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Ritornata a casa, oserei dire per fortuna, non trovo nessuno. Sono sola e la cosa mi piace, mi fa sentire meno tesa, meno sotto osservazione, meno sul chi vive.
La signora Louis quando ha sentito il cigolio del cancello non ha osato sbirciare ma so che era lì da qualche parte. Nessuno perde un vizio dall'oggi al domani.
Salgo in camera con una strana ansia addosso; mi cambio sciacquandomi il viso e passandomi una spugna bagnata sul corpo per togliermi dalla pelle il suo profumo. Questo, continua ad inebriarmi i sensi, si accumula all'angolo prendendosi gioco del mio corpo così debole e così disperatamente avido di ogni suo gesto, di ogni sua piccola ed insignificante attenzione.
Indosso un paio di jeans a vita alta, una maglietta a maniche corte aderente di pizzo sotto una giacca nera sagomata. Lego meglio i capelli in uno chignon ordinato dandomi infine un pizzicotto sulle guance per togliere il pallore.
Ho accettato l'invito di Ephram solo per svagarmi un po'. In parte anche per tenermi lontana da Kay. Ho bisogno di capire quello che davvero provo per lui. E se provo qualcosa.
Il problema è che quando mi si avvicina è come se il mio cervello non rispondesse più alla mia volontà. Lui è come veleno per i miei sensi, come fuoco devastante per il mio corpo, come acqua fredda per il mio cuore. Adesso comprendo come mai vengono attribuiti dei nomi alle catastrofi naturali, quelle che lasciano un segno, paura, lacrime.
Oggi mi sono lasciata abbracciare da lui senza neanche scansarmi. Non ho trovato una scusa. Un po' perché lo volevo, un po' perché mi sentivo stanca di allontanarlo da me e volevo capire dove si sarebbe spinto, dove mi avrebbe condotta. Mi ha persino dato un bacio davanti a tutti, come se il gesto fosse normale. Ma, io e lui non lo siamo. Non siamo una coppia. Non siamo amici. Allora che cosa siamo esattamente?
Mi confonde quello che si sta creando. Non c'è solo tensione tra di noi e quella sensazione di prevalere sull'altro per non rimanere feriti. C'è dell'altro che non riesco proprio a spiegare.
Purtroppo mi frena il ricordo che ho di noi. Perché quando provo a pensare a noi come una possibile coppia, rivedo quello che eravamo da bambini. Forse sono solo legata a quei momenti. E so che dovrei andare avanti.
In fondo, tutti dicono che non puoi andare avanti finché non ti sei lasciato alle spalle il passato.
Lasciare andare secondo me è la parte più facile di tutte. Un bel giorno chiudi quella porta alle tue spalle, te ne lavi le mani e fingi di stare bene, fingi di essere felice. Ma lasciare andare non significa andare avanti. Non puoi. Non quando porti dentro il fardello di un dolore inaudito. Ma, ad un certo punto sai che devi farlo. Sai che non puoi più piangere sul latte versato o continuare a provare rancore per un qualcosa che è ormai andato, perso nel vagone dei ricordi. Sai che devi crescere. Perché andare avanti significa proprio questo: superare il passato che ha fatto da trampolino di lancio verso il presente, con la consapevolezza di essersi già sbucciati le ginocchia una volta.
Passo la mano sulle guance accaldate al ricordo della sua stretta vigorosa, delle sue parole così sincere, del suo sguardo così penetrante, profondo. Devo concentrarmi sulla serata che dovrò passare in compagnia di una persona di cui ho pochi ricordi, gran parte positivi. Ephram è sempre stato un po' timido, impacciato e riservato. Il classico bambino che viene guardato con un occhio di riguardo dalle mamme e dalle maestre, seguito ad ogni passo, osservato e tenuto a debita distanza da qualcosa che potrebbe rovinarlo; un'attenzione in più per la sua fragilità. Ecco cosa penso quando mi ritrovo accanto a lui.
Ephram è fragile dentro. So che nasconde bene qualcosa. I ragazzi come lui hanno sempre un segreto che li lacera dentro. E quando rifletto, davanti a me si para solo una parola: ossessione. Ma non posso esserne certa. Non posso credere che Ephram sia un ragazzo dall'ossessione facile. Non mi ha dato motivo di sospettarlo.
Forse sono state le parole di tutti a fuorviarmi e adesso mi sto solo facendo delle stupire paranoie su di lui. In ogni caso sono un po' come San Tommaso, se non vedo, non credo. Preferisco conoscere le persone prima di giudicarle, farmi un'idea di quello che sono, come sono quando stanno da sole o quando si ritrovano in compagnia. Lui è sempre rimasto lo stesso ragazzo o forse mi sono solo lasciata convincere dai suoi modi tranquilli, dai suoi sguardi rassicuranti da non vedere tutto il resto.
In ogni caso lo scoprirò presto, mi dico scendendo al piano di sotto.
In cucina, trovo la cena dentro i contenitori e un post-it attaccato sopra. Credo siano delle scuse da parte di mio padre. Ma che cosa me ne faccio delle scuse se non ha neanche provato a rassicurarmi?
Non lo leggo. Come non leggo i messaggi ricevuti la notte precedente. Ignoro le notifiche scegliendo l'ultimo messaggio in arrivo.

Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora