Capitolo 70

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Connor
<Non c'era bisogno che venissi>, mormoro guardando mio padre che si siede vicino a me nell'ufficio del comandante.
<So che non ti piace avermi qui ma mi ha chiamato Richard>, spiega aspettando che la persona in questione entri nella stanza e mi spieghi cosa sta effettivamente accadendo.
<Quindi la mamma sa tutto>, affermo poggiando le braccia sulle ginocchia sporgendomi un po' in avanti.
<Si, ma non è preoccupata quanto gli anni passati...sa che te la sai cavare benissimo>, continua posando una mano sulla mia spalla.
<Sono contento che tu sia qui, davvero>, sussurro guardandolo.
Gli anni sono passati anche per lui, le emozioni di questo posto lo hanno segnato parecchio. La piccola cicatrice sotto l'occhio sinistro è un chiaro ricordo di un'esplosione che lo ha colpito quasi in pieno.
La fortuna è sempre stata un po' dalla sua, e di questo ne sono felice.
Ricordo i primi giorni di adozione, faceva avanti e dietro dal lavoro; mi faceva sempre promettere di comportarmi bene, di non essere un bambino capriccioso, di aiutare mia sorella e di fare tutto quello che diceva la mamma. Tutte queste raccomandazioni non mi andavano a genio a quattro anni, ma facevamo un patto: io mi comportavo bene e lui doveva tornare sempre.
E così accadeva.
Tornava sempre, forse con qualche graffio, qualche acciacco, un braccio rotto...ma tornava, finché non ha deciso di dedicarsi a noi completamente dopo qualche mese.
Finché ha deciso di far parte dell'esercito ma in modo più indiretto.
Quando lo guardo vedo un uomo che ha fatto della propria vita una vittoria, un uomo che ha fatto sì che tutti i propri sogni si avverassero, un uomo che alle spalle non ha nessun tipo di rimpianto, un uomo che ha lottato e che non si è mai arreso.
Vedo una persona da stimare.
E quel giorno, quella mattina...la fortuna era dalla mia.

<Sono felice che tu sia venuto, Thomas>, afferma il comandante entrando nella stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.
<Sai che se devo dare una mano non mi tiro mai indietro>, risponde l'uomo che mi è accanto posando le mani sui braccioli della sedia.
<Allora...ieri sono stato informato che Trex ha in mente un colpo più forte delle volte precedenti>, inizia prendendo da un angolo della stanza una mappa del posto.
La apre e la posa sulla scrivania.
<Pare che voglia attaccare un centro ospedaliero a qualche chilometro da qui, vuole fare una strage senza precedenti>, continua indicando con l'indice il luogo dove dovrebbe accadere il tutto.
<Perché allora non siamo andati a cercarlo?>, domando passandomi una mano sul mento alzando gli occhi sul comandante.
<Potrebbe avere infiltrati ovunque, e non possiamo fidarci di nessuno>, risponde lui facendomi riflettere.
<Sappiamo dove si trova in questo momento? Gli spostamenti che sta facendo o quelli che farà?>, chiede mio padre alzandosi per osservare meglio la cartina.
I suoi occhi si muovono su tutto il foglio e mi fa strano vederlo al lavoro.
<Questo centro non è molto distante da qui, mandiamo degli infiltrati>, afferma infilando le mani nelle tasche dei pantaloni blu.
<Sarebbe troppo rischioso Thomas>, mormora il comandante pensieroso.
<Potremmo anche mettere delle guardie qui, tra gli alberi e aspettare il momento giusto per attaccare>, propongo indicando gli alberi che si trovano dietro il centro e che potrebbero davvero aiutarci.
<Penso che lui ci metterà la faccia quando accadrà il tutto>, continuo guardando i due uomini che si lanciano una breve occhiata.
<Potrebbero scoprirci in brevissimo tempo, potrebbero far saltare noi per aria...meglio un infiltrato>, replica Richard ed io scuoto il capo.
<Se dovesse andare male, non voglio che un mio uomo sia morto per nulla o che muoia semplicemente>, replico passandomi una mano tra i capelli.
<Manderemo una recluta>, continua poi facendomi corrugare le sopracciglia.
<Cosa? Non se ne parla...col cazzo che mandiamo una recluta>, dico alzando un po' la voce.
<Connor>, mi riprende mio padre.
<Papà quelle reclute sono arrivate da poco, non le mando in quel posto>, affermo iniziando ad innervosirmi.
<Questa notte, andiamo a sorvegliare l'area...se vuole fare una strage, dobbiamo prenderlo sul tempo, dobbiamo anticiparlo...rimaniamo lì giorno e notte, prima o poi dovrà arrivare>, mormoro guardando fuori dalla finestra le reclute che stanno correndo attorno alla base.
<Non dobbiamo fallire>, afferma il comandante.
<Non falliremo>, rispondo deciso.
Questa volta lo prenderemo, non scapperà ancora, non la farà franca per sempre.
Voglio che muoia dietro le sbarre, che paghi per tutto il male che ha fatto, voglio che tutte le morti da lui causate gli tornino in mente e lo tormentino.
<Connor...>, mugugna mio padre alle mie spalle.
<So che per te è ancora più difficile questa missione, e voglio che tu s...>, continua.
Mi volto e gli poso una mano sulla spalla interrompendolo.
<Papà, sto bene...voglio solo che quell'uomo marcisca in prigione>, concludo andando via per dedicarmi all'allenamento delle reclute.

Un pezzo di noiWhere stories live. Discover now