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BRADLEY

«Kay è qui a Seattle!»
Le parole di Shannon continuano a rimbombarmi dentro la testa da diverso tempo, così tanto da sfinirmi a livello psicologico.
Me ne sto seduto sul divano, "Ness" sulle mie gambe a godersi le mie carezze. In qualche modo mi sta aiutando a sopportare il peso di una verità che potrebbe distruggere totalmente il mio rapporto con lei. Perché sappiamo tutti che al cuore non si comanda, neanche quando è stato più volte pugnalato.
Non abbiamo organizzato un vero piano. L'idea di partenza è quella di avvisare Erin quando sarà calma, ma dubito che Shannon voglia davvero farlo. Mi ha fatto intendere chiaramente che non ha voglia di vedere Erin distrutta un'altra volta. Sono molteplici le reazioni che potrebbe avere e in fondo, non ha poi così tanto torto. Anche se non dirglielo potrebbe avere l'effetto contrario. Ma quando si tratta di quella ragazza chi può dire quale sia la cosa giusta da fare?
Shannon deve amarla davvero tanto e lei continua a non capire, ad allontanarci tutti perché legata a quel bastardo che non ha fatto altro che strapparle il cuore dal petto a mani nude e gettarlo via come se non contasse niente. Come si può prendere in giro una persona in questo modo? Quanto bisogna essere egoisti per farlo?
Sin da quando ho saputo dell'esistenza di un ex, non ho fatto altro che immaginare l'esatto momento in cui lo avrei incontrato. Non sono poi così di pietra come sembra, ci sono volte in cui sento il bisogno di avere delle certezze anch'io e per come stanno andando le cose, non sono sicuro che questa storia andrà a finire bene.
Sospiro e il rumore della mia frustrazione si diffonde in questo spazio intimo che profuma tanto di fiori di campo e di mare. Un odore che non riuscirò mai a togliere facilmente da dentro perché lo sento mio. È come quando entri a casa e abbassi le spalle perché sei finalmente a tuo agio.
«Come fa a non capire che c'è chi la ama davvero?», dico ad alta voce.
"Ness" sbadiglia facendo le fusa.
Guardo l'orologio attaccato alla parete e alzandomi vado a versargli nella sua ciotola un vasetto di tonno insieme a qualche croccantino. Per tenermi impegnato taglio anche le foglie bruciate della pianta all'angolo, accanto alla lampada.
Mi piace questo posto. È semplice, niente di troppo scontato. In fondo capisco perché Erin si sente al sicuro in mezzo a queste mura e non posso biasimarla se ha preferito tornare qui anziché stare nel mio appartamento da ragazzo single.
Sono passate ore da quando ci siamo divisi con Shannon. Non deve essere andata poi così lontano. A quest'ora non dovrebbe averla già trovata?
Starmene qui a non fare niente mi fa agitare e non poco. Inizio a sentirmi inutile. Nell'attesa, ho contattato Stan per sapere come sta Samantha e mi ha detto che al momento non osa neanche parlarle perché è impegnata nella realizzazione di una torta. Questo, mi ha suggerito in parte la risposta sul suo stato d'animo attuale e fatto capire le differenze tra le due amiche. Mentre Samantha quando sbaglia o si arrabbia si dedica a qualcosa per calmarsi, Erin si autodistrugge. In cuor mio spero non faccia niente di insensato. Conoscendola almeno quel poco, però, so che cadrà in qualche errore.
Il mio telefono ronza.

Shannon: "Trovata. Siamo al "Room 74". Ti chiedo scusa in anticipo per tutto quello che potrebbe succedere tra me e lei tra poco."

Leggo e rileggo il messaggio. Che diavolo significa? Che cosa ha intenzione di fare? Erin sta bene?

Bradley: "Tieni le mani lontano da lei! Fammi sapere come sta."

Shannon: "Ubriaca. Si sta autodistruggendo."

Mi alzo con un balzo dal divano. "Ness" protesta miagolando, seguendomi infuriato. Cammino avanti e indietro guardando fuori dalla finestra di continuo. Alla fine, mi sposto nelle sua stanza per trovare una distrazione, qualcosa che non mi faccia dare di matto. Accendo la luce e mi guardo un po' intorno.
Osservo le foto che ha appese. Non sono molte ma dovrebbero avere la loro importanza se le ha inserite tutte in un unico quadro. Niente cuori, niente fiori attaccati sopra, niente di niente. Solo un quadro pieno di scatti, molti dei quali rubati.
Il suo viso a tratti diffidente, a tratti solare mi fissa da una fotografia. Erin non è mai stata una persona equilibrata perché non ha avuto un'infanzia felice o momenti che le hanno regalato più lacrime che sorrisi. Forse ha bisogno di non pensare al passato, di non rivivere continuamente quello che ha vissuto. Ma se non si apre con me come posso fare a capirla? Come posso fidarmi delle sue emozioni, di lei?
Sfioro i contorni di una foto del giorno del suo diploma. Lei al centro, tra due ragazze sorridenti, forse le sue amiche. Accanto, un'altra foto, lei insieme a suo padre. Non c'è più nessuno della sua famiglia immortalato in quel giorno di festa. Mi irrigidisco perché ha lo sguardo così triste da fare male e poi ripenso alla sua storia. Erano passate alcune settimane da quella separazione che ha visto quasi forzata, come se le avessero strappato via un organo. Quella sera stava andando a prendere la sua amica, forse una delle due immortalate nella foto, ad una festa quando un ragazzo l'ha rapita e tenuta per giorni in uno scantinato.
Erin ha vissuto così tante cose in così poco tempo da non poter essere biasimata ma ammirata per la forza e la tenacia con la quale ha continuato a vivere pur tenendo addosso i segni di ogni brutto colpo.
Dopo un tempo lunghissimo passato a fissare quella foto, sento sbattere la porta principale contro la parete e poi la sua risata riempire la casa e l'atmosfera tesa. Ma non è la solita risata cristallina e festosa. Questa che sento e che mi arriva al petto bersagliandolo di colpi in successione: è alquanto isterica, carica di tristezza.
Sto per uscire dalla stanza quando la vedo entrare in camera standosene in braccio a Shannon che ha lo sguardo strano, evita in fretta i miei occhi. Che diavolo ha fatto?
Mi agito notandola aggrappata a lui. Sbircia e mi sorride guardandomi con gli occhi di una che avrebbe bevuto anche il Mar Rosso.
«Sta bene?», chiedo avvicinandomi di un passo. Non so se posso toccarla. Non so come potrebbe reagire. So solo che sento dentro emozioni contrastanti.
Da una parte vorrei prenderla e stringerla al petto, dall'altro urlarle contro che è una grandissima stronza priva di giudizio. Non le hanno insegnato proprio niente le esperienze passate?
«A meraviglia!», risponde biascicando, prendendo la parola al posto del suo amico, apparentemente silenzioso e distante. «Ho fatto una cazzata dietro l'altra stasera ma è stato bello!», ride. «È sempre così che dovrei vivere.»
Inarco un sopracciglio guardando subito Shannon per capire che cosa ha combinato, per ottenere da lui le risposte di ogni domanda che inizia a frullarmi dentro la testa. Lui la fa sistemare sul letto guardandola come si guarda la propria donna.
Questa cosa inizia a darmi sui nervi oltre a farmi sentire di troppo in questa stanza dove il calore sembra aumentare sempre più. Ancora una volta mi ritrovo a chiedere silenziosamente spiegazioni.
«Prendo dell'acqua», dice Shannon, facendomi cenno di seguirlo con gli occhi che si spostano brevemente verso la porta.
Erin ci urla dietro: «Che cosa mi nascondete voi due?»
Sono in attesa e troppo nervoso per risponderle e siamo arrivati già in cucina per tornare indietro e urlarle contro che è una irresponsabile, che mi ha fatto preoccupare e salire la bile in bocca oggi nel parcheggio dell'ospedale. Sono pochi i momenti in cui perdo la pazienza. In queste ultime settimane è stata lei la miccia che ha innescato una forte esplosione dentro e fuori di me. Ha quel lato che mi fa scattare senza il minimo indugio.
Shannon passa nervoso la mano tra i capelli scuri. «Abbiamo fatto tardi perché ci siamo fermati a mangiare qualcosa», spiega.
Questo non mi fa sentire meglio. «E poi?»
«Non so da dove partire», dice aprendo il frigo, sbottonandosi la camicia con sguardo dapprima assente e poi di colpo nel panico.
«Inizia con il dirmi che diavolo hai fatto con lei», alzo il tono intuendo che è successo qualcosa. «E non mentirmi perché lo capisco quando c'è qualcosa che non quadra. Non sono stupido. Prima l'hai guardata in quel modo...»
Si appoggia al lavandino privo di forza. Guarda fuori poi annuisce prima di scuotere la testa. «Ho bevuto insieme a lei qualche bicchiere», parla a rilento.
«E...?»
Mi sto preparando a qualsiasi cosa. Ma non si è mai pronti e preparati davvero a tutto.
Mi guarda dritto in faccia. «Stavamo per farlo in auto. Mi sono fermato in tempo e... ti avevo detto in anticipo che mi dispiaceva perché sapevo che sarebbe successo qualcosa. Io... quando sono con lei non riesco proprio a frenare l'istinto. Non siamo andati oltre, questo posso assicurartelo. Dio, che situazione!»
Non è tanto restare feriti, quanto restare ancora con un cuore che è importante.
Non ci vedo più dalla rabbia e gli mollo un pugno in faccia colpendolo allo zigomo con la mano buona. «Sei un bastardo!», sbotto correndo in camera da lei, pronto ad affrontarla.
Sono così carico da non vedere neanche dove metto i piedi. Non trovandola in camera però, accantono per un attimo la rabbia e busso alla porta del bagno un po' brusco. Questa si apre con uno scatto, sbircio con ogni cattiva intenzione e lei sta correndo verso il water, il viso troppo pallido. Ancora una volta accantono la furia correndo da lei. Mi inginocchio accanto tenendole la fronte mentre vomita aria. Penso a qualcosa da dirle.
«Com'è che diceva Shrek? Meglio fuori che dentro?»
Mi sento subito un grandissimo idiota ma lei scoppia a ridere prima di vomitare. Tossisce provando a rialzarsi. «Non hai detto davvero una cosa del genere in un momento simile.»
Purtroppo l'ho detto ma almeno le ho strappato un sorriso.
Si abbassa di nuovo. «Shannon te lo ha detto, vero?», fa una smorfia. È arrivata in fretta al dunque. Deve avere notato la mia espressione furente.
Mi irrigidisco. Non mi aspetto mai niente, eppure sono già deluso. Guardo il polso fasciato poi la mano con cui l'ho colpito. C'è un livido che inizia a diventare sempre più viola, ma ne è valsa la pena. «Che avete bevuto e stavate per farlo in auto ma vi siete fermati in tempo?», replico aspramente.
Si appoggia contro le piastrelle abbracciandosi dopo avere tirato al petto le ginocchia. «Mi dispiace. Anzi no, non mi dispiace affatto. Sono anni che non lo faccio con nessuno, non pensare che io sia una di quelle che ogni sabato sera rimorchia qualcuno. Non sono nemmeno quella che salta addosso al suo amico di venerdì.»
«Lo so che non sei così. Non hai bisogno di spiegarmelo. Ma ho dato un pugno in faccia a Shannon per pareggiare i conti.»
Alzandomi le passo lo spazzolino. Sembra apprezzare la mia premura nonostante sia arrabbiato e deluso dal suo comportamento.
«Sul serio? E non mi dici niente? Non ti arrabbi con me? Nessuna scenata?», inarca un sopracciglio guardandomi con sospetto.
Che cosa si aspetta da me? Che mi metta ad urlare? Che la tratti male?
«Devi essere sobria per parlarmi e affrontarmi come si deve. Ma stavolta non scapperai più.»
Esce dal bagno per entrare in camera. Anche Shannon fa il suo ingresso. Non lo guardo nemmeno, l'istinto mi farebbe attaccare di nuovo la sua faccia del cazzo e, ora come ora non posso assolutamente perdere il senno e anche l'altra mano. Inoltre, sarà lui a dirle che il suo ex si trova qui per una conferenza. Ha scelto proprio Seattle e aveva altre tre città disponibili, più esplicito di così non poteva essere. Kay sta cercando di incontrare Erin e ci riuscirà, me lo sento.
Shannon le passa un bicchiere di succo di frutta e le pillole. Lei beve un sorso posando il bicchiere sul comodino.
Mi guarda con rimprovero notando il livido sullo zigomo di Shannon poi però corruga la fronte notandoci abbastanza tranquilli e non più sul punto di azzannarci, riflettendo. Ha capito che le stiamo nascondendo qualcosa.
«Perché glielo hai detto?», si rivolge proprio a lui. Sembra più stanca che arrabbiata.
Attendo anch'io una spiegazione sentendo la pelle infiammarsi al pensiero delle sue mani su di lei, della sua bocca sulla sua. Gonfio il petto. Sto per sentirmi male. Devo assolutamente uscire da qui dentro.
«Perché tu non lo avresti fatto. Il primo passo per andare avanti è essere sinceri.»
Sfila il tubino nero che indossa senza la minima preoccupazione e con disinvoltura si stende sotto le coperte abbracciando il cuscino. «Il primo passo è farsi una bella dormita», mugugna. «Adesso andatevene!», chiude gli occhi.
Shannon le spegne le lampade poste sui comodini. Le si avvicina ma notando che sto già avanzando verso di lui per fermarlo si allontana da lei mettendo le mani avanti. «Sappi che non ho paura di te, ma non sarebbe uno scontro alla pari visto che sei infermo al momento. E a me non piace vincere facile.»
Mi sento preso in giro. «Sei solo uno sbruffone. Prima o poi qualcuno ti darà la lezione che meriti», ringhio spostandomi in soggiorno più che nervoso.
Perché continuo a starmene qui dentro? Perché non me ne vado?
Lei non lo merita. Non mi merita.
Non ci vuole coraggio per andare via. Per restare invece ce ne vuole così tanto.
Metto in ordine il divano sistemandolo per accamparmi per la notte. Non permetterò a Shannon di infilarsi anche nel suo letto. Avvicinandomi al frigo prendo un bicchiere d'acqua appoggiandomi al ripiano con uno strano tremore. Inspiro ed espiro un paio di volte stringendo il pugno.
Shannon si siede sullo sgabello massaggiandosi le tempie. «Tutto ok?»
«Ti sembra che sia ok? Mi prendi in giro?», sbotto alzando la voce. 
Rimane dritto sulla schiena. «Lei ci tiene a te. Non darle la colpa perché sono stato io ad assecondarla e a permetterle di bere così tanto.»
Scuoto la testa sollevando il labbro. «Mi prendi per stupido? Ho visto come vi guardate e sin dal primo istante ho solo provato gelosia per il modo in cui i suoi occhi si posano su di te. È inutile girarci intorno. Lei ti ama, Shan! Ecco perché si è lasciata andare così tanto da...»
«Non è l'amore che credi. Ama anche te a suo modo e dovresti smetterla di trattarla come una bambina. Lei sa cosa vuole. Odia dovere raccontare o rivivere di continuo quello che vorrebbe solo superare. Tu non l'hai vista in quel bar, non hai sentito quello che mi ha detto in auto.»
Poso il bicchiere dopo averlo lavato. «E di Kay invece che mi dici, eh? Pensi che non reagirà peggio quando lo ritroverà a pochi passi per una "casualità"?»
Guarda la porta socchiusa della camera di Erin come se lei potesse sentirci. «Lui ha scelto Seattle perché sa che lei si trova qui. Non so come abbia fatto a scoprirlo ma avrà collegato la presenza di suo padre a lei e avrà fatto due più due.»
Massaggio la nuca. «Ti ha contattato?»
«Si. Credimi, per me è stato un duro colpo sapere che si sarebbe presentato come se niente fosse. Ho cercato di essere coinciso e sbrigativo, fargli capire che sono impegnato e non ho tempo da perdere ma lui...»
«Lui cosa?»
Sospira muovendo le mani. «Kay ottiene sempre quello che vuole. C'è una ragione se mi ha fatto determinate domande. Lui sa che amo Erin. Sa che l'ho baciata il giorno delle mie nozze. Non ha preso bene la nostra amicizia e sin dal primo istante ha cercato di tenerci a distanza. E sa che sono rimasto in contatto con lei, che adesso lavoro con suo padre...»
«Ma si è sposato, ha una famiglia...»
«Si, si è sposato ma nel suo mondo contorto credo che lui abbia amato davvero Erin. Quando stavano insieme era geloso... una persona che finge non lo è così tanto. Quei due hanno qualcosa in sospeso, uno dei due deve lasciare andare l'altro. Mi sembra inevitabile lo scontro.»
Corrugo la fronte. «Sono passati anni! Dubito che sia ancora interessato a lei dopo avere sposato la sua fidanzata. Chi si fa scappare una donna come Erin?»
«Kay sa essere un bastardo ma non ha mai smesso di tenere a lei. Quei due erano bambini quando si sono conosciuti. Lui ha rischiato la vita per recuperare un dannato cofanetto con tutte le sue cose. Be', in realtà io ho rischiato la gamba ma questa è una storia lunga. Quello che voglio dire è che se Kay è arrivato a Seattle prima della conferenza, significa che ha tutto il tempo di cercarla e di stare con lei.»
Sono sempre più confuso. Shannon se ne accorge. Si alza avvicinandosi. «Erin ha bisogno di sentirsi al sicuro. Se dovesse incontrare Kay e vederlo di continuo, potrebbe sentirsi minacciata. Sono anni che si tiene alla larga da tutta quanta quella merda. Sono anni che tenta di dimenticarlo.»
«Che cosa mi stai chiedendo di fare?»
«Cerca di tenerla il più lontano possibile dall'ospedale in questi giorni. So che ti chiedo tanto ma è il luogo meno sicuro per lei. Lui già da domani sarà lì per assistere a qualche intervento.»
Si agita. Perché la presenza del suo amico gli trasmette una simile reazione?
«E il tuo ruolo in questa storia qual è?»
«Io mi occuperò di Kay. Non che mi elettrizzi particolarmente averlo intorno per chissà quanto tempo.»
Non sono convinto del suo piano. «Sai che troverà lo stesso il modo di vederla?»
Annuisce con una certa sicurezza. «Non sarò io a dirglielo. Non posso darle una pugnalata simile», dice nervoso. «Cazzo, che situazione di merda!»
Sospiro. «Non mi fa stare meglio sapere che sei appena saltato addosso alla ragazza che amo e che il suo ex si ripresenterà facendo chissà quale gesto plateale per lei.»
Mi guarda un attimo smarrito. «Dobbiamo lasciare Erin libera di scegliere, darle fiducia. Io sarò sempre suo amico ma tu... sei in grado di reggere il peso?»
Sono in grado? Non ne ho idea. Da quando ho saputo di Kay non faccio altro che chiedermi se sarò mai in grado di superarlo. Evidentemente nessuno ci riuscirà mai ma lui è sposato e posso sempre fare leva su questo per darmi la spinta. «Non sarà facile darle fiducia sapendo che era innamorata di uno così.»
Shannon si ammutolisce e dopo un momento lo vedo dirigersi nella camera degli ospiti. «Mi dispiace non riuscire a proseguire con questo discorso ma sono sfinito. È stata una giornata davvero pesante e ho bisogno di dormire e di ricaricarmi per il grande evento catastrofico. Sono passati anni dall'ultima volta che ci siamo incontrati, non so davvero che cosa aspettarmi.»
«Non mi aiuti affatto così. Che cosa dovrei fare?»
«Va da lei e stalle vicino o se non vuoi posso farlo io e tu affronti un ragazzo che non conosci», ghigna provocandomi.
Alzo gli occhi al cielo. «Penso si dica porgi l'altra guancia in certi casi. Sei davvero pronto ad un altro pugno?»
Sorride. «Mi hai fatto male. Ma non dire a nessuno che mi sono rammollito», strizzandomi l'occhio se ne va chiudendo la porta.
Vorrei tanto avere il suo carattere e la sua sicurezza. Abbasso le spalle premendo la fronte sulla parete. Inspiro ed espiro e prendendo coraggio entro in camera di Erin.

Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora