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ERIN

Incredibile come arriva il dolore. Silenzioso come una freccia che va a conficcarsi al centro esatto del suo bersaglio: il cuore. Tutti si preoccupano se hai la febbre o se cadi e ti sbucci un ginocchio, se piangi dall'emozione, ma nessuno si accorge se hai il cuore a pezzi. Nessuno vede che sei disperato, così tanto da non riuscire a respirare. Il dolore al cuore non è solo una fitta. Non è qualcosa di cui non ti accorgi. Arriva e fa male. Arriva e ti lascia un segno. Non guarisce mai. A volte torna a sanguinare.
Per me è stato come sentirsi colpire in petto da un dardo. Ho sentito l'esatto momento in cui il mio cuore, ancora una volta, ha fatto crack. Si è fermato per un lunghissimo istante. E quando ha ripreso a battere, non erano solo semplici colpetti contro lo sterno. Ma forti tonfi in grado di risvegliarmi dentro lo stomaco uno sciame di falene nervose. E l'ho sentito forte il terrore. Adesso sono qui, di nuovo chiusa in me. Circondata da una paura che rischia di allagarmi dentro fino a farmi morire annegata.
Sto cercando in tutti i modi di capire. Sto cercando di capirmi. Di darmi un senso. Non ho paura di restare sola. La solitudine non mi fa paura. Non è poi così brutto come si pensa, stare da soli. Mi fa paura la fragilità che mi sprigiona dentro. Il fatto di sentirmi meno.
Meno forte.
Meno sicura.
Meno felice.
Non abbastanza.
Non ho paura di vedermi spenta e di pessimo umore. Ho paura di non vedermi più felice, di non vedermi più accanto a lui.
Ho paura di lui. Perché è riuscito con una facilità disarmante a farmi sentire diversa, a farmi stare bene. E adesso ho distrutto tutto perché non ho avuto il coraggio di urlarglielo in faccia.
Lo amo?
Non ho ancora capito di cosa si tratta. Non ho mai capito come sia possibile che per stare bene bisogna essere per forza in due. Due che di norma formano una cosa sola. Un unico corpo, una sola mente, un battito, un cuore.
Stavo cercando di non cascarci eppure credo sia successo. Ci sono cascata. Sono caduta nella trappola e sono rimasta alle dipendenze di uno sguardo, di un sorriso, di una voce, di due braccia forti. Ma, sono andata a sbattere contro la realtà troppo in fretta e mi sono fatta male. Perché non tutti siamo fatti per l'amore. Io non sono pronta per l'amore.
Lo amo?
Non lo so. So solo che adesso che non c'è, io mi sento come una stanza vuota con una finestra spalancata e l'inverno fuori. Ho il freddo dentro e lo sopporto a stento.
Il rumore assordante di due colpi alla porta mi fanno sobbalzare. «Un attimo», brontolo con la guancia schiacciata sul cuscino e la saliva asciutta agli angoli della bocca, impastata e arida come il deserto.
Da quanto dormo?
Tiro giù la coperta e mi alzo sentendo dolore agli arti. Starsene per ore in posizione fetale non è stato il massimo. Ma era così comodo l'angolo in cui mi trovavo da non permettere a niente e a nessuno di disturbarmi.
Be', questo fino ad ora.
Un raggio di luce proveniente dalla finestra semiaperta mi acceca e sentendo altri colpi alla porta sempre più frenetici, come un tamburo che passa da una marcia tranquilla ad una veloce e rumorosa, mi costringo ad alzarmi dal letto e arranco verso la porta con "Ness" che mi tallona infilandosi tra le mie gambe miagolando affamato e pronto a farmi cadere.
Lo prendo in braccio prima di sfracellarmi al suolo e apro la porta. La luce ferisce terribilmente i miei occhi chiari e schermo il viso con una mano per vedere chi mi sta disturbando di sabato mattina. Il mio giorno di riposo dopo una lunga settimana appena passata. Oserei dire la più lunga in questo periodo.
Ho evitato chiunque dedicandomi totalmente al lavoro. Per fortuna Grant è tornato e adesso non dovrò più fare doppi turni ma ho trovato ogni distrazione possibile per non tornare presto a casa e sentirmi una vecchia zitella acida.
«Hai un aspetto orribile», esclama Sammy entrando in casa con un mucchio di sacchetti e l'aria di una che sta per invaderti la casa dopo averla perquisita come un segugio.
