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«Hai sentito?», chiedo tendendo l'orecchio per captare i rumori provenienti dalla foresta apparentemente silenziosa.
Un altro scricchiolio in lontananza ma molto più intenso fa balzare Kay in piedi.
«Sarà un animale?»
Non risponde. Sembra sul punto di scattare, proprio come un animale pericoloso che ha appena fiutato il sangue scorrere nella giugulare della sua preda. Così concentrato e teso da spaventarmi. Soprattutto quando sentendo un forte rumore di pietre che ruzzolano da qualche parte, prendendo il telefono digita brevemente qualcosa sullo schermo infilandolo nella tasca posteriore.
Guardandosi intorno annusa l'aria voltandosi dapprima da una parte e poi dall'altra.
Non appena sentiamo delle risate seguite da voci concitate che rimbombano, serra così tanto la mascella da farmi percepire il rumore delle ossa che scricchiolano e dei denti che sfregano tra loro.
Finalmente mi guarda abbassandosi sulle ginocchia posizionandosi all'altezza del mio viso. «Devo controllare una cosa. Puoi rimanere qui un momento, magari senza fare rumore o farti notare?», chiede sempre più distratto.
Che cosa sta succedendo? Perché sta reagendo in questo modo?
Potrebbero essere dei ragazzi. Magari questa è una meta per le coppie, rifletto solo ora con un po' di disappunto. Ma io e Kay non siamo...
Un momento, lui mi ha trascinata qui e aveva già progettato tutto. Perché lo ha fatto se questo posto rappresenta per lui un pezzo del suo passato, del suo dolore?
Mi sembra di avere invaso il suo territorio. Inoltre mi trovo confusa dal mio comportamento e lo fermo stringendo la presa sul suo braccio. «Vengo con te», dico d'impulso. «Non voglio rimanere qui da sola», aggiungo pur non volendo apparire spaventata. Ma la verità è che lo sono. Sono allarmata da questo momento così carico di tensione.
Quando tutto sembra andare bene succede sempre qualcosa di brutto. Ormai dovrei avere fatto l'abitudine a questo genere di cose ma non è così.
Addosso mi sale una fortissima ansia. Lo fisso dritto negli occhi per convincerlo quando sembra sul punto di rifiutare la mia richiesta silenziosa di seguirlo anziché restare qui da sola. Il pensiero mi fa rabbrividire.
Solitamente starei anche bene da sola. Ho sempre cercato la tranquillità, la calma in quei luoghi solitari da cartolina, ma in questo paese non è possibile. Lo sto imparando a mie spese, purtroppo.
Senza rispondere, spegne il fuoco buttandoci il terreno fino a quasi coprirne le tracce ed io appallottolo il plaid dentro lo zaino dopo avere messo al sicuro il cofanetto di legno. Carico in spalla lo zaino ma Kay me lo toglie per non rallentarmi.
Sento che abbiamo poco tempo a nostra disposizione anche se ancora non ho capito il perché.
Tenendomi per mano mi tira con sé e ci addentriamo nel boschetto fitto attraversando gli arbusti, i rami bassi, i tronchi caduti, cercando di fare il minimo rumore.
Kay continua a controllare in ogni direzione alla ricerca di un segnale, di qualcuno nelle vicinanze ad interromperci.
«È sabato mattina...», inizio a sentire sete. «Che cosa succede di solito da queste parti?»
Mi stringe la mano seguendo una mappa mentale con una sicurezza che mette i brividi.
«E... dove siamo diretti esattamente? C'è un rifugio o un posto come quello...», smetto di parlare quando ci fermiamo.
Guarda dapprima a destra poi a sinistra e sentendo l'ennesimo rumore simile ad una piccola valanga di pietra che scivola, scegliamo il sentiero circondato da un muretto basso di pietre.
«Quanta eloquenza», esclamo con sarcasmo alzando gli occhi sui rami ad intrecciarsi tra loro e qualche goccia a cadermi addosso accarezzando freddamente la mia pelle, i miei vestiti.
In mezzo a questi alberi l'aria sembra diversa. Oltre ai tipici odori del bosco, mi raggiunge anche la fragranza di Kay. Le mie narici sono intorpidite e non riesco a percepire nient'altro.
«Te lo dirò a momenti! Tra poco ci arriveremo e lo saprai. Adesso, puoi fare un po' di silenzio per favore? Sto cercando di sentire meglio quello che succede e se i miei dubbi sono infondati», sbotta più che irritato stringendo la presa sulla mia mano per farmi capire di tacere.
Mordo la lingua impedendo a me stessa di replicare mandandolo poco gentilmente al diavolo.
È così teso da trasmettere la sua sensazione praticamente ovunque. È come se una nuvola di negatività aleggiasse sulla sua testa.
Potrebbe accadere di tutto. Forse ci imbatteremo in un animale intrappolato che sta passando gli ultimi istanti in agonia, oppure ci troveremo la strada sbarrata da qualcuno e lui non vuole farsi vedere con me. Potrebbe anche cercare un pretesto per attaccare briga, non posso non metterlo in conto.
Dal modo in cui cammina a passo spedito e a spalle tese con un'attenzione oltre i limiti, capisco di non doverlo disturbare.
Non devo, nonostante stia provando una punta di delusione per la reazione che ha avuto nei miei confronti e avrei voglia di punzecchiarlo di proposito per distrarlo. Ma capisco il momento di apparente pericolo anche se non comprendo la ragione del suo atteggiamento così distaccato quando solo un attimo fa era preso e pronto a saltarmi addosso.
Questo mi fa capire che le cose belle durano davvero poco e bisogna sempre tenerle strette perché svaniscono in un soffio, in un battito di ciglia, in una manciata di secondi.
Bisogna vivere tutto, le cose, le persone. Bisogna trarre il meglio senza mai fermarsi a pensare ai se o ai ma. Bisogna cogliere il fiore quando è nel pieno della sua bellezza, prima che esso sfiorisca per ritornare a vivere in primavera.
