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ERIN

È una strana giornata. Non sono riuscita a chiudere occhio e mi sento parecchio irritabile.
Durante la notte, "Ness" continuava a miagolare, era come se mi stesse avvertendo e alla fine sono uscita a correre prima del previsto per scrollarmi di dosso ogni sensazione. L'ho fatto per non sentire niente, per perdermi nei sentieri che ormai conosco bene come le mie tasche, per fermarmi nel mio posto preferito a prendere un caffè che mi desse energia e poi tornare a casa, fare una doccia e uscire per andare a lavoro, a scuola dai miei pulcini.
La giornata anche qui non è stata delle migliori. Due bambini, nell'intervallo, hanno litigato e si sono fatti male. È successo un casino e adesso Maddie rischia di ricevere un provvedimento per non essere stata in grado di placare gli screzi, le offese e quello che si è creato in seguito all'arrivo dei genitori dei due bambini, avvisati nell'immediato.
In classe, io invece ho dovuto soccorrere una bambina che ha vomitato anche il latte che le ha dato la madre quando è nata. Ho dovuto accompagnarla al pronto soccorso e qui i genitori mi hanno raggiunta accertandosi che la figlia non avesse niente di grave. Mi sono preoccupata davvero tanto per lei. Per fortuna era solo un po' di acidità dovuta al miscuglio di qualche cibo che le ha fatto male. Niente virus all'orizzonte e i complimenti dei due che nel momento della chiamata erano intrappolati al lavoro. Ho dovuto attendere due ore prima che arrivassero.
Ovviamente sono tornata a scuola e ho dovuto placare gli animi tra i colleghi che hanno iniziato a schierarsi ingiustamente chi dalla parte dei genitori e chi dalla parte di Maddie, ancora scossa. Alla fine ha chiesto un paio di giorni liberi, ma dubito voglia rientrare. La immagino già pronta a cambiare scuola e a parlare male di tutti.
Quando sono tornata a casa ho avuto come la netta sensazione che tutto nella mia vita, sia dentro che fuori, fosse in disordine e per questa ragione ho iniziato a pulire come una maniaca ogni angolo della casa fino a farla brillare.
Adesso mi ritrovo dentro la vasca. Me lo merito un lungo bagno, un bicchiere di vino, un libro e un po' di musica. Merito un po' di tranquillità.
A volte mi viene voglia di dare le dimissioni e iniziare un viaggio verso tutti quei posti che mi piacerebbe visitare. O semplicemente lasciare il lavoro e cercarne uno più tranquillo, magari accettare la proposta di Sammy, di farle da socia e da aiutante. Ma la solarità dei bambini, il loro essere spontanei e i loro insegnamenti, mi aiutano ad andare avanti, a prendermi cura di loro come se fossi una mamma, una sorella maggiore. Non mi dispiace togliere muco dai loro nasi, subire i loro capricci e ridere insieme a loro per qualcosa.
Uscita dalla vasca, mi vesto sedendomi sul divano. Qui mi appisolo un momento più che sfinita con "Ness", dall'altro lato, molto più calmo rispetto a qualche ora fa.
Il campanello mi fa scattare in piedi. Mi ritrovo al centro del soggiorno, assonnata e frastornata. Guardo l'orologio e non è passata neanche mezz'ora.
Non so che cosa mi aspetto. So solo che avrò controllato un paio di volte il telefono restando in attesa di un segnale, di un suo messaggio. Forse mi aspetto di trovarlo dietro la porta, con un sorriso e una sorpresa delle sue. Ma so che mi sta dando tutto il tempo che voglio. Non ha fatto altro che ripeterlo. Quindi mi reco all'entrata senza grosse aspettative.
Apro la porta e Sammy entra in casa pestando i piedi sul pavimento più che furiosa. Tiene tra le braccia una busta di carta bianca e non appena mi passa di fianco percepisco l'odore della pasta al pesto, quello delle polpette al tonno e delle sue paste con crema pasticciera e frutta fresca.
«Che ci fai qui, non avevi un altro impegno?»
Rimane impalata per un istante a riflettere. «Stan mi ha dato buca oggi. Non posso sprecare questo ben di Dio e sai che odio mangiare da sola», brontola sedendosi sul divano, sistemando sul tavolo da caffè il pranzo che avrà preparato con cura. «Se lo sapevo mi organizzavo diversamente anziché mettere il cartello dietro la porta della pasticceria fermando così il lavoro per qualche ora.»
Chiudo la porta sedendomi accanto a lei. «Che cosa è successo?»
Mi passa un piatto e una forchetta. Non rifiuto l'offerta. Adesso che ci penso non ho ancora mangiato. Non ho neanche fatto colazione. Tanto ero nervosa per non avere dormito.
Sammy solleva impercettibilmente le spalle. «Non ne ho la minima idea. Non mi risponde alle chiamate. Ha il telefono spento. Quando provo a chiamare scatta subito la segreteria ed evito di lasciargli un messaggio perché mi ha più volte detto che non li ascolta. Mi sto preoccupando. Non è proprio da lui comportarsi così.»
Attorciglio i tagliolini con la forchetta. Mastico lentamente guardando l'orologio. «Sarà ancora di turno e magari non avrà avuto il tempo di controllare il telefono. Gli hai messo qualcosa da parte da mangiare, spero.»
Sospira riempendosi la bocca di pasta. «Sarà», inizia biascicando. «Di solito mi avvisa quando pensa di fare tardi. Poi ovvio che gli ho messo tutto da parte. Dovrà pur mangiare. Non può sempre nutrirsi con cibo da asporto.»
La sensazione avuta tutta la notte torna e si intensifica. Non so che diavolo significa ma il mio corpo percepisce un pericolo.
«Come sta andando tra di voi?», chiedo per distrarla e forse per distrarmi.
Mi sorride in modo dolce deglutendo. «Benissimo. Stan è davvero meraviglioso. Sai che gli ho detto di sì per andare a convivere e abbiamo già iniziato ad organizzare il suo trasloco. Ho persino accettato i suoi calzini spaiati messi di proposito di colore diverso per scaramanzia e adesso non mi avvisa che farà tardi», sospira pesantemente. «Iniziamo proprio male in questo modo. E se gli è successo qualcosa? Se viene in pasticceria e non mi trova?»
Non sono stata brava a farle cambiare argomento. La sua apprensione mi colpisce nel profondo. Qualcosa non va, me lo sento.
Per interrompere il silenzio accendo la tv sintonizzandola sul canale del telegiornale locale ad un volume basso. Ho bisogno di zittire i pensieri che continuano a creare rumore dentro la mia testa esasperandomi.
«Mi racconti di nuovo come te lo ha chiesto?»
I suoi occhi si fanno lucidi, pieni di emozione. Deve essere stato davvero romantico, proprio come lo desiderava da anni.
Posa il piatto ormai vuoto pulendosi le labbra. «È stato fantastico. Mi ha portato a cena in un locale intimo, piccolo e tranquillo dove abbiamo mangiato davvero tanto e riso più del solito per delle cose all'apparenza stupide. Dopo essere usciti lui mi ha preso per mano e abbiamo passeggiato per qualche minuto con la vista mozzafiato in lontananza della città. Ad un certo punto si è fermato e guardandomi negli occhi mi ha semplicemente chiesto se mi sentivo pronta a portare ad un livello più alto la nostra relazione. Mi ha anche detto che sa che è ancora presto, che non ci conosciamo bene ma... non è riuscito a terminare perché ho detto si. È quello che voglio», beve un sorso d'acqua. «Dovevi vedere come mi guardava e il suo sorriso quando l'ho fermato perché stava iniziando ad agitarsi. Erin, sono preoccupata e se ha cambiato idea?»
Sorrido. «Tu lo ami...»
Arrossisce distogliendo lo sguardo, azzannando una polpetta di tonno. «Non dire cazzate!», brontola guardandomi male.
Le scocco un'occhiata in tralice e lei boccheggia. «Ok, si, lo ammetto. Sono fottuta!»
Rido abbracciandola. «Adesso tocca a te sorprenderlo.»
Morde il labbro carnoso e oggi di un rosso acceso. «Non puoi immaginare quello che abbiamo fatto dopo. È stato davvero...», si sventola con un'espressione di pura estasi.
Tappo gli occhi nascondendomi il viso tra le mani. «Non darmi i dettagli o non riuscirò mai a togliermeli dalla testa quando vi vedrò anche solo a un metro di distanza. Soprattutto non riuscirò più a guardarvi in faccia.»
Lei ride. «Ma è stato delicato, più delle altre volte», confessa meravigliata con le guance ormai rosse. «E non ci siamo strappati gli abiti di dosso davanti al portone. Abbiamo fatto tutto con molta calma. Intenso è poco da dire.»
Mi alzo tappandomi le orecchie. «Ok, adesso basta! Non voglio i dettagli di come si concepisce un piccolo Stan o una piccola Sammy», dico arricciando il naso.
Sammy ride abbastanza forte da farsi venire il singhiozzo. «Prendo la pillola, idiota!»
«Sai che se dimentichi di prenderla anche solo qualche giorno...», le faccio intendere il resto facendole il gesto della pancia gonfia con la mano.
Nega tornando seria. «Ho preso altre precauzioni. Ho fatto l'iniezione, dura tre mesi ma a quanto pare è un metodo funzionante», mi annuncia. «Io e Stan abbiamo un'attività continua e mi serviva protezione. Non che lui non presti attenzione ma... insomma hai capito quello che intendo.»
«Certo», apro il frigo prendendole una gassosa. «Ho capito proprio bene quello che intendi. Adesso dovrò solo togliermi dalla testa l'immagine di te e lui sul tavolo del laboratorio.»
Ride di nuovo sguaiata. «Il mio laboratorio è ancora vergine. Non lo riempirò di ricordi. Io lì dentro ci lavoro», interviene. Ricomponendosi, liscia la maglietta stretta color glicine che indossa. Incrocia le dita in grembo.
«E tu?», tentenna mentre me lo chiede.
Bevo un sorso d'acqua. «Io che cosa? Sai che non faccio attività fisica sotto le coperte da anni.»
Storce le labbra passandomi le polpette di tonno. Non hanno mai un aspetto invitante ma sono buonissime.
«Ma non hai voglia?»
Arrossisco. «A volte», ammetto.
Sammy si fa attenta. Ho stuzzicato la sua attenzione e adesso mi toccherà rispondere a qualsiasi domanda, anche a quella meno opportuna sulla mia vita privata. «Solo a volte?»
Confermo con un cenno. «Solo a volte», ripeto.
Non è convinta. Corruga la fronte. «Ti è capitato di eccitarti di più con Shannon o con Bradley?»
Tossisco. L'acqua mi va di traverso e per poco non la sputo fuori. Sammy mi batte una mano sulla schiena. «Ho fatto una domanda lecita. Ho visto che stai passando più tempo con Shannon adesso che è qua e non vorrei trovarlo sotto le lenzuola, nel tuo letto.»
Mi riprendo asciugandomi le lacrime agli occhi. Schiarisco la gola. «Sammy, quando la smetterai di pensare che ci vado a letto? Io e Shannon siamo così. Non c'è malizia tra di noi. Ci siamo trovati e abbiamo legato in un momento difficile per entrambi. Ci siamo poi persi per un po' di tempo e adesso possiamo vederci quando vogliamo perché non abitiamo più a km di distanza. Non ci vedo nulla di male se mi piace averlo attorno. Lui mi capisce!»
Sammy storce il naso chiaramente sconcertata. Non odia Shannon, non sopporta come ci comportiamo quando siamo insieme. In parte so che potrebbe essere frainteso il nostro comportamento, ma non siamo mai andati oltre al semplice bacio. Ed io, non ho mai pensato di volere rovinare la nostra amicizia per una fiamma che come si accende in fretta potrebbe anche spegnersi in un attimo.
«Rispondimi a una sola domanda», inizia assottigliando gli occhi, notandomi distratta. «Ora come ora andresti a letto con Shannon o con Bradley?»
«Bradley, mi sembra ovvio. Shannon è un mio amico e gli amici non finiscono a letto e non rovinano il rapporto che hanno costruito. Senti, so che Shannon ha sbagliato ma l'ho voluto anch'io quel momento in quel bagno. Non è solo sua la colpa ma anche mia.»
«Non è successo altrove? In uno dei vostri incontri? Ricordo che tornavi abbastanza serena...»
