silenzi imbarazzanti che si creano senza volerlo.
<Non sapevo che saresti venuto, sarei rimasta in camera>, mormoro dondolandomi un po' e giuro che non so perché ho voglia di stargli accanto.
Guarda verso la finestra e poi ritorna con gli occhi nei miei e mi sembra che siano lucidi, mi sembra che una patina trasparente li contorni.
<Ricordi qualcosa?>, mi chiede ed io mi rattristo quando sono dovuta a scuotere la testa e a vedere nei suoi occhi la delusione del momento.
<Blue mi ha detto che non saresti venuto oggi>, affermo ricordando le sue parole.
<Non sarei voluto venire, non...>, dice ma poi si blocca quando mi avvicino a lui sedendomi sulle ginocchia.
Mi guarda come se non mi conoscesse, ed in realtà sono io che non conosco lui.
Sono io che dovrei cercare di capire, ed invece mi ritrovo a dovergli fare capire che sono sempre la ragazza di prima solo con qualche ricordo in meno.
<So che noi due stavamo insieme, più o meno, so che ci stavamo riprovando, so che forse le cose sono cambiate, ma io l'ho visto nei tuoi occhi>, spiego mentre lui si alza e mi lascia qui impalata camminando verso la finestra.
<Non ti ricordi, non sai...non sai davvero quello che è successo, non sai come ti sentivi e non sai cosa senti adesso...non sai del nostro primo bacio, non sai come ci siamo conosciuti, non sai delle notti che non riuscivo a dormire, non sai niente di quello che ci siamo detti>, ribatte sbattendomi in pieno viso tutta quella che è la verità ed i miei pensieri diventano parole sue.
<Non è colpa mia, vorrei...vorrei davvero poter ricordare, vorrei davvero dirti del nostro primo bacio, o di quando ti ho versato il caffè addosso...e vorrei davvero ricordare ogni singola cosa di te, vorrei anche poterti dire che non è un problema...e per me non lo è, ma so che per te non è una cosa comprensibile...e mi sembra di sapere già tutto, e mi sembra di voler sapere di nuovo tutto>, replico con la voce che inizia ad inclinarsi e sento gli occhi che bruciano e lo vedo avanzare verso di me con il sopracciglia accigliate.
Si ferma dall'altra parte del letto, all'angolo opposto dal mio e porto le mani verso il petto non riuscendo a capire la sua espressione o quella che sarà la sua prossima mossa.
<Hai detto...hai detto una cosa>, mugugna incredulo e adesso sono io che vorrei capire di cosa parli.
<Marine ti ha detto come ci siamo conosciuti?>, domanda sedendosi sul letto ed io lo guardo strana. Come siamo passati da quel discorso di rabbia e delusione a questo?
Come siamo passati dall'esternare quelli che sono i problemi a questa domanda?
<Alla base, credo>, rispondo un po' interdetta.
<L'hai detto prima, forse anche senza accorgertene>, continua pizzicando tra le mani il lenzuolo sotto di lui che prende le pieghe delle sue mani.
Socchiudo le labbra e sbarro gli occhi alle sue parole.
Ricorda.
Ricorda cosa hai detto prima.
Avanti.
<Adesso ti stai sforzando di ricordare, vero?>, chiede con un piccolo sorriso sul viso ed io annuisco con le labbra serrate non sapendo cosa dire o cosa fare.
<Mi hai versato del caffè addosso>, afferma ed io guardo verso il basso chiudendo gli occhi come a voler mettere a fuoco le sue parole con i fatti che sono accaduti.

Un pezzo di noiWhere stories live. Discover now