Chiudo la porta alle spalle lasciando libero "Ness" che va ad appollaiarsi sul cuscino posto sulla soglia della finestra, a fissare il vuoto dopo avere mangiato i suoi croccantini preferiti. È un gatto che ha delle esigenze particolari. Forse sono io che ho iniziato a viziarlo troppo e adesso non posso più farne a meno.
«Ciao anche a te», brontolo trascinandomi in cucina dove la vedo aprire la dispensa, il frigo continuando a fare delle smorfie. «Entra pure e fa come se fossi a casa tua», continuo.
Sammy non mi ascolta, troppo coinvolta nel suo compito. «Che cosa hai mangiato esattamente in questi giorni?», chiede guardandomi male. Annusa l'aria che odora di birra, tabacco e caramelle alla liquirizia. Assottiglia gli occhi squadrandomi. Persino io lo faccio, sentendomi a disagio.
Mi rendo conto di essere un vero disastro. Mi sto trascurando così tanto da sembrare la versione peggiore di Bridget Jones. Indosso una felpa consumata senza scritte sopra l'intimo meno sensuale che io abbia mai visto indossare da una ragazza. Per non parlare dei miei capelli legati perché non sono riuscita ad aggiustare il nido che si è formato e il viso che avrebbe bisogno di una ventina di creme per riprendersi dalla secchezza. Sembro proprio una tossica.
La mia amica attende paziente una mia risposta. Non smette di fissarmi in cagnesco. Che le succede?
«Ho prenotato qualcosa. Vuoi controllare anche l'immondizia? Fa pure. Non troverai preservativi o altro perché non ho fatto niente del genere per tenermi impegnata. Inoltre a farmi ingozzare come un maialino da latte, ci ha già pensato mio padre. È passato ogni sera con la cena e un film orribile da vedere. E non ho neanche protestato o rifiutato.»
Sammy morde il labbro tamburellando con le dita, le unghie laccate di smalto rosso acceso, sul ripiano. «Ho fatto la spesa per te», mi dice iniziando a mettere in ordine i suoi acquisti. «Niente preservativi, visto che sei più casta di una suora di clausura.»
Mi siedo sullo sgabello dopo essermi riempita una tazza di caffè massaggiandomi la fronte. Ho un brutto mal di testa da sedare e lei con il suo malumore non mi aiuterà di certo.
«Potrei anche farlo senza. Perché sei qui?»
Guarda l'orologio stringendo gli occhi e inspirando lentamente per non esplodere. «Erin, è ora di pranzo e sapevo di trovarti ancora sotto le coperte. È sabato, non lavori ma tu non resti mai a letto fino a tardi. A meno che... c'è una buona ragione?»
«Mi andava di dormire. Non credo ci sia una legge che mi vieti di farlo», sbotto irritata. «Ho una casa tutta mia, un lavoro che mi soddisfa e il sabato posso starmene sotto le coperte quanto mi pare e piace, anche fino al giorno dopo», aggiungo. «E con chi voglio.»
Sammy mi dà le spalle, non commenta lasciandomi concludere. «Hai anche un ragazzo che sta da cani per te, perché non hai più cercato di contattarlo. Sei così sicura di avere ragione da non renderti conto di stare distruggendo qualcosa di bello e che potrebbe renderti felice. Davvero, Erin, non credo di avere mai conosciuto una persona più disastrata di te in fatto di relazioni. Ma ti voglio bene e te lo chiedo come favore personale: smettila di essere così dura con te stessa.»
Mordo il labbro tanto forte da sentire il sapore del sangue in bocca quando tiro troppo una pellicina. «Sei venuta qua per parlarmi di lui, per dirmi quanto ci tiene o per raccontarmi come sta andando la tua relazione con Stan?»
Apre la bocca poi gonfia il petto arrossendo. Infine si sgonfia come un palloncino. «Con Stan va più che bene. E a quanto pare possiamo chiamarla relazione», abbozza un sorriso timido, trattenuto, troppo. Non è da lei avere una simile reazione.
Mi sforzo di sorridere in modo sincero. Sono contenta che abbia finalmente trovato qualcuno che soddisfi ogni suo requisito mentale. Stan sembra proprio quello giusto. Sammy non ha ancora elencato niente di così inaccettabile su di lui. Mi fa ben sperare.
«Uhh, stasera che cosa avete in programma?»
Sto spostando l'attenzione su di lei per non dovermi sentire uno schifo. Ma è quello che mi serve attualmente, non pensare. Non continuare a farmi male dal punto di vista mentale.
La mia amica valuta se dirmelo. Poi capisce che non è un problema per me, che sono disposta ad ascoltarla più che volentieri pur di distrarmi.
«Mi ha spedito un messaggio criptico dei suoi. Mi ha solo detto di vestirmi elegante. Non ha aggiunto nient'altro. Che diavolo mi metto?», alza il tono.
«Hai un armadio pieno di indumenti. Non credo che avrai problemi ad individuare qualcosa di elegante.»
Mi guarda storto. Prendo un breve lasso di tempo per riflettere e darle un vero consiglio. «Opta per qualcosa di nero, lungo e fluido. Avevi quell'abito...»
Lei annuisce nell'immediato con occhi luminosi. «Si, hai ragione!»
«Quello per le grandi occasioni!», concludiamo insieme ridendo.
Samantha, durante una comune passeggiata in centro per fare shopping, un giorno ha trovato il suo abito "delle occasioni speciali". Da allora non ha ancora avuto modo di indossarlo ma questa sembra proprio la volta giusta.
«Indosserò anche il completo intimo che mi hai regalato. Non ho ancora avuto il modo e la serata giusta per metterlo.»
La guardo complice e capisco di averla distratta abbastanza da non ritornare all'argomento principale, nonché motivo della sua ennesima visita.
«Hai intenzione di...»
Avvampa sventolandosi. «Certo che si!»
Sorrido alzandomi dallo sgabello. Riempio una scodella di cereali con un po' di latte di cocco. Appoggiata al ripiano mangio quello che dovrebbe essere il mio pranzo. Non ho proprio voglia di mettermi ai fornelli. «Presumo sia messo bene lì sotto...»
Il suo sorriso tutto denti mi suggerisce la risposta. «Bene è riduttivo. Lui è bravo!», spiega.
Poso tutto dentro il lavandino. «Quante?»
Arrossisce. I suoi occhi sfuggono. «Troppe per contarle e praticamente ovunque, senza controllo. Non riusciamo a resistere o a smettere. Ma non fraintendermi, parliamo e anche tanto e ci divertiamo con qualsiasi cosa o per una stupidaggine. Non mi era mai successo di legare l'utile al dilettevole.»
Sono felice per lei. Finalmente sembra avere trovato l'uomo della sua vita, quello che da anni sperava di incontrare senza programmarlo.
«Pensi sia quello giusto?», lavo tutto quello che si è accumulato dentro il lavandino. La casa potrebbe sembrare proprio quella di una persona molto sola. Non voglio trascurare i miei doveri. Posso rimboccarmi le maniche e andare avanti. Basta autocommiserarsi. Basta sentirsi giù di morale. Basta aspettare qualcosa o qualcuno che non arriverà mai più a sorprendermi.
Sammy si siede sullo sgabello dove ero prima aprendo una confezione di salatini. «Sembro pazza se rispondo di sì?»
Nego. Valuto la sua attenzione e la sua espressione: un misto di sorpresa e spavento. «Posso farti una domanda?»
Mi fa cenno di continuare mentre mangiucchia più che nervosa.
«Sei innamorata di Stan? Come hai fatto a capirlo? Cioè, come ci si sente?»
Sammy tossisce, le va tutto di traverso. Le passo subito un bicchiere d'acqua.
«Hai detto una sola domanda non la storia di come ci si innamora», esclama turbata. Cerca subito di riprendersi e si concentra su come rispondere. «Perché vuoi sapere proprio questo?»
Alzo le spalle con finta indifferenza. «Volevo capire quanto inizia ad essere seria la tua relazione. Avete già parlato del futuro o...»
Sentendo solo silenzio mi volto e Sammy ha il telefono in mano. «Ti risponderò dopo questa sera. Stan inizia ad essere davvero strano e mi sto allarmando parecchio.»
Corrugo la fronte asciugandomi le mani mettendo in ordine le scatole dei cereali per grandezza. «Che succede?»
Mostra lo schermo. «Mi ha solo detto che passerà a prendermi alle otto in punto e che non mi dirà altro sulla destinazione.»
«Una sorpresa. Tu ami le sorprese», replico.
Fa una smorfia. «Non so, c'è qualcosa di strano. E se mi chiede di sposarlo o di andare a convivere con lui? Che cosa faccio? Sono pronta ad una cosa del genere? Oppure se mi dice che è sposato o che ha un figlio da qualche parte?»
«Chiama il pubblico da casa, ovvero me, e ti darò un suggerimento», la prendo in giro. «Ma sai già quello che vuoi. Non è così? A te non importa se Stan ha un figlio o una ex pazza. Lo accetteresti lo stesso perché lo ami.»
