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BRADLEY

Non ricordo di essermi mai addormentato tanto facilmente. Di solito ho sempre qualche difficoltà, soprattutto quando mi ritrovo con qualcuno e quel qualcuno mi fa sentire come se avessi una missione da compiere per raggiungere il suo cuore.
Qualcosa in questa quiete inizia a muoversi, ad agitarsi, a disturbare la tranquillità in questa stanza ampia che profuma tanto di fiori freschi e biscotti grazie alla candela posta sulla toeletta con lo specchio e lo sgabello usata anche come scrivania. Prima ho avuto modo di osservarmi intorno.
La stanza di Erin è semplice, niente di dettagliato. Un enorme letto con la testiera bianca imbottita, le coperte bianche e grigie e tanti cuscini, due comodini in legno bianco con delle sfumature, tocchi di colore grigio su cui sono state appoggiate due lampade. In uno vi sono dei libri e una candela. Nell'altro il suo telefono, una scatola di fazzoletti, una bottiglia d'acqua. Il pavimento, a differenza di tutta la casa è imbottito e morbido. Utile, visto che cammina a piedi scalzi tutto il tempo.
Al centro della stanza un tappeto con i cuscini e la coperta che ha sistemato per mangiare la pizza. Uno specchio alto con una cornice in legno sottile, una finestra con un divano incastrato sotto a fare da soglia e poi un quadro pieno di foto della sua famiglia e un armadio a parete. Sulla scrivania, boccette di smalti disposti per colore su uno stand trasparente, qualche palette di ombretti, dei pennelli, il suo portatile. Una libreria bassa di fianco su cui vi è un vaso ideato con una bottiglia di liquore con dentro dei girasoli e sotto tantissimi volumi che variano dai thriller ai romanzi rosa.
I miei occhi si aprono, catturano l'immagine di una ragazza che sta avendo un incubo. Impiego più del necessario per rendermi conto che sta lottando contro qualcosa che vede e sente solo lei.
"Ness", il gatto incazzato, lancia un soffio stiracchiandosi. Apre la bocca come un leone, balza giù dal letto andandosi a sedere sui cuscini rimasti a terra dopo avere annusato il cartone della pizza.
«No», sibila dolorante, Erin. «Ti prego, no...»
Accendo la luce per non metterle paura qualora dovesse svegliarsi e tenendola ancora tra le mie braccia provo a farla calmare. Non so se sono in grado ma so che devo accantonare tutto per un momento e aiutarla, farla sentire a casa.
«Sssh, va tutto bene», le sussurro. «Sei al sicuro.»
«No, no...»
Si lamenta ancora. Il suo viso si contorce insieme al suo corpo. È come se provasse dolore. Un'espressione che non toglierò tanto facilmente dalla testa quando chiuderò gli occhi.
Me lo racconterà mai quello che ha passato? Dovrò sempre sentirmi minacciato da qualcosa o da qualcuno che potrebbe tornare da un momento all'altro portandomela via?
Mi si stringe il cuore per lei, vederla così atterrita da non riuscire ad andare avanti. So che ci sta provando. Ma sarà abbastanza?
«Erin», la chiamo piano. Devo svegliarla. Non sopporto tutto questo. So che non si dovrebbe fare ma lei deve capire che non è più in quel posto, che adesso ci sono io con lei, pronto a farla stare bene.
Lei merita un amore nuovo. Uno di quelli che le toglie il respiro ma allo stesso tempo la fa sentire al sicuro. Merita un amore che sia in grado di camminarle accanto, senza mai calpestarle la strada, senza mai farla inciampare sui suoi passi.
Merita un amore tanto dolce quanto lo è il paradiso pur vivendo in mezzo alle fiamme dell'inferno. Merita un amore forte e deciso. Un amore che sappia leggere i suoi sguardi, ascoltare i suoi silenzi, percepire i suoi cambiamenti. Merita un amore così intenso da spazzare via ogni giorno triste, pieno di lacrime, di pioggia che ha dovuto vivere. Merita di essere felice. Merita di non vivere più chiusa nella paura.
«Erin, svegliati», sussurro con cautela.
Spalanca gli occhi lasciando uscire forte il fiato. Nella stanza silenziosa rimbomba come un tuono. Il suo petto si alza e abbassa frenetico, come quando corri e non ti fermi neanche sentendo i polmoni bruciare perché vuoi solo scaricarti del tutto.
Le sfioro la fronte. Ha la pelle calda, troppo. Mi preparo ad una sua brusca reazione.
Batte le palpebre un paio di volte. Si tira sulla schiena portando le ginocchia al petto insieme alla coperta che spinge fin sopra il mento. Vaga con gli occhi intorno cercando di calmare il respiro. Si morde forte il labbro poi gira il viso imbarazzata.
Me ne sto ancora su un fianco, la mano a metà strada sul lenzuolo. Non so come reagirà se dovessi toccarla adesso per confortarla.
Passa la mano sulla testa, scende giù con entrambe massaggiandosi il collo.
Torna a guardarmi. Nei suoi occhi c'è qualcosa. L'ombra di un passato che continua a metterla a dura prova, a ferirla anche quando dorme.
Quello che mi ha detto sul portico ha un gran significato per me oltre ad un impatto forte ed emotivo. Ho creduto alle sue parole, alle mie orecchie erano sincere. Se poi ripenso a tutto quello che ho sentito prima, freno ogni istinto e la mia naturale calma va a farsi fottere.
Shannon è innamorato di lei ma c'è il fantasma di un altro tra loro. Qualcuno che l'ha fatta soffrire tanto e di cui porterà sempre i segni nel cuore nascondendoli dietro un sorriso.
Erin è una ragazza forte, meravigliosa. Ma lo sarà abbastanza da superare tutto e farsi davvero una vita?
Accorgendosi della mia reazione, si stende di nuovo avvicinandosi. Questo suo gesto mi dà l'input. Le circondo il ventre con il braccio e nasconde il viso sul mio petto.
Mi manca l'aria quando la sua guancia si posa sul mio cuore. Ascolta i miei battiti in aumento. Di più, sempre di più.
Nessuno dei due riesce a parlare. E ciò che non riusciamo a dirci, lo sussurriamo con i gesti.
La sua mano risale sulla mia spalla poi si sposta delicata sul collo fino alla nuca. Con una leggera pressione mi fa abbassare il viso.
Ha lo sguardo triste ma è decisa, sa cosa vuole. E non sarò di certo io a fermarla.
Ci incontriamo a metà strada. Le sfioro il viso. La punta del naso tocca la sua e schiude le labbra. La mia mano si posa sul suo fianco, sulla pelle nuda.
Non sussulta. Non si ritrae. Gioca con le mie labbra lasciandomi scivolare su di lei. Le sollevo le ginocchia abbassandomi sul suo collo. «Stai meglio?», mimo senza voce annusando la sua pelle.
Non le chiedo di raccontarmi quello che ha sognato. Lo farà quando si sentirà pronta, ne sono certo. Sono certo che mi racconterà tutto.
Mi afferra il viso indirizzandolo verso il suo. «Si», sussurra coperta dai brividi.
Noto però che è ancora un po' rigida ma questa sua reazione fisica mi fa sorridere. Mi fermo sulle sue labbra, a distanza di un bacio che rifiuto quando prova a darmene uno. Chiude gli occhi e indispettita, sporgendosi di nuovo, preme la bocca sulla mia facendomi capire quello che vuole. Lo voglio anch'io, ma so di doverci andare piano al momento. Un movimento, una frase sbagliata e tutto potrebbe distruggersi. Non mi sto impegnando per perderla. Mi sto impegnando per il suo cuore coperto da cicatrici e di cerotti che voglio metterci sopra a suon di baci, di promesse. Voglio farla sorridere e sentire viva, spensierata.
La bacio senza fretta. Questo sembra farla fremere. Stringe le ginocchia sulla mia vita e mi sfugge un gemito. Lei mi tiene più vicino a sé e capisco. Mi stringo a lei offrendole il mio contatto, il mio calore che sembra tanto bruciarle la pelle.
Le mie mani hanno il permesso di toccare il suo corpo. Supero i fianchi, il seno coperto dalla coppa di pizzo di un tenue azzurro. Mordo il suo collo e ansima affannata. In risposta mi spinge via e intuendo che si sta sentendo in trappola, mi stendo trascinandola su di me.
Preme le dita sulle mie guance abbassandosi. Il suo corpo, minuto e freddo, sfrega sul mio come un fiammifero contro la carta vetrata. Mi incendia la pelle, mi appanna la mente.
Sento pulsarmi la pelle e anche qualche altra cosa che non so se riuscirò a nascondere per molto.
Ansimo. «Erin...», le faccio capire che non posso resistere ancora per molto.
Si rilassa su di me incrociando le braccia sul mio petto. «Bradley», sussurra.
Chiudo gli occhi agitandomi. Qualcosa si è svegliato ormai e se continuerà a guardarmi da sotto le lunghe ciglia, con quegli occhi chiari, accesi come la stella più bella dell'universo e quelle labbra morbide e gonfie tenute strette tra i denti, sarà la mia rovina. Per non parlare del fatto di come pronuncia il mio nome.
«Non muoverti», la prego.
Un movimento sbagliato e dirò addio al mio autocontrollo.
Sorride in modo dolce nascondendo una certa malizia. Appare insoddisfatta e indispettita dal mio ordine. «Sai che sono anni che nessuno mi tocca come stai facendo tu?»
Cazzo!
Avevo dimenticato questo dettaglio. Ma lei non può di certo pensare di farmi eccitare e poi fingere che niente sia successo. Non può provocarmi e aspettarsi che non ceda almeno un po'. Anche le rocce si sgretolano. Io non sono imbattibile.
«E quindi? Devo ritenermi fortunato?»
Guardo il tetto quando si muove impercettibile sul cavallo dei miei boxer ormai visibilmente gonfio. Lo faccio per non deconcentrami e per non tenerla ferma evitando movimenti improvvisi.
«Si, molto.»
«Sei convinta», esclamo.
Mi strizza un capezzolo. Mi scappa una risata e lei non molla la presa sorridendo sempre più divertita. «Quindi... non rovinarmi il momento», mette il finto broncio.
Porca puttana!
Nascondo il viso con un braccio. Inspiro ed espiro un paio di volte. «Ti do due secondi per stenderti qui accanto a me», sibilo fingendomi minaccioso picchiando il palmo sulla parte libera del letto.
Ride togliendomi il braccio dal viso, circondandomi con le sue esili braccia intorno al collo. Le sue labbra si posano sull'orecchio. «Uno... due...», conta di proposito sfregandosi su di me muovendo i fianchi in modo alquanto provocatorio e sensuale.
Mi sta mettendo alla prova. Ma come faccio a fermarmi adesso?
Con uno scatto misurato la lascio scivolare sotto il mio peso. Lei sorride contorcendosi mentre la guardo fisso negli occhi come uno squalo. «Ti avevo detto che prima o poi ti avrei preso a morsi?»
Ride tappandosi la bocca per non svegliare l'inquilino accanto, provando a fermarmi. «No, non lo faccio più», si agita. «Davvero!»
Nego. «Visto che sono anni che nessuno ti tocca, ne approfitto per lasciarti un morso qui...», sussurro sulla sua pelle baciandole sotto l'ombelico. Ha un piercing che tiro un po' con i denti. Lei continua a sorridere e a muoversi sotto il mio peso.
«Bradley, non lo faccio più», ride.
«Qui», risalgo lungo l'addome e lo sterno fermandomi sul bordo di una coppa. Inarco un sopracciglio e lei si blocca trattenendo il fiato. «No...», sussurra.
I miei denti tirando giù la coppa e le poso un bacio sul seno. Stringe le cosce.
Sorrido soddisfatto e continuo a lasciarle una scia di baci fino ad impossessarmi della sua bocca pronta e avida.
Dapprima prova a fermarmi poi si rilassa ricambiando con impeto e anch'io mi adagio al suo corpo prendendo tutto quello che mi sta offrendo.
So che si trattiene ma quello che mi sta facendo provare, non è lontanamente paragonabile a quello che ho vissuto nelle mie relazioni passate. Sempre che di relazione si possa parlare.
«Hai un profumo buonissimo», mugugno sempre più eccitato e accaldato.
«Anche tu. Che cos'è?», annusa la mia pelle dandomi il colpo di grazia quando mostra i denti guardandomi da sotto le ciglia come una bambina dispettosa.
Premo la fronte sulla sua clavicola. «Lo sai», replico liberandola, sistemandomi supino prima di tirarle sul mento la coperta per non avere altre distrazioni.
Ma sono soddisfatto. Non mi ha picchiato. Non ha avuto nessuna brutta reazione. Quindi lo voleva tanto quanto me.
Erin, è solo bloccata. Ha bisogno di una spinta per liberarsi. Ha bisogno di vivere qualcosa che sia in grado di alleviarle il tormento.
«Rimettiamoci a dormire.»
«Non andrò a lavoro. Possiamo continuare.»
Rifletto un momento ignorando la battuta. Sporgendomi recupero il mio telefono dai pantaloni facendole godere la visione del mio corpo che sembra tanto apprezzare. Ho notato mentre mangiava il primo trancio di pizza che non smetteva un istante di percorrere ogni linea sulla mia pelle.
Con un sorrisetto, digito un breve messaggio inviandolo a Stan. «Neanche io.»
Mi sorride. Ha ancora le guance rosse e i capelli in disordine ma è bella. Bella come la luna piena con accanto la sua stella. Bella come uno di quei tramonti che immortali per averne un ricordo.
«Hai detto di continuare, continuiamo», la provoco.
«Sai che dobbiamo badare al nostro bambino?»
«Nostro? Non mi sembra di averti messa incinta.»
Ride spingendomi. «Sai a cosa mi sto riferendo.»
Il pensiero di dovere sopportare quello stronzo non mi entusiasma e non lo nascondo, ma per lei farei di tutto.
Ho capito che ci tiene parecchio. Quei due sono legati. Inoltre Shannon l'ha salvata e per questo, forse, non lo ringrazierò abbastanza. Perché se lei è qui, è perché lui l'ha liberata da un pericolo.
Annuisce mettendosi a pancia in giù, mordendosi un'unghia. Non le mangia. Ha le mani curate e mi piace lo smalto scuro che porta. Spicca, in netto contrasto con gli indumenti che deve indossare a scuola. Quei costumi da principessa a coprirle la bellissima silhouette che possiede per natura.
La cosa che mi piace di più è la sua pelle. È così candida che basta un dito premuto troppo o la barba sfregata sopra ad arrossarla.
«Shannon sarà intrattabile», gonfia il petto al pensiero. «Ma dirà sempre quello che pensa, indipendentemente dall'essere ubriaco o meno.»
Inarco un sopracciglio. «Non lo è già intrattabile? Direi più fastidioso.»
Ride. «Non è cattivo, Bradley. È solo sincero e non ama chi mi fa del male. Mi ha protetta sin dal primo istante, come una sorella e non mi ha mai fatto sentire sbagliata.»
Storco il naso. «A me sembra solo geloso. E poi sorella? Ti guarda come se fossi la sua donna», ammetterlo mi fa ripensare al momento in cui lei ha iniziato a spogliarlo.
Erin, intercetta i miei occhi, i miei pensieri. Sto chiudendo un po' troppo la mano a pugno. Mi capisce all'istante. La cosa inizia a spaventarmi.
«Anche tu lo sei. Geloso intendo. A cosa pensi?»
Prendo la sua mano e stendendomi su un fianco la tengo sulle labbra baciandole una ad una le dita. «Mi ribolle il sangue se ripenso a come hai sbottonato la sua camicia e lui ti guardava. E non oso immaginare quando lo hai anche fatto con i pantaloni mentre lui ti stuzzicava.»
Si avvicina. «Ho spogliato anche te e se non ricordo male ti è piaciuto, tanto. Per non dire che ti sei eccitato. Un po' come prima. Ma sono nel mio letto, sono con te. Non con lui.»
Ridacchia quando le mordo l'indice. «Si, mi fai questo effetto. Mi sembra di non nasconderlo. Perché dovrei? Così sai che mi interessi anche sotto un altro punto di vista. Ma non pensare che io voglia solo quello.»
Corruga la fronte. «No, non lo penso. Perché nonostante ciò, percepisco che hai ancora qualcosa da dire?»
«Perché è così. Sarò sincero, non voglio dividerti, ma capisco che è tuo amico e avete un rapporto "speciale", tutto vostro. Non voglio assolutamente che ti allontani da lui perché ho visto quanto ci tieni ma... non sopporterò mai di vederti di nuovo con le mani sui suoi pettorali tatuati o... sulla patta dei suoi pantaloni mentre lui ti provoca rivangando il passato con lo sguardo di uno che vorrebbe sbatterti al muro e prenderti in ogni modo possibile. È una cosa che eviterei, per la sua sicurezza e per la mia sanità mentale. Odio immaginarti a letto con lui. E odio avere questi pensieri o una reazione sbagliata che potrebbe rovinare tutto. Mi conosco e so che non mi tratterrò un'altra volta.»
Le parole escono una dietro l'altra insieme, senza controllo. «Erin, mi racconti che cosa è successo veramente? Ho sentito e...»
Morde il labbro tirandosi a sedere con la schiena che le aderisce contro la testiera del letto. Liscia la coperta. «Vuoi che ti parli di quel giorno?»
Annuisco. «Solo se te la senti.»
«Shannon si è sposato quattro anni fa dopo un anno di fidanzamento. Glielo dicevamo tutti di non farlo. Lei... la sua ex moglie non era a posto con la testa. Sempre molto gelosa, altezzosa, falsa. Ad impatto a me sembrava, cosa che poi si è rivelata vera, solo una attaccata al denaro e alla fama del marito come dottore, piuttosto che legata ai veri e reali valori della famiglia. E la sua famiglia era all'antica quindi doveva sposarsi in un modo o in un altro prima di ogni cosa. Lui... non vedeva le sfumature. Non notava che lei lo usava. Così si è buttato. Non ha ascoltato nessuno e mi ha voluto come sua testimone di nozze.»
Inumidisce le labbra. «Tra me e lei non correva buon sangue. Mi conosceva ma era estremamente gelosa del rapporto che ho sempre avuto con Shannon e quando ci vedevamo per mangiare qualcosa e chiacchierare, trovava tutte le scuse per allarmarlo e farmi lasciare lì come una stupita. Capisci? Lo faceva correre da lei, a casa sua, dove si sentiva male per finta. Be', puoi anche capire il perché del suo comportamento», inizia quasi a disagio nella sua stessa pelle, gesticola guardando un punto fisso per tenersi legata al presente.
«Quel giorno è arrivato troppo in fretta. L'idea di partecipare a un matrimonio non mi allettava anzi, mi atterriva. Il fatto che fosse suo il matrimonio lo rendeva ancora più difficile per me. Sapevo che lo avrei perso, che ci saremmo incontrati di rado e che ci sarebbe stata lei ad opporsi. Ma sono rimasta al suo fianco per tutta la durata della cerimonia e del ricevimento. La voglia di andarmene era tanta però sapevo di doverlo sostenere. Lui... io ho un grosso debito nei suoi confronti che non riuscirò mai a saldare. Così ho sfoggiato per tutto il tempo necessario il mio più bel sorriso e ho affrontato la sua famiglia che non vedeva l'ora di incontrarmi dopo tutti quegli anni, di avermi lì con loro, con i suoi, nostri amici e anche tutti gli invitati della sposa che al contrario continuavano a giudicarmi, a guardarmi male.»
Mi preparo alla parte per cui ho posto la domanda. Lei appare sempre più tesa. Ma è decisa a proseguire, a rendermi partecipe.
«Ho bevuto. Ho chiacchierato. Ho ballato tanto e costantemente con lui togliendo la scena alla sposa. Già, che stronza direbbero tutti. Vedevo negli occhi dei genitori di Shannon la preoccupazione, specie quando si voltavano verso la moglie. A loro non piaceva. Poi... qualcosa è andato a puttane. Un bicchiere di troppo che Sammy mi aveva messo sotto il naso per sopportare il breve battibecco che avevo avuto con la sposa durante un ballo in cui era venuta a riprenderselo, trattandomi male e umiliandomi davanti a tutti. Quello mi ha fatto avere una brutta reazione. Soprattutto dopo i discorsi della damigella, dei presenti che parlavano di amore e di un amico di Shan che nel suo ha anche nominato qualcuno. Non ci sono riuscita e quando lui...», prende fiato. Inspira ed espira.
Le stringo la mano. Le faccio capire che ci sono e che la capisco. Capisco la ragione per cui si sente in colpa.
«Quando lui ha mollato un pugno davanti a tutti al suo amico sbraitandogli addosso io mi sono sentita spezzata. Era ubriaco, più di prima. Sua moglie gli dava già il tormento a causa mia e io non rendevo le cose facili standogli accanto. Mi sono sentita così in colpa e sono scappata. Avevo bisogno di un posto in cui calmarmi. Così ho trovato il bagno e mi ci sono rifugiata. Ero sola lì dentro e potevo essere me stessa. Ho avuto un crollo, ho urlato, ho picchiato un pugno contro le piastrelle perché odiavo che avesse ancora potere su di me quella storia. E sentivo di impazzire ogni minuto che passavo lì con tutte quelle persone che mi facevano ricordare quello che avevo perso. Mi ricordo che ho aperto l'acqua e ho bagnato i polsi, il collo. Sentivo di svenire. Le pareti ad un certo punto hanno iniziato a restringersi. Poi lui è entrato. Era affannato. Mi stava cercando da mezz'ora. Ha chiuso la porta a chiave e si è avvicinato.»
Gonfio il petto. Non so se sono davvero pronto. Forse ho fatto la domanda sbagliata. Adesso devo sentire la risposta e accettare il fatto che sia successo. Che cosa mi sto aspettando?
Non puoi cambiare il passato, le scelte prese, gli errori fatti. Puoi solo seguire la tua strada, quella che hai tracciato sulla mappa della tua vita. Puoi andare avanti portando sul cuore il peso di ogni decisione. Puoi essere forte oppure debole. Ma sei e sarai sempre vivo nel tuo presente, nonostante tutto.
«Mi sono seduta sul bordo del lavandino. Lui è andato in bagno e abbiamo iniziato a parlare divisi da una cambina. Abbiamo anche discusso. Secondo lui non avevo dimenticato niente. Stavo solo fingendo di stare bene e non ero ancora pronta a lasciarmi andare. Abbiamo sputato fuori di tutto. Poi si è avvicinato pronto a provarmi, ad avere una reazione da parte mia. Io sono scesa in fretta cercando di ricompormi ma volevo affrontarlo. Non ho mai avuto paura di lui e mai dubitato per un solo istante della sua fedeltà. Mi sono ritrovata il suo corpo lì, a sorreggermi. Le sue mani a sfiorarmi e poi ad abbracciarmi. I suoi occhi a sussurrarmi quello che non era mai stato in grado di dirmi. Ci siamo guardati, lo abbiamo fatto a lungo. Poi lui ha detto: "Perché cazzo non ho sposato te? Perché non ti ho portato lontano da tutto e da tutti?". Il mio cuore si è come ridotto ulteriormente e mi sono stretta un po' di più a lui. Ricordo che gli ho risposto: "Perché per le cose belle ci vuole molto più tempo". Volevo che quella sensazione smettesse di perseguitarmi. Mi sentivo sfinita. Odiavo quella mancanza e lui lo sapeva bene. Sapeva a cosa mi stavo riferendo e sapeva quello che ci voleva.»
Alza gli occhi sbuffando. Trattiene le lacrime. «Ci siamo avvicinati. Troppo. Non abbiamo pensato a niente e in breve ci siamo baciati. Lui mi ha sollevato la coscia avvicinandomi a sé e io gli ho allargato la cravatta iniziando a sbottonargli la camicia. Nessuno dei due voleva fermarsi. Lui continuava a sussurrarmi che mi avrebbe ama...»
Le poso due dita sulle labbra. Ho sentito abbastanza. Non posso farcela. Dentro la testa ho troppe informazioni da elaborare. Posso solo immaginare il seguito. Ma so che non è successo niente. So che si sono fermati appena in tempo.
Erin appare scossa. L'avvicino abbracciandola forte. «Grazie», le sussurro posandole un bacio sotto l'orecchio.
«Perché?», trema ansimando.
«Perché hai condiviso con me questo ricordo. So che non è facile per te parlarne.»
Sospira. «Bradley, io ho tante cose da dirti. Solo... non so da dove partire.»
«Io si. So da dove partire», sussurro baciandola. Impossessandomi della sua bocca. Le tocco la coscia spostando la mano sulla sua natica stringendola, in questo modo le provoco un gemito.
«Da dove?»
«Da qui, da noi. Le cose belle prima o poi arrivano per tutti, no?»
Sorride accarezzandomi il viso. «Non hai paura?»
«La paura ti fa sentire vivo. Se non provi un brivido, un'emozione non ha senso.»
Attacca le caviglie come mollette sulla mia. Anche i suoi piedi sono freddi. Avvolge le braccia intorno alla mia schiena. «È bello stare qui con te. Non andare via.»
Le bacio la testa. «Dove vuoi che vada?»
La faccio rilassare guardandola a lungo, fino a quando non si addormenta. E la osservo mentre respira piano ed io non faccio rumore per non svegliarla, per non dirle che mi ha trapassato il cuore. Non oso muovermi per non disturbare il suo riposo. I suoi sogni ancora intrappolati in quel cassetto chiuso a chiave.
Le ore passano e mi assopisco anch'io. Questo, solo per poco. Sento come una spinta sulla spalla e spalanco gli occhi voltandomi di scatto, pronto a colpire chiunque sia a disturbare il mio primo giorno di riposo.
Dentro di me sale una certa rabbia quando mi accorgo della figura che se ne sta accanto al letto. Trovo Shannon in piedi, con occhi carichi di furia, di gelosia. «Dobbiamo parlare. Ti aspetto in cucina. Rivestiti e copri Erin immediatamente», brontola. «Non voglio neanche immaginare quello che gli hai fatto.»
Da quanto è qui?
Vedermi abbracciato con Erin non deve essere facile per lui. Ma non lo è stato neanche per me quando lei si è presa cura di lui qualche ora prima. Non lo sarà mai perché farà sempre parte della sua vita e io dovrò accettarlo.
Pensa davvero che io mi sia approfittato di lei? Be', che lo immagini pure. Non mi interessa la sua opinione.
Allontano piano Erin. Prima di sgusciare dal letto le bacio la fronte. «Torno presto», sussurro. Lei non si muove. Si mette comoda e "Ness" salta sul letto accoccolandosi sotto la coperta dopo essersi strusciato sul mio braccio per avere una carezza sul manto morbido.
Mi sento carico anche se nervoso. Non so di cosa parleremo con Shannon, ma so che non rinuncerò a lei. Non mi farò neanche annientare da un pivellino che crede di avere più diritto su di lei.
Infilo i pantaloni sorridendo ripensando al modo in cui me li ha fatti togliere poi indosso la maglietta uscendo dalla stanza, raggiungendo la cucina in cui Shannon sta servendo del caffè guardando pensieroso fuori dalla finestra, dove è ancora buio. Il suo sguardo non è cambiato. C'è qualcosa che lo turba e qualcosa che allo stesso tempo lo fa imbestialire.
Mi siedo sullo sgabello ringraziando per il caffè. Rigiro la tazza tra le mani.
«Da quante ore dorme?»
«Cinque», mormoro.
Le sue sopracciglia scure gli si attaccano ai capelli dalla sorpresa. Erin non deve dormire poi così tanto se ha bisogno di andare a correre.
«Le hai contate?», manda giù una pillola poi beve il caffè sedendosi, passando una mano tra i capelli corti. Ha un aspetto migliore. Si riprende bene dalle sbronze. Mi domando se ricorda quello che ha detto e fatto.
«Perché questa offerta di pace?», vado dritto al dunque. «Non credo sia da te familiarizzare con il nemico.»
Beve un lungo sorso. «Sei davvero interessato a lei o è solo una scopata per te?», massaggia la tempia. Deve avere un brutto mal di testa.
«Stai facendo la parte dell'amico o del ragazzo innamorato e geloso?», replico.
Solleva l'angolo della bocca. «E con questo si spiega perché gli piaci», sibila, andando a riempirsi un'altra tazza di caffè. Rimane davanti a me, appoggiato al ripiano. In questo modo siamo faccia a faccia e nessuno dei due può bluffare.
«Sono interessato a Erin perché la am... perché ci tengo, molto, e perché non mi va di raccogliere un'altra volta i cocci del suo cuore. È stato difficile farla uscire da quel guscio. Sono geloso perché le è stato fatto un gravissimo torto in passato e non sopporterei di doverla vedere triste e spenta di nuovo.»
Bevo un sorso di caffè prima che si raffreddi. «Io non ho intenzione di toglierle quel sorriso e visto che te lo stai chiedendo torturandoti interiormente, non siamo andati a letto in quel senso. Non mi approfitterei mai di lei, neanche se fosse ubriaca e per di più con te nei paraggi.»
Shannon incassa la mia frecciatina.
Non capisco dove vuole andare a parare ma so come difendermi.
Gratta il mento. «Da quando l'hai salvata non smette di sorridere e penso sia una cosa positiva per lei. Ma non nego di essere geloso e preoccupato. Erin è importante per me. Non farla soffrire!»
Posa una padella sul fornello spalmandoci sopra una noce di burro. Sbattendo delle uova e del bacon crea delle frittate a forma di pancake. Recupera persino i toast e gli insaccati dal frigo.
Si comporta come se fosse a casa sua. Adesso capisco le parole di Erin quando ha detto che sarebbe stata una giornata lunga da trascorrere insieme a "nostro figlio". Il pensiero mi fa sorridere.
Shannon si volta notandolo. «A cosa stai pensando?»
Lo guardo male. «Non siamo amici e dubito tu voglia saperlo davvero», sbotto.
Serve la colazione contraendo la mascella. «Io penso che prima o poi lo saremo. Per lei.»
«Non finché vorrai infilarti nel suo letto o dentro di lei», dico assaggiando la colazione.
Si nota che vive ormai da solo. Ma cucina bene. Mi chiedo se Erin gli abbia insegnato qualcosa in questo ambito.
Sorride scuotendo la testa. «Le tue risposte e l'interesse di Erin, spiegano molte cose.»
Non so se sentirmi offeso o se aprire la bocca per replicare d'impulso. «I tuoi comportamenti invece dicono solo che sei un coglione che crede di poterla conquistare. Ma sai di avere sbagliato con lei. Un amico non mette di certo i suoi sentimenti in primo piano. Specie il giorno del suo matrimonio. Se non eri sicuro perché ti sei sposato lo stesso?»
Fa una smorfia. «Non è successo niente», spiega in un basso ringhio e lo sguardo accigliato. «E anche lei non ha disdegnato. Ma questi non sono affari che ti riguardano. Erin è adulta e ha fatto le sue scelte come io ho fatto le mie prendendomi le responsabilità e le conseguenze.»
«Ma era il giorno del tuo matrimonio! Che diavolo ti è passato per il cervello?»
Sbatte la tazza sul ripiano. La vena sul collo inizia a pulsare, me ne accorgo.
«È vero, era il giorno del mio matrimonio e ci convivo costantemente con il senso di colpa. Avrei dovuto ascoltarla. Invece volevo solo dimenticare quello che mi faceva sentire. Credi che sia stato facile per me? Si allontanava sempre di più. Ci vedevamo di rado. E quando la vedevo qualcosa andava storto o lei era come assente e spaventata. Sono stato impulsivo. Ma dubito tu possa capirlo. Mi stai solo giudicando con le tue maniere da bravo ragazzo. Cazzo, scendi da quel piedistallo. Anche tu avrai commesso qualche cazzata nella tua vita.»
Mordo la lingua. Non ha imparato un bel niente e io sto per perdere la pazienza. «Erin aveva bisogno di parlare. Non di uno che le ficcava la sua lingua in bocca facendola sentire in colpa.»
Nega. «Aveva bisogno di togliersi dalla testa quel coglione che l'ha presa in giro. E io avevo bisogno di togliermi il pensiero su di lei. Avevo bisogno di capire. E si, parlo così di un mio amico che per la cronaca non si è presentato al mio matrimonio perché è un codardo. Ma ha saputo tutto, le voci girano, e non l'ha presa bene.»
Serro la mascella corrugando la fronte. Di chi sta parlando?
Lui se ne accorge e capisce. «Non te ne ha ancora parlato, vero?»
Scuoto la testa. «No, non ancora. Ma non ho fretta. Voglio solo sapere se devo correre il rischio per niente. Potrebbe uscire fuori prima o poi questo tuo amico?»
Alza le spalle con finta indifferenza. Ma noto un certo nervosismo. «Non è mai prevedibile. Non sai mai quello che ha in mente di fare. Ma se Erin si è interessata tanto a te, a tal punto da portarti in casa sua, farti dormire nel suo letto o persino da lasciarsi toccare, cosa che non permette a nessuno a parte a pochi, significa che è davvero presa. Non fare il coglione e non avere segreti. Soprattutto non mentirle. Con lei devi essere sempre sincero.»
Il discorso mi turba. «Quindi pensi che se anche dovesse tornare il tuo amico senza nome lei potrebbe scegliere me?»
Annuisce. Non sembra sicuro. «Erin non gli perdonerà mai quello che le ha fatto e fidati di me anche se so che non mi conosci, tu non perdoneresti ad una persona una cosa simile. E quando te lo racconterà, capirai anche la ragione del mio comportamento nei suoi confronti.»
Alzandosi posa la padella dentro il lavello appoggiando le mani sul bordo come per sorreggersi. «Si chiama Kay. Lei non lo nomina mai. Non vive qui ma in Inghilterra dove si è sposato circa un anno e mezzo dopo che ha fatto quello che ha fatto. Erin è andata avanti e dubito che nutra ancora dell'amore per lui. Gli ha dato tanto e lui l'ha fatta solo soffrire. Tu sei diverso e lo vedo dai suoi occhi che sta iniziando a vivere. Se da un lato può dispiacermi perché non riuscirò mai a togliermi di dosso quello che sento, dall'altro voglio solo il suo bene. Ecco perché te ne ho parlato. Ma non credere di potermi abbindolare facilmente. Ti tengo d'occhio. Lei non deve più soffrire.»
Il suo sguardo diventa pallido. Mi volto e lei è lì, impalata sulla soglia della sua stanza. Il sangue mi arriva dritto al cervello, in ogni punto del mio corpo. E non perché sta ascoltando. Ma perché è in intimo.
Shannon si blocca facendo su e giù lungo il suo corpo coperto solo dallo strato sottile azzurro di stoffa e pizzo.
Non può mettersi quella dannata vestaglia?
«Torno nella mia stanza a smaltire la sbronza e a placare qualcuno dei piani bassi che si è appena svegliato con tanto piacere e tanta fretta», mi sussurra tra i denti. «Buona fortuna», dandomi una pacca, afferrando una tazza e un piatto pieno di cibo, se ne va.
Che stronzo!
Lei sembra ancora estraniata dal mondo. Così, ci penso io ad avvicinarmi. Dandole un preavviso, le sfioro i fianchi. Mi permette di afferrarla e tirarla verso la cucina. Qui si siede sullo sgabello a gambe incrociate bevendo un sorso di caffè dalla mia tazza.
«Hai sentito tutto?»
Guarda fuori. Il cielo si sta trasformando regalando di tanto in tanto qualche striatura di colore diverso in lontananza. «La conversazione era già iniziata da un pezzo quando mi sono svegliata e tu non c'eri. Ho sentito delle voci e ho pensato di venire a controllare. A quanto pare mi sono persa i dettagli. Però ho sentito l'ultima parte.»
«Ti dispiace che adesso so il suo nome?»
Nega. «No. Potevo anche dirtelo io. Non dovevi che chiedere.»
«Sei arrabbiata con me?»
Prende un biscotto dal barattolo posto all'angolo del ripiano a se ne torna in camera ignorandomi, facendomi innervosire. Prima di chiudere la porta mi sorride con tanta malizia. «Vuoi continuare a startene lì impalato?»

🖤

Come crepe sull'asfaltoWhere stories live. Discover now