Alzo gli occhi al cielo. «No», dico seria. «Non mi ha mai messo le mani addosso in quelle uscite, mai provato a baciarmi», ripenso al momento in cui ha sfiorato le mie labbra con le sue per mordere l'altro pezzo di cibo che stavamo dividendo seduti sotto il portico. Mi sento in colpa. Ma non posso dirlo a Sammy, darebbe solo di matto. E confermerebbe inoltre le sue ipotesi azzardate.
«Quindi... fammi capire: andresti a letto con Bradley che attualmente tieni ancora a debita distanza da te? Non mi sembri molto coerente, lasciatelo dire.»
Lo so. So che può sembrare così. Ma quando gli ho chiesto se ci sarebbe stata l'occasione di vederci, lui mi ha risposto in modo freddo e sbrigativo.
Non so perché ma il commento acido di Sammy mi fa scattare per difendermi. «Già, mentre tu che hai sempre parlato male delle donne che vanno a convivere dopo due settimane di frequentazione sei coerente?», sbotto nervosa. «Una ragazza non può avere un amico perché deve esserci sempre malizia negli occhi di chi guarda.»
Sammy spalanca la bocca. Batte le palpebre poi fissa le punte dei piedi dispiaciuta. Proprio mentre sta per replicare, arriva la notizia che sconvolge la mia giornata. Un brutto incendio, una enorme esplosione qui vicino.
I vetri, la terra, tutto trema, gli allarmi scattano, i cani del circondario abbaiano, "Ness" schizza sotto il divano e ritrovo Samantha ad abbracciarmi. «Che cosa è stato?», chiede terrorizzata. Come se io avessi ogni risposta, mi dico.
«Non lo so. Resta qui», replico avvicinandomi alla finestra per controllare che fuori vada tutto bene.
I miei occhi notano la nube nera che si espande a distanza di km dal quartiere, insieme al fuoco. Si sentono delle ambulanze poi la gente riversarsi per strada chiedendosi cosa sta succedendo, proprio come noi. Alcuni riprendono con i telefoni la scena, altri chiamano a casa per avere notizie.
«Sembra che sia appena esploso qualcosa.»
«Li è dove si trovano i magazzini. È probabile che qualcosa abbia alimentato le fiamme. Non ci sono solo mobilifici ma anche un rifornimento di carburante, una fabbrica di vernici», spiego alla mia amica che si è appena avvicinata alla finestra e continua a fissare a bocca aperta la nuvola nera che si propaga ovunque.
I miei occhi vagano verso il televisore e raggelo quando in contemporanea noto le immagini dell'esplosione a rallentatore e la notizia che potrebbe esserci una vittima, un giovane pompiere.
Il petto inizia ad alzarsi e ad abbassarsi frenetico. Barcollo. Vado in iperventilazione. Le pareti si restringono e mi ritrovo a terra.
No, fa che non sia lui. Fa che non sia lui.
Sammy urla spaventata poi mi aiuta a riprendermi recuperando il mio inalatore e un sacchetto dove soffio seguendo il ritmo del suo respiro frenetico, più del mio, fino a calmarmi.
Sammy va a controllare il telefono con le lacrime agli occhi. «E se fosse Stan?»
La prospettiva mi fa schizzare il cuore nel petto un'altra volta. Notando però la paura negli occhi della mia amica, riprendo il controllo.
Peggiora, sento che è così, la sensazione che mi accompagna da tutto il giorno.
«Non è Stan», replico.
«Come fai a saperlo?»
«Lo so e basta. Lo sento dentro. Inoltre tra qualche minuto qualcuno confermerà qualcosa. I giornalisti ci mettono poco tempo a farsi dire il nome, il cognome e tutto il resto. Sono come le piattole», replico.
La mia amica fissa lo schermo del telefono, la tv e ancora la finestra. Mi stringe la mano quando il giornalista inizia a parlare tenendo un foglio, il microfono e con l'altra mano libera il dito premuto contro l'auricolare. Poi, di punto in bianco sullo schermo compare una sua foto e il mio mondo crolla. Non sento più niente. Le urla di Sammy, il telefono che squilla, la sua voce agitata mentre parla con qualcuno. Niente. Non c'è nient'altro. Non ho più nessuna consapevolezza. So solo che Bradley è in fin di vita.

Come crepe sull'asfaltoWhere stories live. Discover now