I suoi occhi diventano lucidi. «Si...», sussurra insicura.
Piego la testa di lato. «Sammy?», chiedo una spiegazione per il suo strano comportamento.
La mia amica torna subito in sé. «Si, è così. Ho solo un po' di paura, tutto qua.»
«Perché?», mi sposto in camera dove recupero qualcosa da mettermi dall'armadio, pronta per fare una doccia e togliermi di dosso l'odore di popcorn e cibi fritti.
Mi segue. «Perché non voglio correre ma allo stesso tempo so che è lui, lo sento sotto pelle e la cosa mi elettrizza e terrorizza come non mai. Penso che accetterei di tutto.»
Scelgo una maglietta leggera e un paio di pantaloni della tuta. «Tanto lo so che hai già programmato ogni cosa», dico andando in bagno.
«Mi conosci!», alza il tono mettendosi dietro la porta che lascio socchiusa per sentirla.
Entro nella doccia. «Ad esempio? Dimmi dove vivrete?»
«A casa mia, mi sembra ovvio. Ho un appartamento grande quanto un campo da baseball, più o meno. Ed è troppo spazioso per me. Non ho neanche un animale in casa. Inoltre è più vicino alla pasticceria e mi permette di non prendere l'auto di continuo e dovere cercare un parcheggio per ore.»
«Ma a Stan pensi che possa andare bene? Trasferirsi da te, intendo.»
Riflette un momento prima di rispondere. «Diciamo che ha dormito da me in questi giorni. Ho visto casa sua ed è piccola.»
Chiudo l'acqua rimanendo per un paio di istanti in silenzio. «Davvero?»
«Si, e mi ha ripetuto che gli piace molto stare lì.»
«Allora puoi spuntare questa voce dalla tua lista», replico avvolta dall'asciugamano pettinando i capelli.
Mi asciugo rivestendomi e quando esco dal bagno Sammy sembra ancora altrove. I suoi occhi intercettano i miei. «La stai prendendo troppo bene questa notizia», dice. «Non hai avvertenze? Nessuna predica delle tue?»
Nego. «Bisogna fare le proprie esperienze e scegliere da soli, con la propria testa e il cuore. Non lo dici sempre anche tu? Male che vada avrai ancora il tuo appartamento e la tua amica pronta a presentarsi con una confezione di popcorn e un film strappalacrime dei tuoi preferiti.»
Si siede sullo sgabello guardandomi mentre metto in ordine la mia stanza. «Erin...», inizia insicura. «Sicura di stare bene? Non ti vedo così da... tempo.»
Annuisco ignorando la sensazione di freddo che continuo a percepire. «Mai stata meglio», mostro un sorriso finto ma convincente mentre una parte di me urla "bugiarda!", di continuo.
«E con Bradley? Non ti piacerebbe stare con lui?», mi mette alla prova.
«Mi ha detto chiaramente di andarmene a quel paese ed è quello che ho fatto. È finita. È passata una settimana e sto bene.»
Mi sposto in soggiorno. Qui tolgo le ciotole con i resti degli snack e i cartoni di cibo mangiato insieme a mio padre prima che lo chiamassero per una emergenza.
«Stai eludendo le mie domande. Ho sentito quello che ti ha urlato addosso e so che non hai avuto il coraggio di dirgli la verità.»
Nego con convinzione. «No, sto andando avanti.»
Inarca un sopracciglio. «Erin!»
«Che c'è?»
Le sopracciglia adesso le schizzano fino all'attaccatura dei capelli. «Smettila!»
«Di fare cosa?»
Mi picchia con un cuscino. «Di fare finta di stare bene. Di fare come se niente ti scalfisse. Guardati», mi indica colpendomi un'altra volta. «Non mangi come si deve, ti trascuri comportandoti come il tuo gatto ed eviti ogni invito o individuo. Sembri una tossica.»
«Io sto benissimo. La mia vita procede come al solito. Non mi comporto come il mio gatto. Sto solo facendo quello che faccio di solito.»
Sammy scrolla la testa. Non è d'accordo. «Stai solo attraversando di nuovo quelle fasi ma sappi che Bradley non sta meglio di te e forse Shannon non te lo ha detto per non turbarti o farti arrabbiare ma... lo ha accompagnato a casa quella sera, con il polso fasciato e l'alcol alle stelle. Hanno passato la serata al "Room 74" quei due dopo essere usciti dall'ospedale. Hanno parlato e sai meglio di me quello che significa.»
Strabuzzo gli occhi. Shannon non ha fatto nessuna domanda in questi giorni sul mio comportamento. Questo perché sapeva quello che sta succedendo tra me e Bradley. È solo passato a trovarmi ed è rimasto insieme a papà a cena un paio di volte senza mai fare battute o altro. Ecco, adesso si spiega perché era così calmo e attento ad ogni mio gesto o reazione.
Mi irrigidisco. «E tu come lo sai?»
«Stan», inizia. «Ieri mi ha detto che non riusciva a tenermi nascosto che aveva portato Bradley in ospedale e di averlo lasciato lì quando io l'ho chiamato perché tu avevi avuto una brutta reazione ed eri scappata. Mi ha detto che Bradley gli ha raccontato di avere parlato con Shannon davanti un paio di bicchieri.»
Apro e richiudo la bocca sentendomi tradita da tutti loro. «E per quale ragione me lo stai dicendo?», passo alla difensiva.
«Perché ti interessa!»
Soffio dal naso come un toro che vede rosso ovunque. «Ti sbagli.»
Incrocia le braccia. «Erin, vuoi smetterla un momento di fare la stronza? Bradley ti piace, lo ami addirittura e non puoi continuare a stare così male. Adesso tu gli scrivi!», sbotta passandomi il telefono quando lo trova nella mia stanza. «Subito!», aggiunge.
Nego strappandogli il telefono dalle mani. «Non manderò un messaggio ad un bastardo che mi ha urlato addosso di essere una ragazzina viziata non capendo quello che mi stava succedendo.»
Sammy mette il broncio. «Erin, lui ci tiene a te. È dispiaciuto. Vuole solo un segnale da parte tua. Non potete davvero smettere così...»
La mia testa sta già oscillando da una parte all'altra. «Non manderò nessun segnale perché una persona che ti vuole davvero, non ti fa sentire in quel modo», la voce mi trema. Mi sto sentendo soffocata dal quantitativo di emozioni e pensieri che ho dentro. «Adesso forse dovresti andare.»
Prova a ribattere ma intuendo il mio stato d'animo dalla mia espressione fredda, prende la borsa. Dandomi un bacio sulla guancia si avvia alla porta. «Erin, per favore non farlo», mi prega silenziosamente. «Non rinunciare.»
Detto ciò, si chiude la porta alle spalle. Scivolo a terra portando le ginocchia al petto. Abbasso la testa inspirando ed espirando.
"Ness" si avvicina strofinandosi a me. Lo guardo triste arruffandogli il pelo prima di stendermi sul tappeto insieme a lui per coccolarlo. «Che cosa devo fare?», sussurro.
Miagola nascondendo il viso sotto il mio collo. Fa le fusa mentre gli gratto sotto il mento.
I minuti passano e continuo a starmene lì, priva di forza.
Sento bussare di nuovo alla porta a tardo pomeriggio e alzandomi vado ad aprire ritrovando davanti Shannon. Gli sbatto la porta in faccia. «Torna quando mi dirai la verità e non mi terrai nascoste le cose, traditore!»
«Era parecchio nervoso. Ho fatto solo il mio lavoro», alza il tono per farsi sentire.
«Il tuo lavoro era anche andare a bere insieme a lui per spettegolare o parlare di me?»
Sospira. «Aprimi e ne parliamo. Odio quando non mi permetti di guardarti in faccia e dirti tutto. Soprattutto che mi dispiace.»
Apro la porta incrociando le braccia, guardandolo male. «Hai due minuti.»
Prova ad entrare e lo fermo allontanandolo con la mano sul petto. «No, non entri a casa mia finché non mi spieghi che diavolo ti dice il cervello.»
Valuta la situazione poi si siede sul primo gradino aprendo la confezione bianca di carta. Mi fa cenno di sedermi insieme a lui sotto il portico.
Mi passa subito i rollini di riso con salmone al centro e semi. Ne prendo uno per fargli compagnia e per attutire la sensazione di vuoto allo stomaco.
«Era arrabbiato e non mi è sembrato giusto lasciarlo andare da solo. Così, avendo bisogno di una birra dopo un turno pesante, l'ho portato al "Room 74". Carino il locale. Un po' troppo pieno di maniaci per i miei gusti. Comunque, abbiamo parlato di te e ho capito che...», smette di masticare per deglutire. «Che è cotto ma ci sta male perché non riesci a renderlo partecipe della tua vita.»
Lecco le labbra pulendo le dita. «Adesso familiarizzi con il nemico? Mi dirai che ho la tua benedizione?»
Nega. «Sai quello che voglio davvero per te. Ma vedo che ci stai male anche tu e non posso non consigliarti di mandargli un messaggio e mettere fine a questa assurda guerra del silenzio.»
Guardo il cielo limpido. «Perché dovrei?»