«Sei proprio irritante a volte, lo sai? Sento i tuoi pensieri da qua», ringhia fermandosi, voltandosi e senza avvisarmi dei suoi piani mi spinge contro una delle enormi cortecce.
L'impatto non è dei migliori, soprattutto per la sua espressione contrariata e distante.
Sembra essere tornato il ragazzo sulla moto, del cinema, sul palco, con quella ragazza.
Trattengo il fiato stringendo il pugno in vita tentando di non rivivere quegli istanti che hanno provocato una rottura, uno strappo doloroso dentro di me facendomi sentire persa, delusa e sola.
«Stammi bene a sentire: questo non è un gioco! Devi ancora conoscere come funzionano le cose in questo posto», lecca il labbro inferiore guardandomi dritto negli occhi, senza mai distrarsi. «Ricordi quando ti ho detto che oggi non ci sarebbe stato nessuno? Non ti sei chiesta il perché?»
Annuisco provando ad aprire la bocca ma lui è più veloce e ancora una volta preferisco implodere anziché fare scappare qualche animale o chi stiamo cercando per le urla che al contrario mi piacerebbe tanto lasciare uscire e che sono impigliate nella gola a stringere in una morsa abbastanza dolorosa e bruciante.
«Bene! Ti spiegherò dopo tutto quanto e risponderò ad ogni tua domanda se avrai bisogno di delucidazioni. Ma adesso... adesso smettila di essere arrabbiata con me come una bambina di cinque anni, smettila di tenermi il broncio o di farmi i dispetti e senza protestare o serbare rancore pensando ai modi di farmela pagare: seguimi!»
Incrocio le braccia per quanto mi sia possibile farlo guardandolo con astio. «Non ti sei neanche accorto di come mi stai trattando. Non ti senti? Sta proprio uscendo il peggio di te!», dico distogliendo lo sguardo per privarlo di una certezza.
Perché lo so che cerca sempre un contatto diretto per arrivare a me usando questo metodo, ma so anch'io come tagliare ogni comunicazione con lui facendolo sentire fuori dalla mia vita. Cosa che a quanto pare gli dà un certo fastidio.
Sospira staccandosi. Stringendomi di nuovo la mano, sistemandosi lo zaino in spalla, proseguiamo senza dire niente, avvolti dai rumori della foresta.
Dei topi ci tagliano la strada rincorrendosi prima che un volatile li avvisti planando su uno di essi afferrandolo con le zampe, trascinandolo nel suo nido.
Kay sbuffa risentito. Voltandosi dopo essersi fermato facendomi rischiare di finirgli addosso, mi stringe entrambe le mani sul viso attirandomi al suo per un bacio pieno di forza e trasporto che fa irrigidire entrambi quando i nostri corpi si avvicinano così tanto da scaricarsi reciprocamente brividi e pelle d'oca ai limiti del normale, visto che sento rizzarsi anche i capelli che ho sulla testa.
Mugolo e lui ansima staccandosi di pochi millimetri tenendomi ferma. «Smettila!», sibila allontanandosi di un passo spezzando la tensione e il breve momento così incredibile, carico di adrenalina.
Mi piacerebbe sorridere ma sono stordita e a stento le mie gambe riescono a seguirlo.
Ad un certo punto del percorso, superato un ramo basso che scosta lasciandomi passare, sorride aumentando il passo.
Si sentono delle voci e sembra avere un attimo di sollievo quando ci ritroviamo davanti una radura.
Un momento...
Io conosco questo posto. Era buio quando ci sono stata per la prima volta. Ero qui a quella festa, quando tutto ha avuto inizio.
Mi guardo intorno come una turista per averne conferma. Mi sembra tutto diverso eppure ricordo il falò dove adesso c'è solo una piattaforma pronta, e le tende in quei buchi del bosco, tra gli alberi.
Accanto alla piattaforma circolare di pietra c'è Shannon accompagnato da due dei suoi amici: Lenny e Dexter si presentano. Sono due energumeni rasati che potrebbero fare benissimo le guardie o i buttafuori. Cerchi alle orecchie e al naso, tatuaggi ovunque, non lasciano spazio al colore della loro pelle. Ne hanno persino sul viso e mi stanno guardando come se avessero davanti l'apparizione di un alieno o di qualcosa di divino.
Rallento dietro Kay che, non sembra minimamente preoccupato dalla prospettiva di essere preso in giro dai suoi amici, già sul punto di fargli qualche battuta, se non fosse per il suo sguardo che continua a mutare come il cielo coperto dalle nuvole sospinte dal vento.
«In compagnia oggi?», lo punzecchia Shannon con un sorrisetto perfido.
«L'hai tenuta ben nascosta, eh?», esclama Dexter.
«Sta zitto!», replica freddamente tirandomi avanti, come se fossi un sacco vuoto. La spinta è abbastanza forte da farmi barcollare. Per poco non mi ritrovo a terra ma riesco a mantenermi in equilibrio ripensando a quelle lezioni di danza in cui dopo le piroette vorticava tutto quanto se non fissavi bene un punto.
Mi volto spingendolo come a dirgli: "che diavolo fai e che cosa ti sta succedendo?"
Lui non mi degna di uno sguardo. Piuttosto si rivolge a Shannon. «Tienila d'occhio e non perderla un attimo di vista. Se ti dice che deve andare al bagno accompagnala. Ma non farla passeggiare da sola. Ha la straordinaria tendenza a cacciarsi nei guai. Io ho da fare. Noi tre andiamo a controllare», ordina freddamente lasciandomi in compagnia di Shannon che non sembra minimamente colpito dal suo atteggiamento, tantomeno dalle sue parole.
Mi avvicino allo zaino che ha lasciato con noncuranza sedendomi a terra incredula e, in parte anche un po' scossa oltre che arrabbiata con lui.
Mi ha trattato male davanti a loro. Chi si crede di essere?
«Quindi... avete fatto pace?»
Afferro un pezzo di corteccia giocando sul terreno creando il gioco del tris. Ho bisogno di distrarmi.
«Non direi, visto come mi ha appena trattata», brontolo più che nervosa mettendo una x sulla prima casella. «E dubito di volerlo rivedere ancora o averci a che fare. Si merita quello che gli ho fatto passare!», soffio dal naso.
Mi pento delle ultime parole ma non lo faccio notare.
Shannon si abbassa sulle ginocchia creando uno zero al centro delle caselle. Metto subito una x saltando una casella dalla prima che avevo già inserito e intuisce il mio gioco.
«Ti dà fastidio?»
«Mi fa infuriare essere trattata come una bambola. Odio sentirmi così... usata.»
Avvicina il viso trovandosi all'altezza del mio. «Sai perché si è comportato in quel modo con te?»
«Perché è un bastardo?»
Sorride. «No, anche se lo è ed è anche un coglione la maggior parte delle volte. Ma no, non te l'ho chiesto per questo. Vedi, Kay, nell'esatto istante in cui ha creduto che fossi in pericolo ha chiamato i rinforzi trascinandoti qui sentendosi in colpa. Non hai letto bene nei suoi occhi a quanto pare...»
Batto le palpebre. «Letto che cosa? Io ho solo visto che ha cambiato atteggiamento con me mentre due minuti fa...», arrossisco girando il viso. «Lascia stare.»
«È fatto così. Fa un gesto e se ne pente se le cose vanno male. Continua poi a darsi la colpa ogni giorno. Può apparire duro o freddo ai limiti ma...», mi solleva il mento per guardarlo. «Sappiamo entrambi che per te farebbe il possibile. Sono sicuro che troverà il modo di farsi perdonare.»
Scaccio la sua mano dal viso. Anche se è passato del tempo, non riesco ancora a lasciarmi sfiorare dalle persone. Be', tranne che da Kay. Lui mi tocca in un modo diverso e non con la delicatezza di quando si ha qualcosa per le mani di delicato o fragile ma come se avesse tra le mani qualcosa di prezioso.
Shannon se ne accorge ma lascia correre.
«Mi confonde. Fa qualcosa di bello e poi si tira indietro quasi scottato», sospiro esasperata.
Mi sorride annuendo. «Tipico di Kay!»
Per un momento piomba il silenzio tra di noi.
Rifletto sulle sue parole rendendomi conto che non solo ha ragione sul comportamento dell'amico ma io, non ho neanche lontanamente pensato a come deve essere frustrante per lui doversi trovare di continuo in pericolo a causa mia e dovere rimediare ai miei casini.
«Non sentirti in colpa», esclama mollandomi una leggera spallata.
«No, non mi sento in colpa ma a volte penso di non essere la persona giusta a ricevere attenzioni. Io sono un casino patologico.»
Shannon osserva intorno. «Le sue attenzioni?»
«Sai dov'è andato?», cambio argomento. Ci stavamo impantanando in una conversazione che non sarei riuscita a reggere ancora per molto.
Solleva il mio sguardo. «Non te lo dirò e non perché non mi fido di te. Ma tu hai davvero la tendenza a commettere delle cazzate e rischi di farti molto male.»
Alzo gli occhi al cielo. Non so sentirmi offesa. «Davvero? Tutta qua la tua brillante spiegazione? Sai che potrei benissimo alzarmi e andarmene. Non ho vincoli che mi vietino di vagare da sola qui in giro o di tornarmene a casa mandando a fanculo tutto quanto.»
Riprendo fiato dopo avere parlato abbastanza velocemente da mangiarmi le parole. «E non faccio parte di nessuno dei due gruppi di svitati che si contendono l'osso.»
Shannon emette un verso di negazione con la punta della lingua tra i denti. «Non rifilarmi questa scusa solo per cercare di cavarmi qualcosa dalla bocca. Con me non funziona. Sai benissimo che ti seguirò perché ho dato la mia parola a quel bastardo. Chi è che lo sente poi?»
Lancio il pezzo di legno che ho in mano. «E quanto pensi che ci vorrà prima che tornino?»
Guarda l'orologio.
Non so ben dire se la sua espressione sia appena cambiata ma so che nell'aria si sprigiona una forte tensione dovuta all'attesa.
«Se non tornano entro due minuti degli otto che hanno già avuto a disposizione, significa solo una cosa...», lascia a metà la frase suscitandomi curiosità e ansia.
«Ovvero?»
Si prende un attimo di pausa per farmi agitare dentro. «Guai in vista!», dice infine.
Ho un sussulto. Dentro di me nasce una inspiegabile sensazione di paura e per istinto mi abbraccio come se dovessi proteggermi da un nemico invisibile.
Deglutisco a fatica. «Che cosa sta succedendo esattamente?», indago.
Shannon passa il palmo della mano sul viso e rialzandosi pesca dalla tasca interna del giubbotto nero di pelle un pacchetto di sigarette accendendosene una.
Sembra ansioso, forse più di me. Non credo di averlo mai visto così prima. È come se la sua sicurezza adesso stesse vacillando.
Tira su con il naso a causa del freddo poi cammina avanti e indietro controllando da tutte le parti. Sblocca lo schermo del telefono stringendo le labbra in una smorfia.
«Adesso non lo so», risponde sincero ad una mia domanda inespressa buttando fuori una nuvola di fumo bianca che si disperde in alto, tra i rami degli alberi e la polvere che aleggia intorno.
È come ricevere un pugno allo stomaco. Spalanco gli occhi, drizzo la schiena e mi sollevo da terra pulendomi le mani dal terriccio. «Ok, adesso basta! Dimmi che diavolo succede o giuro che me ne vado», minaccio. Per fargli capire che sono seria gli do la dimostrazione che non sto scherzando. Anzi, non potrei essere più sveglia, vigile e seria di adesso.
Sento che le cose si stanno complicando più del dovuto e non riesco a capacitarmi di come tutto sia cambiato nell'arco di qualche ora.
La mano nerboruta di Shannon mi ferma nell'immediato stringendo forte la mia spalla, trattenendomi. «Frena l'istinto principessa. Ci vuole un po' più di tempo per perlustrare la zona. I miei dieci minuti erano simbolici», cerca di mitigare la mia reazione impulsiva.
Scrollo la sua mano dandogli le spalle, guardandomi intorno. «Spero che avrai ragione», brontolo camminando avanti e indietro.
Shannon si siede sulla piattaforma del falò. «Ci tieni a lui?»
«Come?»
«Al mio amico, ci tieni?»
Sono di spalle per cui non nota che sto sorridendo. «Tengo a quello che siamo. Con lui è come se non dovessi nascondermi. Non so se capisci quello che intendo», mi volto e lui si sta avvicinando.
Mi fermo a pochi passi. Adesso siamo faccia a faccia. «Non devi essere chi non sei... e ti piace perché ti accetta proprio per questo. Perché non ti ha mai chiesto di essere qualcun'altra», conclude il discorso al posto mio.
Saetto ovunque con gli occhi avendo la sensazione che mi stia solo facendo distrarre da qualcosa. «In linea di massima si», rispondo brevemente.
«Ma io ti ho chiesto se ci tieni a lui», torna all'attacco.
«Se te lo dico poi dovrò ucciderti perché so che correrai a sbandierarglielo e allora cadrò dal mio trono. Ovvero quello di "stronza frigida",»
Ride. «Terrò al sicuro il tuo segreto. E comunque noi ragazzi non parliamo di voi in questi termini», mi fa notare.
Ci rifletto un momento. «Certo, per voi siamo come carne da selezionare. Le alte, le basse, le nerd, le more, le rosse... vero?»
Gratta la guancia. «Diciamo che i nostri discorsi si limitano a qualche battuta sconcia, qualche risata e a qualche consiglio diretto.»
Corrugo la fronte. «Quindi... secondo il tuo ragionamento... che cosa hai consigliato di fare a Kay?»
Sorride. «Sei sveglia, molto. Più delle altre che cercano solo un puledro di cui farsi vanto. Tu sei invece quella che domina e a Kay ho solo dato un consiglio. Quindi per rispondere alla tua domanda inespressa, si, abbiamo parlato di te, ed eravamo a quattr'occhi quando lo abbiamo fatto e tu, eri incazzata con lui.»
Arrossisco portando una ciocca dietro l'orecchio. «E quale sarebbe questo consiglio?»
«Se te lo dico poi dovrò ucciderti perché avrò perso la mia nomina di "capobranco", non credi?»
Rido. «Ok, punto per te Shannon!»
Mi strizza l'occhio. «E comunque gli ho anche detto di non lasciarti scappare altrimenti ci avrei pensato io a te, visto che mi piaci.»
Non so se scappare e andarmi a rintanare altrove o se sorridere e fare finta di non essere in imbarazzo. Ultimamente mi succede spesso ed è frustrante. Non ho mai dovuto sentire determinate sensazioni, adesso invece sembra tutto un concentrato, un mix letale per i miei sensi in subbuglio.
I minuti diventano ore e ben presto mi sento nervosa ed inizio a preoccuparmi.
«Siamo qui da due ore. Dove diavolo sono?»
Shannon è alla sua quinta sigaretta. Adesso non nasconde la sua agitazione. «Kay sta bene», dice.
«Come fai ad esserne così sicuro?»
Mi fissa come per dirmi: "non è ovvio?". "No, non lo è per me", vorrei rispondere.
«Lo conosco. Può essere testardo, competitivo e folle ma sa anche essere razionale e sicuro di ciò che fa.»
Alzo gli occhi al cielo. «Sa anche essere stronzo a tenermi a debita distanza da quello che succede. Perché non mi spieghi che diavolo sta facendo? So che ti tengono informato.»
Shannon controlla ancora il telefono passando la lingua sui denti.
«Ok, ti spiego una delle tante cose che non sai. Questo territorio appartiene agli Scorpions da anni, se non da secoli. Siamo sempre esistiti. Tu e tutti gli altri quando mettete piede in questa riserva, vi trovate sulla nostra terra senza permesso. Kay oggi, ti ha portata al fiume», inizia pacato.
«Come fai a saperlo?»
«Perché noi ci diciamo tutto quando si tratta del territorio e di estranei che ci mettono piede. Per te abbiamo fatto un'eccezione. Ma il discorso non è questo, lasciami finire. A quanto pare dovevate essere soli, non erano previste visite o scampagnate per oggi. Avevate tutto a vostra disposizione, ma non è andata così. Qualcuno si è intrufolato per una ragione a noi sconosciuta e Kay ha pensato bene di avvisarci per un controllo. Per essere sicuri.»
«Quindi mi ha lasciato qui con te per ora a farmi da balia?», soffio dal naso scrollando la testa incredula. «Maturo da parte sua. Poteva anche lasciarmi a casa e poi tornare.»
«Non la metterei proprio in questi termini ma si, ti ha lasciato sotto la mia protezione per andare a controllare che non sia stato un animale o una delle solite frane improvvise dovute ad un albero caduto», gesticola.
«Non ci credi neanche tu...»
Concludo da sola la fine del suo ragionamento e senza aspettare, con il cuore che inizia a battermi all'impazzata come un cavallo che si impenna andando subito al galoppo dopo un tuono, in un attimo, sfuggo a Shannon inoltrandomi nel bosco.
Sta succedendo qualcosa in mezzo a questi alberi ed io devo scoprire che cosa. Quei rumori non erano dovuti a niente di ciò che ho pensato mentre ci dirigevano alla radura proprio come ha detto anche Shannon.
Mentalmente ricordo il percorso intrapreso ore prima per raggiungere il fiume dalla campagna del nonno di Kay, a quanto pare non molto lontana dalla riserva. Avanzo per una ventina di metri prima di svoltare a sinistra.
Sento i passi pesanti di Shannon che urla di fermarmi seguendomi.
Non mi volto per non distrarmi dal mio compito e riconoscendo un enorme masso al centro di uno spazio avvallato, aumento il passo sentendomi vicina alla meta.
«Erin, fermati!»
Trovo la lieve salita che si insinua a serpentina. Dopo qualche passo si sente il rumore dell'acqua del fiume sempre più vicino ed insieme ad esso delle voci che, in realtà sono urla di dolore e rabbia.
Mi guardo intorno più che affannata superando la collinetta alberata ritrovandomi in fondo allo spazio in cui ero con Kay qualche ora fa.
Le foglie qui sono di meno. Continuo ad avanzare imperterrita ma vengo afferrata, sollevata e trascinata indietro nonostante le mie proteste.
Una mano a tapparmi forte la bocca per non farmi urlare a pieni polmoni.
Provo di tutto: spinte, gomitate, testate, persino morsi, non mi lascia andare. Shannon mi tiene stretta al petto mentre mi dimeno chiedendogli con mugoli attutiti dalla sua mano di lasciarmi vedere da vicino quello che sta succedendo. Me lo impedisce stringendomi al petto. Il mento premuto sulla mia tempia.
Sento l'odore del suo dopobarba misto a quello della nicotina e della pelle del suo giubbotto nero.
Picchio il pugno con tutta la forza che ho ma non sembra neanche scalfirlo il mio gesto.
«Adesso stammi bene a sentire: calmati e ti lascerò libera», ringhia.
Mi dimeno ancora rabbiosa e il suo fiato si posa sull'orecchio. «Ti farò vedere che cosa succede ma non potrai avvicinarti. È troppo rischioso», sussurra tenendo il braccio fermo sul mio petto e le dita serrate sulla spalla con l'altra mano ancora sulla mia bocca.
Mi tira dietro un albero poi sbircia aspettando una mia risposta.
Posso rispettare le sue regole? Posso scendere a patti con lui anche se non ho intenzione di starmene con le mani in mano?
Shannon mi strattona richiamandomi all'ordine. «Allora, ci stai?»
Accantono la voglia di prenderlo a pugni annuendo, smettendo di dimenarmi.
Mi libera la bocca lasciandomi respirare.
Voltandomi lo trucido con gli occhi. «Sei un vero idiota! Sei proprio come lui! Dio, vi hanno stampato in formato copia conforme?», gli urlo addosso agitata nel tentativo di riprendere fiato. Gli mollo anche un colpo al petto non riuscendo a farlo smuovere di un passo.
Shannon sta guardando alle mie spalle e allora mi volto anch'io, lo faccio lentamente, non aspettandomi lontanamente la scena che mi si para davanti: un orrore senza fine.
Deglutisco a fatica. L'istinto mi dice di andarmene. La ragione frena, chiede di prendere un respiro seppur breve e di non essere codarda.
Ecco perché non tornavano. Ecco perché ho aspettato così tanto. E se non fossi scappata?
A pochi metri dal punto in cui siamo nascosti, un vero e proprio regolamento di conti tra Scorpions e King.
Da una parte Kay, dall'altra Mason. Gli altri quattro si leccano le ferite continuando ad offendersi e a sbraitarsi contro pur continuando a colpirsi affaticati.
Da quando stanno così?
Kay incombe su Mason pestandolo, urlandogli addosso. Quest'ultimo invece reagisce colpo su colpo stuzzicandolo.
Non sembra pensare ai problemi con la giustizia, tantomeno a quello che ha fatto. Al contrario, appare piuttosto deciso a riprendersi il suo trono battendo uno dei suoi più vecchi nemici.
Tra Kay e Mason, sin dall'infanzia, si è come instaurato un clima di tensione dovuto a molteplici fattori.
Li rivedo al parco impegnati a sfidarsi, in giardino a lottare, nella casa sull'albero ad offendersi quando Mason invadeva il suo spazio e poi ancora ai compleanni a farsi i dispetti più disparati. Li rivedo con i loro sguardi freddi a distanza di anni, l'uno davanti all'altro.
La rabbia mi esplode nel petto. Comprendo però di non avere alcun potere. Non posso fare niente. Non posso intromettermi nel loro conflitto, nel loro spazio di guerra.
Posso solo guardare da lontano e sentirmi in colpa per qualcosa che non ho fatto ma che ho sempre vissuto.
I maschi in qualche modo hanno questa strana tendenza, hanno fiuto per queste cose. Quando un elemento è dannoso per il loro gruppo perché potrebbe superarlo, passano all'attacco.
Kay e Mason sono da sempre competitivi ai limiti del sopportabile. Non hanno mai smesso di gareggiare silenziosamente per qualcosa e adesso invece sembrano sul punto di ammazzarsi e prevalere sull'altro.
Una vera e propria sfida all'ultimo sangue, senza esclusione di colpi, senza aiuto.
Shannon mi permette di avvicinarci di qualche metro pur rimanendo dietro gli alberi, inosservati.
So in realtà perché lo sta facendo e non è di certo per me ma per Kay, per tenerlo d'occhio. È lui a conoscerlo più di me. Con lui che si comporta come un fratello maggiore.
I suoi occhi infatti sono dritti su di lui. Ad ogni mossa da parte dell'amico, sembra esaminarlo e avere l'istinto di aiutarlo. Se ne sta a braccia conserte a contenersi, un cipiglio nello sguardo, la durezza nei lineamenti.
«Dimmi perché sei qui», lo interroga.
Mason si lascia colpire sorridendo come un clown. «Ammettilo fenomeno, lo stai solo facendo per quella bella stronza che continui a seguire come un cane!», lo provoca ricambiando il colpo mandando Kay a terra.
Sussulto. Shannon mette un braccio in avanti per fermarmi quando faccio un passo avanti.
«Dimmi, come ci si sente a non essere mai considerato da lei?»
Kay blocca i suoi pugni facendolo fremere e schiumare di rabbia. «Non devi neanche nominarla, lurido bastardo!»
Mason non si lascia scalfire dalle parole rimanendo con quel ghigno di proposito perché sa come fare innervosire Kay.
«Sai... è stato proprio bello gettarla a terra con un colpo secco e poi pestarla, vederla mentre annaspava e cercava di non piangere. Ho provato puro piacere nel vederla piegata...»
Indietreggio. La mia mente si appanna e per pochi istanti tutto si fa buio. Barcollo.
Sento Shannon trattenere il fiato alle mie spalle e poi fare un passo avanti per reggermi in piedi quando le gambe non trattengono più il mio peso.
Sono lontana. In breve ripiombo a quegli attimi così vividi nella memoria da farmi stare male.
Annaspo in cerca d'aria scivolando a terra priva di peso, la mano sulla gola che si stringe come se qualcuno ci avesse attorcigliato un filo e stesse stringendo impedendomi di prendere fiato.
La mia mente improvvisamente è quel posto pieno di ricordi che si sfumano all'ombra di un sorriso nascosto, di un gesto inaspettato, di uno sguardo, di un colpo che fa male a tal punto da non riuscire a respirare.
«L'ho colpita e l'ho vista in ginocchio. L'ho vista spaventata...»
Rivedo lui incombere su di me. Risento le sue parole e ogni singolo colpo.
Shannon posa una mano sulla mia schiena facendomi irrigidire. Mi aggrappo alle sue spalle sotto un violento attacco di panico.
«Erin, non è il momento. Riprendi il controllo!», ringhia minaccioso picchiettandomi una mano sulla guancia. «Riprendi il controllo!», mi scuote.
Non riuscendo ad aiutarmi, intuendo che sono altrove, guarda i due poi esce allo scoperto, corre verso il fiume a raccogliere un po' d'acqua fredda passandomela sul viso in una lenta carezza. «Respira, sei qui. Non sei lì. Calmati!»
Mi fa vedere come riprendermi respirando lentamente e a poco a poco l'aria torna nei miei polmoni e la gola viene liberata dalla morsa.
«Brava, così...»
Come fa a sapere come calmarmi senza inalatore?
«È colpa sua! È sempre stata colpa sua! Da piccola era lei a creare scompiglio perché tutti volevano entrare nel suo mondo, giocarci almeno un paio di minuti. Facevamo la fila come idioti mentre lei accontentava chiunque e veniva vista come un angelo. Ma io e te sappiamo che non lo è mai stata. Sappiamo che era Harper quella ad avere più importanza di lei, a reggere il gioco. Da quando è piombata in questo posto, tutto è tornato come prima. Ma sai benissimo il perché...», Mason ride. «Tutti vogliono solo portarsela a letto. È un bel bocconcino, più di ogni altra. Sarebbe proprio divertente se tu... lo permettessi. Ma non si può, l'hai sempre voluta per te, non è così?»
Kay a queste parole diventa sordo, cieco e sembra senza più controllo.
Lenny e Dexter si rialzano lasciando gli altri due al tappeto guardandosi complici.
Mason si guarda indietro intuendo di essere rimasto solo ma non si dà per vinto.
Kay sputa a terra passandosi il braccio sulla fronte piena di macchie di sangue che spero vivamente non sia suo. Non accenna però a volere smettere, a fermarsi anzi, sembra sul punto di far esplodere tutta la sua furia su Mason, ignaro dei suoi pensieri ma pronto a continuare a stuzzicare il cane con l'osso in bocca.
«Perché ti scaldi tanto?», lecca le labbra piene di sangue. «Te la sei già portata a letto? Hai già scopato con lei e adesso pensi che ti darà la priorità? Svegliati, quelle come lei non lo faranno mai. Mettilo bene in testa stupido illuso!»
Kay lo colpisce con un forte pugno facendogli volare un dente è un fiotto abbastanza consistente di sangue dalla bocca.
Mason adesso ha smesso di pavoneggiarsi, urla di dolore accasciandosi al suolo con la mano a tapparsi la bocca.
«Ti rovinerò!»
Kay stringe i pugni avanzando verso di lui come uno scorpione pronto a pungere. «Le hai dato un pugno così forte», lo colpisce come lui ha fatto su di me piantandogli una ginocchiata all'addome e in contemporanea mentre Mason è piegato, una gomitata sulla schiena. «Le hai tolto il respiro...», digrigna i denti. «Hai cercato di sfogare su di lei la tua rabbia, quella che senti, la sensazione che provi per ogni tuo fallimento ma ha vinto su di te. Sanno tutti che è riuscita a metterti al tappeto con una sola mossa. Ti sei fatto mettere K.O. da una ragazza e non lo sopporti. Non sopporti di essere visto come lo zimbello di Oakville. Non sopporti che lei ti abbia visto per quello che sei veramente: un verme e ti abbia respinto», sputa fuori Kay privo di voce ma in grado di trasmettermi dentro una forte inquietudine.
Non pensavo che si potesse tenere addosso una così grande rabbia. Con tutto quel risentimento, rischia di distruggersi.
Piega la testa di lato. «Adesso ti farò provare tutto il dolore che le hai provocato in questi anni», detto ciò in un basso ringhio, come una bestia feroce, lo scaglia a terra con una pedata e continua facendolo strisciare, girare e contorcere tra le pietre che gli tagliano la pelle mentre le foglie secche si schiacciano rimanendo impregnate di sangue.
«E quando ne avrai abbastanza o quando ne avrò abbastanza, mi spiegherai che cosa ci fai qua alla riserva dal momento che non hai alcuna autorizzazione.»
Gli lascia il tempo di riprendere fiato. Mason prova a colpire, a difendersi ma Kay ha appena perso il controllo e nessuno dei presenti intende fermarlo.
Domani si spargerà la voce, tutti ne parleranno in giro e lui, lui passerà come la bestia feroce che ha colpito alle spalle Mason senza motivazione. Avranno paura di Kay, si terranno alla larga da lui, lo additeranno. Passerà dei guai perché Mason non verrà mai punito per avere messo piede di proposito sulla terra degli Scorpions. Non crederanno mai a questa versione.
Sotto shock, incapace di muovere un muscolo, sento Shannon alle mie spalle fremere, agitarsi sul posto e poi allontanarsi.
Mi lascia appoggiata all'albero ben nascosta dalla corteccia piena di muschio e resina, ancora senza fiato per l'attacco di panico e per la scena che continuo a guardare strizzando gli occhi ad ogni urlo o frase.
Shannon supera Kay che non sembra neanche vederlo, avanzando deciso, a passo sicuro verso Mason.
Non vuole fermarlo, vuole aiutarlo a farlo a pezzi, intende usarlo per mandare un messaggio ai King, alla famiglia. Una sorta di "noi non dimentichiamo, noi puniamo" ma inciso sulla pelle.
Perché Mason a quanto pare ha molto di cui farsi perdonare. Non è stato solo quello che ha fatto a me. Dietro c'è qualcosa a parte un odio profondo.
Ma questo avrà delle ripercussioni. Domani sarò ancora sulla bocca di tutti. Vedranno questo gesto come un pretesto per accusarmi di essermi vendicata chiedendo aiuto agli Scorpions. Ma io non ho mai cercato vendetta, e di possibilità ne ho avute negli ultimi giorni. Si verrà a sapere che ero io in realtà sulla moto con uno di loro la sera della festa e che gli Scorpions mi aiutano pur non facendo parte del loro gruppo. Che sono la loro protetta. Anche se ormai credo si sappia già.
«Avete controllato i telefoni?», chiede ai due che stanno tenendo a bada gli altri ancora svenuti.
«Fatelo!», ordina quando questi negano.
Mason ha il tempo di alzarsi da terra. Traballa mostrando i denti imbrattati di sangue. «Guarda guarda, il fratello maggiore del fenomeno è appena arrivato», ride poco prima di sputargli in faccia. «Dove sei stato? A trastullarti?»
Shannon passa la mano sul viso. Le narici gli si dilatano come quelle di un toro alla vista del torero.
«Non mi dire che la piccola puttana ve la dividete... quando siete patetici.»
Shannon non si trattiene oltre e con uno scatto impressionante fa urlare Mason quando lo stringe afferrandolo per la gola, sollevandolo di qualche centimetro da terra. «Te lo chiederò una sola volta, lurido bastardo... per quale ragione sei venuto qui?»
Ride. Mason in risposta ride come uno dei cattivi dei film dell'orrore facendomi accapponare la pelle. È pronto a colpire ma Lenny che ha frugato nelle sue tasche e in quelle degli altri due a terra controllando i telefoni, gli lancia un fischio correndo da lui, mostrandogli quello che ha trovato su uno dei telefoni e sta indicando qualcosa con sguardo vitreo prima che Kay prenda il telefono strappandolo dalle sue mani.
Mason sgrana gli occhi poi sembra indemoniato, divertito dalla cosa lo stuzzica maggiormente. «È stato divertente seguirvi e vedervi...»
Kay stringe il telefono prima di lasciarlo cadere a terra. «Tu... hai osato seguirmi per scattarmi delle foto?»
«A cosa vi servivano, rispondi!», interviene Shannon mettendo una mano in avanti per fermare l'amico sul punto di scattare.
«Ci servivano le prove concrete per il nostro sindaco», lecca le labbra. «La questione del graffito non ha funzionato. Così... abbiamo applicato il secondo piano.»
Shannon lo guarda male mentre Dexter raccoglie il telefono indietreggiando.
Sanno tutti e quattro cosa fare contro i tre. Ognuno di loro ha un ruolo.
Lo lascia andare facendogli credere che sia libero, gli permette di respirare poi, non appena Mason apre la bocca, Shannon lo colpisce ordinando silenziosamente qualcosa agli altri.
«Adesso ti mandiamo noi un bel segnale.»
Mason si rialza e animato para e restituisce ogni colpo.
Sembrano instancabili.
«Sarà bello domani far conoscere a tutti la tresca amorosa tra di voi e quella stronza. Sarete sulla bocca di tutti perché a Mason Tarner crede chiunque», ghigna. «Sapranno che il fenomeno sempre arrabbiato con il mondo, ha una cotta per una putt...»
Kay emette un ringhio prolungato schiacciando Mason al suolo quando Shannon si fa da parte.
Lo riempie di pugni così forti da ucciderlo.
«Sta zitto!»
«Sapranno che gli Scorpions sono pericolosi.»
Solo adesso le mie gambe decidono di smettere di tremare e i miei piedi, si muovono nella sua direzione per fermarlo.
«Kay, NO!», urlo di qualche ottava.
Shannon lo tira indietro prima ancora che Mason possa colpirlo con un coltellino sfilato dalla tasca interna della giacca che cade a pochi passi da loro.
Mi fermo tappandomi la bocca vedendo la scena a rallentatore dei due che fissano l'oggetto poco prima di avventarsi su questo per appropriarsene e avere un vantaggio.
Era questo il piano di Mason? Farsi pestare e poi fare del male a Kay?
Lascio sfuggire un verso stridulo mentre lottano e alla fine Kay impugna l'arma e Mason si volta verso di me.
I suoi occhi fiammeggiano. «Tu...», carica e urlando prova ad avvicinarsi.
Io indietreggio.
«Sei una stronza! Non ti è bastato quello che ti ho fatto?»
Shannon gli sbarra la strada sbattendolo a terra. «Tenetelo fermo!», ordina ai due.
Usando un altro coltello gli taglia con un gesto secco la maglietta sotto la giacca color senape.
«Adesso ci divertiamo...», ringhia sollevando il labbro.
Sono senza fiato e mi ritrovo a terra.
A turno lo prendono a pugni senza mai fermarsi. Seguono una sequenza diversa per non permettere a Mason di parare o prevedere i colpi. Quest'ultimo ben presto inizia a frignare pur continuando a stuzzicarli.
Non demorde. Non smette un momento di offenderci uno ad uno.
Shannon smette indietreggiando con il fiato corto. Guarda l'amico con il coltello in mano. La lama manda bagliori sotto un cielo pieno di sfumature rosse e arancioni che si mescolano tra le nuvole rosa. Il lieve venticello muove le foglie sparpagliando quelle al suolo.
Mason, un solo occhio aperto, la faccia piena di sangue e la maglietta in brandelli con il petto colpito dai pugni, si rende conto di quello che vogliono fargli. Si agita come un coniglio intrappolato e sul punto di mordersi la coda pur di scappare dal lupo.
«No...», inizia ad urlare e a dimenarsi.
«Vuoi farlo tu?», domanda Shannon a Kay con sguardo solenne. «Vuoi dare tu l'ultimo colpo, il segno a questo bastardo?»
Il segno? Che cosa significa?
Ricevo come una scarica sulla schiena. Mi abbraccio vedendo Kay stringere l'impugnatura del coltello con una forza in grado di gonfiargli le vene della mano, del braccio.
Quella sul suo collo pulsa visibilmente.
«No, no, no...», sussurro agitata.
Non posso lasciarglielo fare. Non posso permettergli che si macchi di un simile crimine. Domani tutti lo additeranno, lo scanseranno...
Senza riflettere mentre avanza davanti a me verso Mason tenuto fermo, corro a più non posso tirandolo indietro con le mani sul suo petto scosso dall'affanno.
Il contatto assesta una sferzata di brividi ad entrambi. Lascia cadere il coltello come se lo avessi appena colpito.
Strizzo le palpebre quando sento un colpo secco alle mie spalle. Il rumore di un pugno che rompe un osso.
«Non vedo che è solo il suo gioco? Non farlo!», gli sussurro agitata e sul punto di avere una crisi di nervi.
«Non fatelo!», alzo il tono. «Domani tutti sapranno e uscirà solo il tuo nome. Lo sai. Qualunque cosa sia, non è necessario. Ha capito... e...»
Shannon raccoglie l'arma rigirandola tra le dita. «È la regola. Le regole si rispettano», dice freddamente. «Inoltre ti hanno toccata. Avevo fatto una promessa e intendo mantenerla partendo proprio da lui. Poi, passerò alla sua ragazza...»
Mason si dimena come un animale. «No, no... non fatelo!»
Kay freme ma i suoi occhi adesso sono puntati su di me. Prova a dire qualcosa, per non dargliene modo gli salto addosso stringendomi a lui.
«Si, ascoltala! Ho capito...», piagnucola Mason. «Non dirò niente! Non ne farò parola. Inventerò che sono caduto ma non farlo. Non toccare Harper.»
Shannon non sembra dello stesso parere. «Conosciamo chi sei. Stai solo fingendo. Lei è una ragazza nuova in questo ambiente. Imparerà a vedere le cose da un'altra prospettiva mentre tu e la tua ragazza...», gli si avvicina.
Mason si agita respirando velocemente ma Lenny e Dexter lo tengono fermo per le braccia in modo tale da non farlo muovere e da farlo soffrire maggiormente.
«Siete solo dei patetici stronzi che credono di impartire lezioni marchiando la gente. Siete animali!», sputa fuori. «La pagherete per questo!»
Shannon gira lievemente la testa. «Non farglielo vedere!», ordina a Kay.
«Non... guardare», mi dice a fatica intuendo che Kay è ancora altrove pur tenendomi stretta tra le sue forti braccia.
«Per favore no...», tremo. La testa mi gira e sono costretta a chiudere le palpebre per un momento.
«Non avere paura, Erin!», continua Shannon con gli occhi iniettati di sangue. «Il bestiame si marchia a fuoco, noi Scorpions marchiamo questi porci con le loro stesse armi quando ci fanno incazzare e provano a farci fuori. Non avere compassione per lui e non preoccuparti per noi, domani sapranno tutti che non parliamo a vuoto.»
«Perché tremi?»
Alzo il viso. «Ho paura», ammetto. «Sto avendo paura per te, non di te.»
Mi rivolgo a Shannon. «Portatelo lontano e non... non fatemi assistere», parlo afona.
Annuisce silenziosamente. «Portiamolo di là insieme agli altri due», ordina Shannon.
«Non permetterlo. Ti prego...», stringo la presa e Kay ha un breve momento di lucidità. Nonostante l'evidente affanno, batte le palpebre mettendomi davvero a fuoco.
«Erin... non... non posso...»
Le urla di Mason si levano alte intorno facendo volare gli uccelli. Segue un lungo silenzio e poi ancora un urlo straziante.
Kay mi nasconde affondando il viso tra i miei capelli. Me li accarezza.
«Voglio andarmene», piagnucolo atterrita.
«Sssh!»
Provo a staccarmi da lui quando si sente la voce di quell'idiota che ha ancora il coraggio di sputare fango su chiunque.
Vengo bloccata. Sento il suo fremito e i suoi muscoli rigidi. È pronto a raggiungerli quando Mason osa minacciarmi.
«Dammi un solo motivo per non raggiungerlo e completare il lavoro degli Scorpions. Dammene uno per non ammazzarlo, adesso!»
«Io. Io non ti basto come motivo?», alzo il tono che esce stridulo.
I suoi occhi freddi intercettano agganciandosi ai miei più che smarriti e carichi di paura, tristezza, delusione, odio. Dilata le narici e con la mano aperta sulla sua guancia lo avvicino al mio viso.
Stringe le braccia intorno alla mia schiena con maggiore forza strofinando la punta del naso sul mio.
Ansima lievemente. «No, non è sufficiente», sibila.
«Ah no?»
«Dillo! Dillo se non vuoi che mi allontani da te e lo faccia fuori! Dillo se non vuoi che finisca!»
Il cuore mi batte nel petto come il ruggito di un leone che chiede di essere rispettato. So a cosa si sta riferendo con l'ultima frase.
«Non è vero che ti odio», sussurro continuando a tremare.
«E...?»
Deglutisco. «Non è vero che non mi piaci», continuo.
Chiude gli occhi tenendo fermo il mio viso. «Dillo!»
Sussulto. «Reggerò il tuo gioco. Ti aiuterò e sarò la tua finta ragazza», lascio uscire d'un fiato.

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Come crepe sull'asfaltoWhere stories live. Discover now