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Sdraiati e senza fiato ci guardiamo, continuando a trasmetterci dei messaggi silenziosi.
Quando si stacca da me, togliendo e gettando la protezione, sistemandosi a pancia in giù con una mano affondata sotto il cuscino, mi sento strana. È come se mi avesse lasciata sola.
La sua mano destra, si attacca alla mia guancia e con il pollice mi sfiora delicatamente le labbra che tengo schiuse nel tentativo di non ansimare.
Ha ancora il fiato corto e lui è davvero come un perfido diavolo con i capelli scompigliati, le guance arrossate e quel lieve sorriso stampato in faccia. Non oso immaginare il mio aspetto in questo momento. Sento solo come se avessero scomposto ogni parte del mio corpo per poi incastrarla di nuovo.
Tira la coperta su di me avvicinandomi dopo essersi messo supino. Mi adagio al suo petto nudo e umido, lasciando che mi massaggi la nuca. Annuso la sua pelle e i miei sensi subiscono, come una sferzata di vento, uno scossone. Ha un odore buonissimo. Il sentore di ciò che abbiamo fatto va a mescolarsi al suo odore naturale e quello della colonia che impregna tutta la stanza e anche il mio mondo ormai da quando ci siamo ritrovati.
Smette di muovere i polpastrelli sulla mia nuca. «Non hai ancora detto niente. Devo preoccuparmi?»
Sento le guance prendere fuoco. Che cosa c'è da aggiungere? I nostri corpi adagiati l'uno sull'altro rilassati e appagati parlano da soli.
Quello che abbiamo condiviso è stato incredibile se non unico e indelebile sulla mia pelle. Non avrei mai e poi mai immaginato che sarebbe stato così eccitante, così spontaneo. All'inizio ho avuto qualche timore, accantonato dai suoi gesti, dalla sua sicurezza, dal suo sguardo ardente e dal desiderio di farlo mio, anche per una sola notte.
Mordo il labbro per non perdermi ritornando a qualche istante fa quando l'ho quasi pregato di essere sua. Lo guardo da sotto le ciglia. «Perché mai dovresti preoccuparti?»
Le sue dita scorrono come seta lungo la mia schiena nuda, un su e giù piacevole, rilassante. Mi piacerebbe sapere quello che pensa, quello che sente.
Riflette. «O non ti è piaciuto o...»
Rido. Non riesco a fermarmi e lui mi guarda imbambolato ma anche con una certa insicurezza che mi fa agire. Lo abbraccio. «Pensi che non mi sia piaciuto?»
Smette di sfiorarmi la schiena alzando leggermente la spalla. «Dimmelo tu. Improvvisamente ti sei ammutolita e stai continuando a morderti il labbro, nervosa.»
Me ne rendo conto dopo avere provato un leggero dolore quando tiro per errore una pellicina. Mollo la presa inumidendolo e mi sistemo su di lui nascondendo il viso nell'incavo del suo collo dopo avere lasciato una lenta scia di baci in grado di farlo agitare sotto la mia mole leggera.
«Mi è piaciuto e anche tanto», mormoro. «Non ho termini di paragone per dirti se sei stato bravo, quindi accontentati di questa mia risposta», mordicchio la porzione di pelle sul collo che non ho ancora baciato e dal modo in cui mi afferra per i fianchi capisco di avere appena toccato un punto debole del suo corpo.
«Erin...», soffia accaldato.
Mi sfugge un risolino stupido. Sembra dargli il colpo di grazia, visto che inspira di scatto provando ad allontanarmi. Purtroppo è tardi per lui. Ho sentito che si è eccitato più di prima e adesso che conosco il suo punto debole, la cosa mi elettrizza e non poco.
Sollevo la testa per guardare la sua espressione. Se ne sta immobile, tiene gli occhi chiusi, il braccio tatuato piegato e sulla fronte e l'altro a circondarmi il fondoschiena senza stringere troppo. Sembra sul punto di scattare. Accaldato e sudato inspira ed espira per controllarsi.
Più che divertita mi avvicino. «Si, Kay?»
Sbircia con un occhio sospirando pesantemente. Le narici si dilatano impercettibilmente. Sento che si agita anche se tenta di non farmelo notare. «Sei sicura di volermi stuzzicare in questo modo?»
Il tono di voce reso roco e spezzato dall'affanno, la minaccia celata nelle sue parole, mi provocano una scossa abbastanza forte che va a depositarsi sul basso ventre facendomi contorcere dall'eccitazione che sento crescere. Mi viene voglia di strillare e poi scappare tra le risate, ma rimango a stretto contatto con il suo corpo, attratta.
Gioco sfiorando i segni dell'inchiostro sul suo petto. «Non ti sto stuzzicando in alcun modo», dico a bassa voce, come una bambina dispettosa.
Gonfia il petto evitando di guardarmi per non cedere. La sua mano affonda tra i miei capelli tirando l'elastico che lì lega ormai malamente, lasciandoli scivolare lungo la mia schiena nuda come una cascata. Fa cadere l'elastico sul lenzuolo stropicciato e le sue dita, dopo avere scostato su una spalla la mia lunga chioma dal colore pastello ormai sbiadito, si spostano dal collo alla spalla, scivolando sul fianco, afferrandolo, facendo pressione sulla pelle.
Seguo ogni suo gesto rapita. Mi piace come mi tocca, come mi fa sentire.
A poco a poco mi intrappola tra le sue braccia ed io intreccio le dita sulla sua nuca avvicinando il viso al suo.
«No? Non mi stai stuzzicando?»
Stesa su di lui, per istinto, allargo le gambe e quando si agita muovo piano i fianchi strusciandomi su di lui. «No.»
Mugola cercando di non perdere concentrazione. «Che diavolo fai?», fatica a parlare.
Sorrido e gli si blocca il respiro.
«Cazzo!», si lamenta. «Sta. Ferma.»
«Ti sto solo facendo capire quanto mi è piaciuto», sussurro a fior di labbra. «Così tanto da volerne ancora e ancora e...»
Ridacchio quando con una spinta mi sposta sotto il suo peso. Rotoliamo sul letto così in fretta da farmi girare la testa. Afferrandomi per i polsi li tiene stretti sulla mia testa rendendo tutto maledettamente eccitante.
Abbassa il viso guardandomi come un falco. «Stammi bene a sentire, piccola... non... provocarmi. Non ti conviene.»
Libero i polsi strofinando la punta del naso sul suo prima di dargli un lieve bacio. «È una minaccia?», guardandolo con sfida, sollevo le ginocchia incastrandolo al mio corpo.
Inspira di scatto gonfiando il petto, mordendomi una spalla prima di baciarmi con urgenza tenendo fermo il mio viso. La sua lingua sfiora la mia senza mai abbandonarsi del tutto al bacio, lasciandomi con la voglia addosso quando si tira indietro per alzarsi a metà busto. Vedendomi insoddisfatta mi dà un altro bacio leggero e non ho più dubbi. Adesso so che il confine tra l'amore e l'amicizia non è lontanamente paragonabile a quello che siamo noi. Noi che non siamo nulla ma che possiamo essere tutto quando stiamo insieme, quando ci guardiamo sfiorandoci la mente, il cuore, il corpo. Non siamo niente eppure siamo tante di quelle cose da non poterle neanche descrivere ma solo vivere. Siamo un disastroso incidente, quello di un destino che ha iniziato a giocare con i nostri cuori, spezzando qualche filo per legarlo e ingarbugliarlo ancora.
«Sei uno stronzo», mi lamento, a pancia in giù, guardandolo con il finto broncio.
Mi elettrizza tutta questa situazione.
In risposta ricevo una sonora e generosa pacca sul sedere. Sorridendomi si alza infilandosi i boxer.
Scatto a metà busto tirando la coperta fin sopra il mento. «Dove vai?», la voce mi esce stridula.
Il cuore inizia a battermi all'impazzata. Per un momento ho come la visione di lui che mi dice "È stato bello. Adesso devo andare. Ci vediamo in giro". La paura in breve affonda le sue radici dentro la mia mente al pensiero che lui possa andare e lasciarmi così, come se niente fosse.
Trattengo il fiato stringendo le gambe al petto e la coperta sotto il mento.
Corruga la fronte. «Sei una distrazione così. Per favore, indossa qualcosa che possa coprirti tutta e scendi», ordina con un tono di voce frustrato.
Si chiude un momento in bagno e quando esce fuori si è già rivestito. La maglietta ormai asciutta, i pantaloni scuri. È rimasto a piedi nudi e non sembra avere freddo. Il suo sguardo però ha qualcosa di diverso.
Io al contrario ho bisogno di coprirmi e di non sentire questa stupida tormenta che ha iniziato a colpirmi la pelle e il cuore.
Lo stomaco mi si strizza. Scendo dal letto tirandomi dietro il lenzuolo.
Kay si appoggia di proposito allo stipite della porta a braccia conserte. Mi vede impacciata. «Adesso ti imbarazzi? Ho già visto quello che nascondi.»
Non comprendo la ragione del suo strano comportamento. Prima era davvero dolce mentre adesso sembra essere ritornato proprio il ragazzo scontroso di sempre. Non mi abituerò mai a questo suo altalenante atteggiamento.
Mi rivesto più in fretta che posso, in parte delusa e forse anche turbata ancora da quel pensiero che seppur fugace mi ha lasciato dentro una strana paura. «No, non mi imbarazzo», mento. «Hai visto tutto perché ti ho permesso di vederlo. Proprio come hai fatto tu.»
Mi fissa come un rapace. Ha capito che qualcosa ha destabilizzato il mio umore. Quando il contatto visivo tra di noi perdura per troppo tempo, sento come una spinta che mi porta ad avvicinarmi a lui fino a perdermi. Mi sento euforica e ancora parecchio tramortita da tutte le emozioni che mi ha fatto provare in quel momento condiviso e così intimo.
Vedendomi ferma al centro della stanza, stringe la mia mano portandomi al piano di sotto, in soggiorno, dove ci sediamo sul divano a debita distanza.
Non capisco. Forse sta cercando una scusa per andarsene, perché crede che io sia una di quelle che si attaccano troppo alle persone fino ad asfissiarle. Non vuole che mi illuda o pensi di avere il primato...
«Potevamo anche restare in camera», sbotto sistemando il plaid, tirando le gambe al petto. Sento un certo dolore agli arti ma è piacevole. Lego i capelli guardandolo di sottecchi mentre digita concentrato qualcosa sullo schermo del suo smartphone ignorandomi, anche se per pochi istanti. La cosa mi infastidisce.
Accorgendosi che sto passando già a conclusioni affrettate, posa il telefono sul tavolo basso davanti a me. «Se non ti fidi controlla», mi mette alla prova accendendo la tv, mettendosi comodo.
Aggrotto le sopracciglia. «Mi fido», balbetto.
Dove vuole andare a parare? Perché è così distante?
Indica il telefono. «Controlla», mi stuzzica.
«Perché dovrei?», mettendomi comoda fisso lo schermo della tv accesa, sintonizzata sul canale di cucina dove dei pasticceri si sfidano tra loro a colpi di ricette.
«Perché non ti fidi di me e perché prima, quando mi sono alzato dal letto chiedendoti di rivestirti, hai avuto una strana reazione. Vuoi rendermi partecipe dei tuoi pensieri?»
Come faccio a resistere ad una persona che mi capisce, che nota i dettagli?
Insicura appoggio la tempia sulla sua spalla dopo essermi avvicinata con cautela, accertandomi di non essere rifiutata. Mi accarezza la testa dandomi un bacio su di essa. Un gesto rassicurante. Sa essere davvero dolce quando si impegna, quando è spontaneo.
«Che ti è successo?»
Le nostre dita si intrecciano sotto il plaid. «Sono andata nel panico», ammetto senza girarci troppo intorno.
Guarda per un attimo lo schermo. «Ho notato», sussurra. «Perché sei andata nel panico?»
Arrossisco. «Ho pensato a così tante cose... una più ridicola dell'altra», gesticolo con la mano libera.
Stringe la presa. «Voglio saperle tutte o se ti imbarazza troppo, dimmene almeno una. Rendimi partecipe», insiste.
Prendo un lungo respiro fissando il tavolo basso. «Ho pensato che stavi andando via con una scusa e mi sono sentita...»
«Come puoi pensare una cosa del genere?», mi rimprovera interrompendomi.
Mordo il labbro. «Tu che cosa avresti pensato al posto mio? Io ho visto un ragazzo che si è preso quello che voleva e se ne stava andando con una scusa.»
Riflette grattandosi la guancia. «Scusami. Hai frainteso tutto.»
Sgrano gli occhi. «Kay Mikaelson che chiede scusa», rido. «Questa si che è bella!»
Vengo spinta affettuosamente prima di essere circondata con un braccio sulle spalle. Mi avvicino al suo petto e alzando la testa lui ne approfitta per baciarmi la fronte. «Non ti abituare, sirenetta», esclama. «Ad ogni modo hai pensato male di me e potrei anche offendermi. Non è come credi.»
Sto per rispondere ma il suono assordante del campanello mi fa irrigidire. Mi alzo per andare a controllare, Kay è più veloce e scendendo dal divano, superandomi, va subito ad aprire.
Nascosta sotto il plaid sbircio dal soggiorno. Saluta con un sorriso qualcuno entrando in casa con un cartone della pizza e un sacchetto abbastanza grande e bianco sopra.
Kay sta sorridendo in modo davvero dolce, nessuna malizia nel suo sguardo.
«Hai fame, spero. Ho preso uno spuntino», sistema sul tavolo basso la pizza da dividere e poi patatine fritte, ali di pollo piccanti, crocchette, salse, insalata, una confezione di praline, due bibite con ghiaccio e due fette di torta Sacher al fondente.
Seduta a gambe incrociate sul tappeto, appoggiata al divano, metto in ordine quello che ha scelto. «Uno spuntino? Hai preso così tanto cibo che ci basterà per tre giorni», esclamo passandogli il trancio di pizza piccante.
Lecca le labbra rosee. «Finiremo tutto, fidati. Non hai fame?»
Assaggio la pizza. «Si, ho fame. Anche parecchia. Ma ciò non toglie che non riusciremo a finire tutto questo cibo», biascico. «E potevamo fare a metà con il conto visto che sto mangiando anch'io.»
Non nasconde di essere contrariato. «Non posso offrirti uno spuntino? Dopo avere fatto tutta quella palestra io direi che ci voleva», mi provoca.
Stringo le labbra, mollandogli un colpetto sul braccio. «Stai evitando il discorso perché sai che non accetterò facilmente questa cosa. E comunque, adesso ti divertirai a prendermi in giro con i doppi sensi?»
Tiene alto il mento, continua a ghignare. «E sai che non accetterò mai di pagare a metà uno "spuntino" che ho ordinato io. Però sarà divertente stuzzicarti», dice sporgendosi.
Lo allontano facendo pressione sulle sue labbra. Non appena le mie dita sfiorano la carne, una scossa mi attraversa facendomi prendere la corrente. Tolgo la mano e mangiucchio come se niente fosse.
Ad un certo punto, dopo avere spazzolato quasi tutto, pulisce le mani facendo rumore di proposito per attirare la mia attenzione. «Mettiamo in chiaro una cosa: sono sceso qui al piano di sotto perché stava diventando difficile stare con te nuda e... parecchio sensuale tra le mie braccia. Non volevo sembrare un pervertito o uno che non sa trattenersi. E anche perché mi hai fatto venire fame, parecchia e dovevo attutire un altro tipo di appetito», sbotta di punto in bianco. «Non sono sceso perché stavo trovando una scusa per scappare da te o per trattarti come una delle tante. Questo toglilo dalla testa, per favore.»
Le mie guance prendono velocemente fuoco così come le orecchie. La pelle inizia a formicolare.
Schiarisco la voce. «Non mi sarei mai approfittata di te, nudo, nel mio letto», esclamo. «Anche se era una bella visione.»
Ride. «Non era questo a preoccuparmi, credimi», voltandosi pulisce gli angoli delle labbra.
«Allora cosa?»
Deglutisce. «Il problema sono io e... non voglio sbagliare.»
Una fitta mi colpisce il petto. Trattengo il fiato. «Te ne sei pentito?»
Attendere la sua risposta o una reazione mi fa tremare. Ho come il timore di non essere stata all'altezza delle sue aspettative, di averlo deluso in qualche modo.
Nega scrollando la testa. All'inizio spalanca persino le palpebre come se avesse sentito qualcosa di assurdo. «No», si sporge. «Mi è piaciuto così tanto da temere di non riuscire più a fermarmi. È stato come entrare in un circolo vizioso, cadere in una dipendenza.»
Lecco il dito per togliere il cioccolato della pralina mentre dividiamo l'ultima. «Quindi fammi capire, non ti sei pentito e se potessi tornare indietro lo rifaresti?»
Sulla fronte gli si forma una linea marcata. «Perché sei così insicura?»
Alzo le spalle fissandomi le mani che adesso tengo in grembo. Nascondo il viso scuotendo la testa. «Non lo so. Lo sono?»
Sospira. «Lo nascondi. Tieni dentro troppe cose», sussurra.
Ho sempre avuto questa tendenza ad immergermi troppo in tutto quello che dico, che faccio, che sogno, senza mai lasciare trasparire ogni mia insicurezza o debolezza.
Con lui in qualche modo è impossibile. Riesce a leggermi anche quando sono un groviglio intricato pieno di scarabocchi.
Con uno leggero strattone mi avvicina e mi sistemo su di lui. «Quindi faresti ancora tutto con me?»
«Tu non hai la minima idea di quello che mi provochi, vero?»
Premo le labbra sulla sua guancia. Un gesto che mi sorprende perché non ho mai avvertito il bisogno di avvicinarmi così fisicamente a qualcuno.
Ho avuto dei ragazzi in passato ma non era niente di così profondo, di così permanente. Non erano storie e adesso capisco anche il perché.
«So di essere un disastro», ammetto tornando sul divano.
I minuti passano nel silenzio. Non c'è imbarazzo, ognuno però sembra assorto nei propri pensieri.
Fuori il vento ha smesso di percuotere i rami degli alberi e le nuvole si stanno allontanando. La pioggia leggera ha lasciato la calma anche se di tanto in tanto si sentono le gocce che continuano a cadere sulla veranda e sui bidoni di latta risvegliando parecchie volte il cane dei vicini.
Per distrarmi metto in ordine partendo dalla cucina. Non c'è molto da pulire però mi concentro su una macchia invisibile che vedo solo io sul bancone dell'isola.
«Mi spieghi che cosa hai?»
Sussulto. Mi volto e lui è tanto vicino da inchiodarmi contro la superficie. Mi solleva sul ripiano schiacciandomi le guance fino a farmi stringere le labbra e a protenderle in avanti per rubarmi un bacio. «Che c'è?», chiede ancora.
Vista da fuori, da chi non mi conosce davvero, sembro diversa. Tutta piena di me. Tutta sicura, decisa. Superficiale e viziata. Attenta e pronta ad apparire impeccabile. Scontrosa e lunatica. Ma non mi conoscono. Io sono insopportabile ma so anche essere dolce, gentile e premurosa. Sono permalosa. Sono malinconica. Sono insicura e forse anche fragile. Sono talmente tante cose da non riuscire ad elencarle tutte. Eppure le persone si soffermano sempre e solo sullo stato superficiale che ho dovuto costruire per proteggermi.
Lui però mi vede. Si è accorto di me sin dal primo istante. I suoi occhi color ghiaccio puro hanno contaminato la mia vita, hanno scavato a fondo tirando fuori ogni radice. È arrivato a conoscere cose di me che neanche io conoscevo. Ha visto tutte le mie cicatrici, non quelle rimarginate, quelle ancora aperte e sanguinanti. Lui ascolta i miei silenzi e mi tira fuori quando me ne sto nascosta e spesso anche smarrita in quei pensieri che continuano a passarmi per la mente. Nota i miei rari sorrisi. I miei strani tentativi di dimostrare affetto, forse anche amore. Non è mai scappato. Si è solo fermato ad aspettarmi. E mi ha vista per davvero: con le mie distanze, le mie stranezze, con i miei errori, con le mie ferite, le mie paranoie, le mie crisi, con i miei cocci rotti dentro. Lui mi capisce. In qualche modo mi capisce. Mi vede.
Tolgo un filo invisibile sulla sua maglietta. «Mi confondi», massaggio le sue spalle. «Ho avuto dei ragazzi ma tu... non sei lontanamente come loro. Mi salti addosso e poi mi allontani come se niente fosse. Sei criptico sui tuoi sentimenti. Sei capace di farmi sorridere e subito dopo di farmi sentire in colpa per qualcosa che non ho fatto. Davvero io non capisco quello che mi fai. Non so come comportarmi e mi sento così insicura da odiarmi. Non sono mai stata docile, non mi sono mai lasciata abbindolare dalle persone. Non mi sono mai lasciata toccare o intimidire così tanto da qualcuno. È complicato starti dietro. E questa cosa che hai preso le distanze dopo essere stato così perfetto con me... mi destabilizza. Mi fa capire che sono io il problema, perché forse vedo qualcosa che non c'è e tu... stai solo giocando per vedere fino a che punto resisto.»
Afferra le mie mani facendomi smettere di gesticolare davanti alla sua faccia e bacia il dorso, le dita una ad una, il polso, tira su la manica della felpa grigia che indosso e bacia il braccio. Poi si sposta sul collo e infine prova a baciarmi anche le labbra ma riesco a divincolarmi dal suo attacco.
Torno in soggiorno con il cuore che picchia forte sullo sterno, avvolgendomi sotto il plaid morbido e caldo.
Kay rimane per qualche istante appoggiato al ripiano come se stesse meditando o tentando di calmare i bollori. Poi si avvicina lanciandosi accanto a me. Posa la mano sulla mia caviglia disegnando piccoli cerchi invisibili sulla pelle.
Tengo lo sguardo fisso sulla tv accesa ma non vedo niente, sento solo il peso del suo sguardo scivolarmi addosso. Mi volto ed è sempre lì, gli occhi nei miei così freddi ma in grado di riscaldarmi in un attimo.
Mi sussurra piano di avvicinarmi ed io lo faccio più che attratta. Mi stringe subito a sé facendomi sistemare a cavalcioni.
«Sei un pericolo per i miei sensi», mormora mordendomi il lobo.
«Da uno a dieci quanto?»
Lascia un bacio anche sul naso e gliene rubo uno sulle labbra.
Sto cercando di capirlo. Di capire i suoi strani modi di fare. Ce la sto mettendo davvero tutta. Non è facile interpretare i suoi segnali. E questa storia che riesce a farmi sentire insicura, mi destabilizza parecchio. Mi sento in bilico. Vorrei perdermi e allo stesso tempo ho paura che lui possa rifiutarmi o peggio: abbandonarmi.
Forse il problema è proprio questo: che lui possa svanire da un momento all'altro lasciandomi addosso un altro dei suoi segni profondi che poi mi toccherà sentire per tutta la vita.
«Così tanto da volerti. Adesso!», soffia accaldato quando per errore mi stringo a lui fermandomi a pochi centimetri dalla sua bocca. «Non sei sceso per non avere distrazioni a letto?», lo provoco.
Chiude gli occhi. «Mi sto solo illudendo. È impossibile toglierti gli occhi di dosso. La mia pelle brucia quando ti avvicini e sto passando gli ultimi minuti a contare mentalmente per non saltarti addosso e farti ancora mia», sussurra. «È un inferno dalla quale non riesco più ad uscire.»
Mordicchio il labbro sbottonando i suoi pantaloni.
Il gesto lo fa ansimare. «Che fai?»
«Continuo quello che abbiamo iniziato. Non vuoi?», domando sul suo orecchio. «Neanche un po'?»
Tira indietro la testa scivolando in avanti con il corpo. Il mio basso ventre va a scontrarsi con il suo. Stringe in fretta le mie natiche premendomi a sé. Gemo tra i denti che stringo e lui freme mordendomi il labbro. «Erin... stai giocando troppo con il fuoco.»
Sorrido. «E a te piace.»
Boccheggia in cerca d'aria. «Molto», non lo nega. Sporgendo la mano va a tentoni spegnendo la luce, facendo calare il buio intorno a noi.
Mi ritrovo sotto il suo peso, le ginocchia sollevate dalle sue mani che agiscono frenetiche e pericolose sulla mia pelle. Dopo avermi tolto i pantaloncini si cala su di me. La fronte premuta sulla mia. La sua mano tra le mie gambe a fare pressione sul tessuto dell'intimo. «Ti sei messa in un brutto guaio, lo sai?»
Sorrido gemendo, provo a stringere le gambe e me lo impedisce affondando il viso sul mio collo tempestandomi di baci e morsi, muovendo le dita con agilità.
In visibilio, lo fermo. «Dillo!», lo provoco.
Le sue guance si surriscaldano. «Stai giocando davvero sporco, piccola», replica in tono roco, gli occhi lucidi e luminosi che riesco ad intravedere grazie alla luce proveniente dall'esterno.
«Ti sbagli. Questo è giocare sporco», tiro giù i suoi pantaloni.
Strofina la fronte sulla mia ad occhi chiusi ma freme e alla fine non aspetta più, non si frena. Scosta l'intimo sprofondando dentro di me con impeto. Urlo attutendo ogni gemito dovuto alle sue spinte cercando i suoi baci dati con passione.
Sento tutto in modo diverso rispetto a prima. Lui è deciso, è forte.
«Cazzo!»
Si stacca da me senza fiato tirandosi in piedi, mettendosi in ordine pur rimanendo affannato ed eccitato.
Non capisco. Accendo la luce ferendo le nostre iridi e quando provo ad avvicinarmi a lui, si scansa. «Dannazione, Erin», strilla.
Mi metto in ordine tirando sotto le cosce la felpa. «Che succede?»
Mi guarda male, malissimo. I suoi occhi color ghiaccio si sciolgono in qualcosa di freddo e distaccato facendomi tremare le ginocchia.
Si allontana dal divano, a distanza di sicurezza. «Tu... tu mi fai andare fuori di testa», urla incapace di trattenere la furia. Cammina avanti e indietro scuotendo la testa, massaggiandosi la nuca come se stesse cercando la soluzione ad un problema abbastanza grave.
Mi lascio cadere sul divano con un piede sotto il sedere. «Puoi rendermi partecipe o continuerai a comportarti da pazzo isterico?»
Passa le mani sul viso scrollandole. Somiglia ad un leone in gabbia. «Non so tu ma io so che cosa succede quando vai con una ragazza senza usare una protezione», sbotta nervoso e con rimprovero. «Dio, che coglione che sono!»
Il mio mondo si inclina. Il cuore rallenta per poi prendere il volo balzando contro la gabbia toracica a gran velocità. Sento la pelle formicolare, animata dalle sue parole e mi rendo conto di non avere fatto la minima attenzione, presa com'ero a perdermi in lui. «Non... non ci ho pensato. Mi dispiace», balbetto.
Soffia dal naso. «Erin, è proprio questo il problema tra di noi», inizia alzando il tono. «Non abbiamo pensato perché...», si ferma scuotendo la testa. Passa la mano sulla bocca seriamente preoccupato del suo comportamento.
Presa da un moto di dolcezza mi avvicino a lui provando ad abbracciarlo e me lo lascia fare. Ricambia senza rifiutarmi.
Non mi spingo oltre. Mi limito a nascondermi nella sua stretta facendogli capire che non è successo niente, che abbiamo smesso in tempo, che eravamo in due e che non è colpa sua. Abbiamo solo perso un po' la lucidità e non accadrà più.
«Ehi, è tutto ok.»
«Non sai quanto ti voglio adesso che ti ho sentita per davvero», sussurra sulla mia spalla, soffocando un gemito quando i nostri corpi sfregano tra loro. «Averti così vicina a me è come avere davanti un qualcosa dal valore inestimabile ed essere tentato costantemente pur essendo consapevole di non poterlo avere. Sei unica, sei preziosa. Sei anche estremamente pericolosa Perché mandi in tilt il mio cervello. Stare a distanza da te non è facile, soprattutto dopo quello che ho sentito prima», sibila sull'orecchio. «Non ho mai permesso a nessuno di vedermi davvero. Sei la prima a cui lo permetto e sei la prima con cui resto, perché non ho mai voluto qualcuno quanto voglio te. Adesso. Sempre.»
«Allora perché ti sei fermato?»
Mi guarda male. «Perché non voglio correre inutili rischi proprio adesso che ti sei decisa ad avvicinarti a me. Non posso essere così stupido. Per quanto sia stato davvero intenso...», stringe gli occhi deglutendo.
È eccitato. Molto.
«So di cosa hai bisogno e posso decidere da sola se rischiare, non credi?», indietreggio fino a ritrovare le spalle premute alla parete. «Kay, io mi fido di te», sussurro. «E lo voglio tanto quanto lo vuoi tu.»
Mi bacia con passione. Le mani scivolano smaniose lungo la mia schiena. Strappa i miei slip tirandomi a sé per le natiche ed io aggancio le gambe intorno ai suoi fianchi circondando il suo collo con le braccia.
Si avventa sulla gola, sotto l'orecchio. Gemo muovendo i fianchi e quando sono affannata e accaldata abbastanza e penso di non resistere, gli sfilo dalla testa la maglietta e con le mani che tramano sbottono i pantaloni. Tocco i suoi pettorali scolpiti, ogni singolo tatuaggio e quelle ramificazioni.
«Erin, sei impazzita? Non posso chiederti di fare una cosa simile.»
Lo guardo da sotto le ciglia. «Mi fido di te», ripeto bocca contro bocca.
Trema premendo la fronte sulla mia spalla. Ansima sentendo le mie dita affondargli sulla schiena e con un verso di pura estasi, non resiste facendosi strada dentro di me.
Divarico le gambe e lui aumenta il ritmo spingendosi sempre più a fondo senza mai smettere di guardarmi negli occhi o di baciarmi per attutire i miei mugolii.
Gli graffio la schiena e lui mi morde il collo rallentando di proposito facendomi contorcere dal piacere. «Erin...»
Intuisco e si ferma. Siamo fronte contro fronte. Le nostre labbra a sfiorarsi e il calore dei nostri corpi a bruciarci. «Mi dispiace non... posso andare oltre.»
Raccolgo i vestiti e afferrandolo per la mano corro al piano di sopra. Chiudo a chiave la porta facendo cadere gli indumenti a terra e dopo pochi attimi in cui ci guardiamo, mi lancio su di lui.
Barcolla in avanti prendendomi al volo, stringendomi a sé e baciandomi.
«Se non sbaglio ti devo un lungo orgasmo», sibila.
Sorrido timida passandogli una protezione. «Si. Impegnati», lo prendo in giro. «Sono molto esigente.»
Passa la mano sul viso accaldato poi mi spinge sul letto ancora sfatto adagiandomi sul lenzuolo.
Allontanandosi mi offre un velocissimo spogliarello liberandosi dei pantaloni e dei boxer. Batto le mani divertita e lui con un sorriso ammiccante mi si avvicina facendomi tremare e strillare.
Sfila via la mia felpa e così anche il reggiseno sollevandomi le ginocchia, tirandomi sotto il suo peso. Senza darmi il tempo indossa la protezione affondando con urgenza dentro di me ed io mi lascio andare al piacere assecondando la sua fame, seguendo il suo ritmo, ricambiando i suoi baci.
Mi tiene ferma facendomi impazzire e raggiungere quasi il punto di non ritorno. «Kay», cantileno stringendomi a lui.
«Dillo!», ordina affannato, anche lui al limite. «Dimmelo adesso!»
Le persone sottovalutano gli abbracci, i baci, i sorrisi, le carezze, le parole, gli sguardi, le storie, l'amore. Ci sono storie d'amore che nascono e durano una vita, altre che finiscono nel giro di qualche ora. Ma sono storie. Sono vita che si intreccia. Sono anima che si spezza. Sono attimi che restano. Fiato che si spezza. Sono cicatrici che non si rimarginano. Le persone sottovalutano l'importanza di un amore che nasce all'improvviso, quando il cuore prende il sopravvento. Ma, bisogna lasciarsi un po' andare. Bisogna avere il coraggio di rischiare. Bisogna anche avere paura. Perché non sai mai dove quei battiti ti trascineranno.
«Sono tua», sussurro.
«Si, sei solo mia.»

🖤

Come crepe sull'asfaltoDonde viven las historias. Descúbrelo ahora