«Ti sei innamorata di lui. A me non puoi mentire e conosco quello sguardo. Quindi smettila di fare la bambina e prendi un po' di quel coraggio che hai dentro per fare la cosa giusta. Non puoi perdere una persona che ti ama davvero e non ha segreti.»
Mi posa sulle labbra un involtino di verdura e lascio che mi imbocchi. Pulisce le mie labbra con il pollice prima di portarlo in bocca come se fosse un gesto naturale. «E tu smettila di comportarti come se niente fosse.»
Beve un sorso d'acqua. «Sai già che se sei felice a me sta bene. Anzi, più che bene. Era bello vederti solare e con quell'aria da ragazzina.»
Lo spingo e sorride. «Torna in te, principessa!»
Gli rubo un altro involtino. Mi avvicina prima ancora che riesca a spezzarlo con i denti e mi sfiora le labbra con le sue. «O sarò costretto a farlo con le maniere forti», minaccia.
Sento lo stomaco contrarsi e le gambe tremare. Che diavolo fa?
Deglutisco a fatica sentendo le labbra formicolare nel punto in cui mi ha sfiorata con le sue. «Hai capito?»
Arrossisco. «Ti odio!», sbuffo entrando in casa per riprendermi.
Ride seguendomi. Posa tutto sul bancone sedendosi sullo sgabello a suo agio. Gli passo una birra e quando mi avvicino si alza abbracciandomi, tenendomi stretta tra le sue braccia. Mi solleva il mento costringendomi a guardarlo negli occhi. «Non lasciartelo scappare. È un brav'uomo. Sai che non lo dico mai perché sono geloso. Ma lui ha quella scintilla.»
Circondo il suo collo con le braccia. «Sono passati nove anni eppure mi sembra ieri. Non so se riuscirò mai a vivere davvero.»
Le sue braccia stringono la mia schiena. «Stai sopravvivendo con un peso addosso. È arrivato il momento di liberarsene e andare avanti. Taglia quel cazzo di filo, Erin.»
Faccio una smorfia e lui mi bacia la guancia premendo e tenendo le labbra su di essa. Chiudo gli occhi rilassandomi. «Sciogliti e rischia. Sei lontana da loro», mugugna. «E poi ci sono sempre io. Non ti lascio sola, lo sai.»
Tengo gli occhi chiusi stringendomi a lui. «Mi amerai lo stesso?»
Sorride, lo sento sulla pelle e mi provoca un brivido. «Sempre!»
Sciolgo l'abbraccio. «Mi dispiace per la reazione che ho avuto prima.»
Beve un sorso di birra. «Lo so. Sei irascibile e testarda come al solito. Una vera stronza.»
Posa i contenitori in frigo prendendomi per mano. «Andiamo, facciamoci una passeggiata. È una bellissima giornata di sole per restare a casa, nascosti.»
Stringo le sue dita osservando quei tatuaggi sbiaditi sulle nocche. «Non puzzo ancora di naftalina», dico arricciando il naso.
Ride annusandomi. «No, ma se continui ad autocommiserarti presto sarà così.»
Mi cambio e usciamo di casa tenendoci mano nella mano, senza problemi o imbarazzo.
Il sole mi riscalda la pelle. Alzo il viso inspirando. C'è odore di margherite appena sbocciate ed erba appena tagliata. Di tanto in tanto arriva anche l'odore di cibo speziato dal ristorante indiano qui vicino.
Shannon cammina accanto, nascosto dalle lenti scure. Guardo le nostre dita intrecciate mordendomi il labbro. «Scommetto che questo non lo facevi da sposato», sollevo le nostre mani.
Stringe la presa. «No, mai farlo! È peccato tenere per mano la propria moglie», esclama sarcastico.
Rido. «Come procede il divorzio?»
Ci fermiamo a prendere un gelato proseguendo verso il parco pieno di famiglie e bambini che scorrazzano ovunque ridendo e strillando. Shannon non sembra turbato in alcun modo dalla mia domanda. Parliamo tranquillamente di tutto.
«Prima o poi non dovrò più incontrarla. Ho chiesto l'annullamento completo del matrimonio. Ho un buon avvocato e tuo padre mi ha affiancato il suo. Dire che insieme sono dei mostri è poco. Quindi presumo che prossimamente tornerò ad essere davvero un uomo libero.»
Sorrido, sono felice per lui. «Vi siete mai parlati dopo...»
«Dopo che mi ha tradito e ha avuto un figlio da un altro?», nega disgustato. «Quando prova a rivolgersi a me io guardo il mio avvocato. Voglio evitare qualsiasi contatto con lei per non avere nulla contro di me o a mio carico. Sai che l'ho sempre trattata bene. Ma è capitato di doverle rivolgere la parola e non è stato facile non sbroccare come un pazzo risentito.»
Ghigna ripensando a qualcosa. «Come quella volta in cui ha dato la notizia della gravidanza credendo di potermi abbindolare. Avevo già avvisato il mio avvocato di una simile mossa per arrampicarsi sul mio patrimonio.»
Ci sediamo su una panchina. Porta le nostre mani ancora intrecciate in grembo. «Poi capita di guardarci durante quegli incontri, ma lei abbassa subito lo sguardo perché sa di essere nel torto e sa di non avere niente contro di me.»
«Ti penti di più di averla sposata o di esserci andato a letto meno del tuo vicino?»
Ride nervoso. «Stiamo giocando?»
Annuisco alzando entrambe le sopracciglia con fare allusivo.
«Su questo posso dire di essermi pentito di averla sposata. A letto non mi eccitava più di tanto. Era una tale noia che preferivo lavorare per sentirlo drizzarsi. Cazzo, ho proprio preso un abbaglio per quella donna», dice arricciando il naso. «Ho davvero sbagliato a lasciarmi coinvolgere dalla prospettiva di avere una famiglia e tutto il resto. Adesso so che non mi ha reso felice. E a letto, non si muoveva, non prendeva mai l'iniziativa, be'... tranne quando forse doveva farsi perdonare le scappatelle.»
«Usavi le protezioni, spero.»
Annuisce subito. «Sempre ma non servivano perché mi stancavo e fingevo. Per questo mi sento fortunato. Adesso tocca a me. Ti penti ti più di avermi baciato o di non essere andata oltre quella sera?»
La domanda mi fa arrossire. «Ci vai giù pesante», replico mentre mi sorride divertito. Mi agito sul posto. «Di non essere andata oltre. Almeno avrei litigato di brutto con la sposa per un motivo valido anziché sul fatto che stavamo ballando e a sua madre non andava bene perché catturavamo la scena più della figlia.»
Ci guardiamo e poi ridiamo. «Però è stato bello in fondo.»
«Mi è piaciuto quando mi hai strappata dalle mani di tuo zio e quando mi ha difeso andandole contro.»
Si alza e non capisco. Mi afferra tirandomi a sé mettendosi proprio come quella sera. «Se non sbaglio ballavamo così», dice oscillando.
Rido. «Eravamo impediti e un po' in imbarazzo all'inizio. Poi l'alcol ci ha dato una mano.»
«Ti penti di più di avere iniziato a ballare o di non avere bevuto abbastanza?»
«Di non avere bevuto abbastanza da non avere così tanto controllo. Tu?»
Abbassa il viso. «Anch'io. Forse bevevo e ti tenevo d'occhio proprio perché sapevo di volerlo.»
Mi fermo e lui mi guarda. «E adesso? Che cosa vuoi?»
Mi sfiora una guancia portando i capelli dietro l'orecchio. «Voglio solo che tu sia felice. E quando ti vedrò sorridere come quando ti ho fatto fare questo...», mi fa fare una giravolta e rido. «Ecco... allora sarò tranquillo.»
Ci stacchiamo all'unisono. «Grazie, Shan», sussurro con la guancia premuta sulla sua spalla.
Mi bacia la testa. «Grazie a te per avermi fatto trovare il coraggio di liberarmi del tirannosauro.»
Il nomignolo attribuito alla moglie. Rido forte facendo voltare qualcuno. Tappo la bocca nascondendo il viso imbarazzata. «Fumava di rabbia quando tornavi a casa di corsa?»
Annuisce. «Diceva di sentirsi male ma la trovavo in vestaglia, davanti la porta. Prima di farmi entrare mi annusava la camicia e controllava che non ci fossero segni di rossetto o succhiotti sulla mia pelle, quindi che tu non mi avevi sfiorato.»
Lo guardo complice. «Sappiamo entrambi che portavi dei vestiti di ricambio come la tuta per andare in palestra o il costume per la piscina.»
«Le ho mostrato il borsone durante uno dei soliti incontri.»
«Davvero?»
Annuisce divertito e ancora soddisfatto della mossa. «La sua faccia contorta te la sei persa. Avrei dovuto scattarle una foto e inviartela. Non immagini come ha reagito.»
Torniamo verso casa e il mio umore è nettamente cambiato. Sostituito da una strana calma e da una piacevole sensazione.
«Hai impegni per stasera?»
Nega entrando in casa, sedendosi sul divano senza neanche rifletterci sopra. «Che cosa guardiamo?», chiede picchiando il palmo accanto a sé.
Mi lascio cadere sul divano. «Oggi scegli tu.»
I suoi occhi si illuminano. «Prima devi fare una cosa per me.»
Corrugo la fronte. «Cioè?»
Mi passa il telefono. «Essere coraggiosa.»

Mi ritrovo a fissare lo schermo per l'ennesima volta. Sono passate delle ore, ma non ho ancora avuto il coraggio di inviare il messaggio. Continuo a scrivere e poi a cancellare tutto partendo di nuovo da capo.
Shannon si è addormentato nella stanza degli ospiti ed io me sto sul divano a fissare ancora il suo numero, la pagina bianca davanti. Immersa nel silenzio e al buio.

Erin: "Non ti manco neanche un po'?"

Il mio dito si sposta sul tasto invia e concentrandomi lo premo sullo schermo inviando il messaggio.
Alla fine ho optato per un approccio diverso. Non so che cosa ne uscirà fuori.

Bradley: "E io?"

Mordo il labbro. Gioca sporco, lo sa.

Erin: "Ho fatto prima io la domanda."

Attendo appoggiando la testa sulla spalliera del divano.

Bradley: "Nella mia domanda c'è già una risposta. Rifletti bene, scricciolo."
Erin: "Dove? Devi essere più specifico!"
Bradley: "Anche tu!"

Alzo gli occhi al cielo. Sarà più dura da adesso, lo so. Ma il fatto che abbia messo quel nomignolo mi fa ben sperare.

Erin: "Ti manco, si o no?"
Bradley: "Si."
Erin: "Bene. Non ci voleva poi così tanto."
Bradley: "E io? Ti manco, si o no?"
Erin: "Si."

La luce si accende e Shannon, in boxer, si avvicina al frigo. «Perché non sei ancora a letto?», chiede assonnato e con voce arrochita bevendo un sorso d'acqua.
Mostro lo schermo del telefono acceso e sulla chat e lui si avvicina sedendosi accanto, sistemando le mie ginocchia sulle sue. Legge attento i messaggi. Sorride. «Brava. Ma adesso dovrai rispondere alla sua ultima domanda.»
Abbasso gli occhi sullo schermo.

Bradley: "Ci tieni a me? Tanto o così poco da fare passare un'altra settimana con il broncio che non ti si addice?"

Inspiro lentamente. «Devo dirglielo», sussurro.
Shannon annuisce. «Si, non tenerlo sulle spine.»

Erin: "Si. Tanto. Ho solo avuto bisogno di un paio di giorni per riflettere."
Bradley: "Riflettere su che cosa?"
Erin: "Su quello che sento."
Bradley: "Spiegami."
Erin: "Mi piacerebbe farlo a quattr'occhi."
Bradley: "Penserò alla tua offerta. Notte."

Sospiro. «E se non mi vuole più?»
Shannon sbuffa e alzandosi mi carica in spalla dandomi una pacca sonora sul sedere. «Andiamo a dormire, principessa. Cederà.»
Detto ciò mi trascina in camera degli ospiti dove mi lancia sul letto stendendosi, circondandomi con un braccio.
«Sai che non possiamo fare una cosa del genere?»
«E chi lo dice? Sono tuo amico. Non ti ho strappato i vestiti di dosso e non ti sto baciando. Adesso dormi e fatti meno paranoie.»
Stringo le labbra sfiorando il suo braccio, le linee dei tatuaggi. «Shan?»
«Si?»
Ci guardiamo per un lungo istante. Poso la mano sul suo viso accarezzandogli la guancia e lui si abbassa. «Non fare mai più cazzate come sposarti con una stronza che mi odia o trasferirti in aperta campagna.»
Sorride baciandomi la fronte. «E tu non pensare più a niente se non alla tua felicità. Non importa quanto sia effimera, coglila a falla tua.»
I minuti passano avvolti nel silenzio.
«Erin?»
«Si?»
«Ti dispiace di più che io sia riuscito a fermarmi in quel bagno o che non abbia continuato?»
«Non saremo qui a viverci questo momento, non credi?», sussurro.
Mi avvicina. «Trovi sempre la soluzione a tutto. Per questo ti amo», mi stuzzica.
Sorrido. «Anch'io, perché mi aiuti anche quando non lo merito.»

🖤

Come crepe sull'asfaltoTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang