Capitolo 80

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Emma
<Non preoccuparti, ok?>, mi dice mio padre mentre Connor carica la piccola valigia che ho preparato in macchina.
<Divertiti e stai attenta>, continua posando le mani sulle mie spalle. Socchiudo le labbra e lo guardo con gli occhi sorpresi, con gli occhi strani, lo guardo con gli occhi di chi sta scoprendo una nuova persona.
<Papà mi dirai mai che succede?>, domando allontanandomi dal suo tocco e non perché mi dia fastidio ma semplicemente perché non ho mai amato le persone che mentono, non ho mai capito il senso di nascondere delle cose. Anche se con un buon fine.
<Pensa a divertirti adesso, passa questo piccolo weekend con Connor e quando torni parleremo>, risponde lanciando uno sguardo al ragazzo posato alla sua macchina che mi aspetta.
Annuisco e quando poso lo sguardo sulla finestra della cucina, mi sembra quasi di aver visto la mamma andare via...cosa avrei dovuto aspettarmi da lei? Non ha fatto altro che far sentire Connor non degno di potermi stare accanto, mi ha di nuovo messo alle strette con altre persone e come se non bastasse, mi ha anche detto che non presentandomi all'appuntamento con lei le avrei fatto fare una bruttissima figura e che non me l'avrebbe mai perdonato. Alla fine, con lei, non ho poi molto da perdere.

<Ciao allora>, mormoro facendo qualche passo indietro stando attenta a non inciampare però.
<Ciao>, dice l'uomo soltanto alzando la mano in segno di saluto.
<Stai attento>, avverte poi Connor che annuisce e si prepara per entrare in macchina.

Quando mi siedo in macchina, mi sento subito a disagio. Chiudo lo sportello e vedo con la coda dell'occhio, il ragazzo girare la chiave nella fessura per mettere in moto sentendo subito il rumore del motore avviarsi.
Mi giro un po' verso destra per afferrare la cintura, ma quando provo a tirarla ciò non avviene. È come se fosse incastrata.
<Dai...>, sussurro continuando a tirare con più forza.
<Hai bisogno di aiuto?>, chiede Connor con tono divertito.
<No>, rispondo continuando a litigare con questa cintura che proprio non ne vuole sapere di scorrere e proteggermi.
<Lascia fare a me>, dice il ragazzo posando la mano destra sul bordo del mio sedile mentre con il busto si sporge completamente verso di me tanto da farmi schiacciare contro il sedile. I suoi occhi sono puntati sulla cintura, mentre la sua mano la afferra e sfiora la mia ancora ancorata al tessuto. Il suo viso completamente vicino al mio, mi fa notare piccoli particolari che ancora non avevo notato.
<Fatto>, mormora con un piccolo sorriso che io catturo subito con gli occhi.
<Grazie>, sussurro data la vicinanza.
Lascia la cintura nelle mie mani e poi si volta di poco così da ritrovarci faccia a faccia; i suoi occhi saettano dai miei alle labbra ed io lo imito. Sento che il mio viso si sta colorando di rosso e punto lo sguardo verso destra, così da non perdermi ancora nelle sue pozze.
<Possiamo partire>, afferma sfiorandomi con la mano sinistra la gamba.

Ritorna al proprio posto e sospira a fondo, mentre ingrana la prima e partiamo.

Dopo un'ora di viaggio passata in silenzio, con la radio spenta e con solo il rumore delle ruote sotto di noi, il telefono del ragazzo di fianco a me che ho cercato di osservare senza farmi notare, squilla.
<Puoi per favore vedere chi è?>, mi chiede indicando con lo sguardo il cruscotto dove è posato l'oggetto che vibra anche.
<Eh...si>, balbetto quasi intimorita dal tono della sua voce che sembra duro adesso.

Il nome sullo schermo è sconosciuto, il numero non è salvato in rubrica.
<È un numero>, lo informo continuando a tenere in telefono in mano e arriccio il naso.
<Rispondi e metti il viva voce per favore>, dice portando una mano sul cambio per avanzare di marcia e accelerare.
<Pronto>, mormora a voce più alta per farsi sentire.
<Connor sono Clarissa>, risponde la voce femminile dall'altra parte della linea.
Il ragazzo a sentire la voce della ragazza alza gli occhi al cielo e sbuffa passandosi una mano tra i capelli quasi a tirarseli.
<Non ci parlo con te>, ribatte subito Connor con voce fredda e distaccata.
Da quando siamo partiti non so cosa gli sia preso, ha cambiato totalmente umore e spero davvero che non sia per quello che ha detto mia madre altrimenti mi sentirei totalmente in colpa.
<Possiamo vederci solo per cinque minuti, devo dirti delle cose>, cerca di dire la ragazza che parla tranquillamente.
<Non ho tempo e non voglio>, mugugna senza pensarci nemmeno due volte.
<Non sai nemmeno cosa devo dirti>, continua Clarissa insistendo più del dovuto.
<Perché non voglio sentirle le tue cose, non ho voglia di sentirti parlare e tantomeno cercare scuse>, replica battendo una mano sul volante frustato.
<Connor...siamo stati insieme per mesi>, dice la ragazza facendomi aggrottare le sopracciglia e storcere il naso.
<Ciao, si scusa se mi intrometto...>, dico con voce ferma e tranquilla.
Connor si volta subito verso di me e mi osserva in modo strano, scuotendo un po' il capo come se volesse capire cosa ho intenzione di fare.
<Mi pare che Connor non voglia parlarti e tantomeno sentirti...se prima vi sentivate adesso non è così>, continuo guardando il timer sulla chiamata che continua ad aumentare.
<E tu chi sei?>, mi domanda la ragazza con voce stridula come se si sentisse attaccata.
<Emma, la sua fidanzata>, rispondo sicura sentendomi in imbarazzo adesso per averlo detto ad alta voce.
So che questa bugia ci metterà entrambi nei casini, soprattutto con la mia famiglia...ma se posso aiutarlo nell'allontanare ancora questa ragazza, lo faccio.
Clarissa termina la telefonata senza dire più nulla e Connor scoppia a ridere quando vede che alzo le spalle e poso il telefono di nuovo sul cruscotto.
<Credo che adesso non chiamerà più>, afferma ridendo ancora e mi piace vederlo così e non con il viso imbronciato come prima.
<Scusa>, mormoro guardando fuori il finestrino la strada che continua a scorrere.
<Hai fatto bene invece>, dice subito sfiorando con le dita il mio maglione nero quasi come se cercasse un piccolo contatto.
<Comunque a proposito di questa finta relazione, ho scritto ieri sera qualche regola da rispettare>, continua estraendo dalla giacca in pelle che indossa un pezzo di carta accartocciato su se stesso.
<Sono solo tre regole, ma fondamentali>, mormora porgendomelo.
Lo prendo senza permettere che le nostre dita si tocchino e lo apro velocemente curiosa di sapere quali regole ha scritto.
<Regole sul fidanzamento...>, sussurro leggendo il titolo al centro del foglio in alto.
La scrittura è molto ordinata e pulita, diversa da quella confusa di ogni ragazzo.
<Regola numero uno: essere sicuri di sé e del proprio fidanzato>, continuo a leggere con un piccolo sorriso che mi nasce sul volto.
<Regola numero due: non dubitare mai del proprio fidanzato>, sussurro sorprendendomi del fatto che queste sono regole più rivolte a me stessa che ad entrambi. Quasi come se da questa piccola bugia voglia farmi capire cose che ancora non riesco a comprendere.
<Terza regola: fare in modo che tutti non dubitino del fidanzamento>, concludo posando il foglio sulle mie gambe e mi giro a guardare il ragazzo alla mia sinistra che ha lo sguardo sulla strada e non la lascia nemmeno quando si sente osservato e un sorriso minuscolo gli sfiora le labbra.
<Pensi che potrai rispettarle?>, chiede portando la mano sul cambio.
<Penso che potrò riuscirci>, rispondo un po' incerta.
Non sono mai stata brava a mentire, l'unica bugia che ho sempre raccontato è quella di rispondere "sto bene" alla domanda "come stai?", il che non è nulla in confronto a questa.
Mettere in scena un fidanzamento vorrebbe dire anche stare sempre vicini, abbracciarsi, dormire insieme, condividere praticamente tutto ed io non so se queste cose potrò farle.
<Hai una penna?>, domando poi portando una ciocca dietro i capelli.
<Guarda nel cruscotto>, dice e così faccio.

Poso il figlio sul vetro del finestrino e scrivo la mia regola, quella per me fondamentale.
<Cosa scrivi?>, mormora tirandomi una ciocca di capelli.
<Smettila, mi fai sbagliare>, ribatto cercando di allontanare la sua mano dai miei capelli.
La mia mano schiaffeggia la sua e lui la afferra per tenermi ferma e buona.
<Fatto>, affermo tornando con la schiena sullo schienale.
<Leggi>, mugugna sbadigliando.
<Quarta regola: sono vietati i baci o qualsiasi avvicinamento>, dico osservando la sua espressione non scomporsi minimamente.
Si morde le labbra e fa schioccare la lingua sul palato.
<L'ho anche sottolineato e scritto in grande>, continuo prima che possa fare qualche battuta scatenando così la sua risata.
<Va bene, va bene...cercherò di rispettarla>, si difende subito alzando una mano come per arrendersi.
<Devi farlo, ok? Io ho accettato ma tu devi farlo>, lo avverto seria adesso.
<Ho detto che va bene, non ti preoccupare>, ripete voltandosi un secondo nella mia direzione mentre io vengo distratta dal mio telefono che squilla nella borsa.

<I tuoi genitori hanno chiamato la polizia per rapimento>, scherza Connor facendomi sorridere.
<È Marine>, affermo accettando subito la chiamata senza aspettare.
<Quando me l'avresti detto?>, chiede subito urlando tanto che devo allontanare un po' il telefono dall'orecchio.
<Detto cosa?>, domando giocando con un filo del pantalone bucato sul ginocchio.
<Che ti sei fidanzata con Connor>, risponde facendomi quasi affogare con la mia stessa saliva.
<Che succede?>, mormora proprio il ragazzo in questione a bassa voce.
<Oh mio dio, siete insieme?>, chiede ancora Marine scioccata.
<Eh...si, è qui>, rispondo facendo capire al ragazzo che anche lei sa di questa faccenda.
Corruga le sopracciglia ed io metto il viva voce così che possa capire lui stesso.
<Avresti dovuto dirmelo che hai una cotta per lui>, ripete facendomi arrossire tanto da non riuscire a mantenere lo sguardo del sergente che invece sembra abbastanza tranquillo.
<Eh...in realtà noi non...>, cerco di dire ma la mano di Connor sul mio polso mi fa bloccare le parole.
<Ricorda la terza regola>, mi sussurra sperando che Marine non abbia sentito.
<In realtà noi non volevamo che alla base si sapesse>, dico a Marine allontanando la sua mano dal mio polso.
<Si, lo capisco...i tuoi come l'hanno presa?>, mi chiede poi sapendo la situazione in casa.
<Mamma non bene, mentre papà sembrava felice...non so, questa cosa mi puzza>, dico guardando fuori il finestrino.
<Forse tuo padre ha capito che non può cambiarti o manipolarti>, mi spiega e forse ha ragione.
Forse c'è ancora una piccola speranza.
<Mh...>, mugugno chiudendo gli occhi.
<Hanno smesso di preparare cene per farti accoppiare con qualcuno?>, domanda ridendo anche se sa che questa cosa a me ha sempre fatto sentire male. Ma so che lo dice in tono scherzoso per non farmelo pesare più di tanto.
<Non si sono ancora arresi>, sbuffo perdendomi nel rumore delle ruote sull'asfalto.
<Ci sentiamo più tardi, ok?>, le dico volendo porre fine a questo piccolo argomento.
<Va bene, un bacio pesce>, afferma urlando di nuovo facendomi sorridere.
<Un bacio>, mormoro chiudendo la chiamata.
<Perché a lei mandi i baci e al tuo fidanzato vieti anche un abbraccio?>, chiede Connor pizzicandomi la coscia.
<Non è la stessa cosa e noi non stiamo davvero insieme>, ribatto allontanando la sua mano.
<Ma ci siamo già abbracciati diverse volte>, precisa accelerando ancora superando una macchina davanti.
<Sono concessi solo gli abbracci>, concludo sentendo una piccola risata uscire dalle sue labbra.
<Buonanotte>, mormoro voltandomi completamente dalla parte opposta alla sua.
<Vuoi abbassare un po' il sedile?>, domanda accendendo la radio che fino ad ora era spenta.
<Si, grazie>, rispondo sentendo lo schienale abbassarsi ed io con lui.
<Buonanotte Emma>, mormora mentre chiudo gli occhi e sorrido.

Un pezzo di noiWhere stories live. Discover now