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BRADLEY

La vita è fatta di scelte. Decisioni che cambiano la vita, la giornata, la felicità di una persona. Ognuno, almeno una volta nella vita, ha il desiderio di tornare indietro e cambiare qualcosa: un errore, uno sbaglio, una relazione. Ognuno, ha il desiderio di guardarsi indietro e sentire di non avere lasciato niente incompleto, in sospeso. Perché la vita è come le tessere di un puzzle. Non sai mai se ne perderai una e nel tuo quadro ci sarà un buco che non riuscirai mai a riempire, ad incastrare in un altro modo.
Nella vita può capitarti di tutto: di vincere, di perdere, di lottare, di fermarti, di ridere, di piangere, di soffrire. E l'unica cosa che puoi fare è continuare a scegliere, essere coraggioso o abbandonare tutto e dartela a gambe levate. Ma c'è una cosa più importante che possiamo fare: scegliere chi avere accanto, trovare chi amare. Scegliere per chi siamo disposti davvero a soffrire. Perché scappiamo dall'amore ma cerchiamo sempre qualcuno che ci ami. Che si accorga di noi.
Guardo la donna che se ne sta tranquilla tra le mie braccia dopo un momento di unione alquanto sensuale, eccitante, coinvolgente e travolgente. È la prima volta che mi sento davvero appagato, sereno e nel posto giusto. Se prima ero un po' titubante a stare qui, adesso penso di non avere fatto poi così male ad accettare la sua proposta.
Le mie dita fanno su e giù lungo la sua schiena mentre rifletto su come porre una delle tante domande che mi frullano dentro la testa da quando mi ha confessato brevemente quello che le ha fatto qualcuno. Non so i dettagli e, ad essere sincero, non mi aspetto il racconto della sua vita. Voglio solo sapere come sono andate le cose, perché le hanno fatto così tanto male.
Ancora una volta, il mio istinto di protezione ha prevalso e adesso ci sono davvero dentro fino al collo. Ma non è solo questione di proteggere la persona che sì, amo, e pure tanto. Voglio che si senta al sicuro con me e libera di vivere, non di morire lentamente e sfiorire sotto gli occhi.
Oggi è stata una giornata davvero pesante. Vedere quell'uomo a poca distanza guardarla in quel modo e avere la consapevolezza di non essere all'altezza per lei, mi ha un po' scosso. Forse mi sto facendo solo delle paranoie, eppure non riesco proprio a togliermi quello sguardo che le ha rivolto dalla mente. Nessuno guarda così una persona, a meno che, ben nascosto, non ci sia sotto un amore travolgente. Da questo semplice gesto, ho avuto la netta conferma di quello che intendeva Shannon, ovvero, Kay ama ancora Erin.
L'aria intorno a loro si è come fermata. Riuscivo persino a percepire i loro battiti. Ma lei, ha avuto una strana reazione. Mi aspettavo tutt'altro e non che lo ignorasse o si riprendesse così in fretta dallo shock che non sono riuscito ad evitarle insieme a Shannon. Era lui che continuava a scrivermi, a dirmi che c'era un grosso problema e di portare Erin il più lontano possibile da Seattle o di tenerla impegnata, perché quel bastardo aveva in mente tutt'altro. Non potevo immaginare che ci stavano seguendo. Non è stato un caso incontrarli lì, all'incrocio e mi aspetto delle spiegazioni da Shannon perché è stato lui a non riuscire a fermare il suo amico.
Qualcosa proprio non quadra. Che cosa stavano facendo?
Gonfio il petto fermando il mio gesto. Che cazzo mi sta succedendo? Da quando mi lascio condizionare da uno sbruffone?
«Prima hai detto che hai cambiato facoltà per una buona ragione... è collegato a quello che mi hai appena rivelato?»
Solleva il viso ancora arrossato, le labbra gonfie dei miei baci e i capelli scompigliati. Il corpo sinuoso e nudo adagiato comodo sul mio, mi manda una freschezza naturale sulla pelle insieme all'odore dell'amore che abbiamo appena fatto. Questo però non placa affatto i miei pensieri.
«Si, non sapendo se potrò mai avere un bambino... ho trovato un lavoro come maestra. Sembra assurda come cosa ma mi fa sentire meglio, alleggerisce quel senso di perdita. Sono ancora giovane per avere bambini e so che ci sono molte altre alternative ma, ho una classe numerosa e dei piccoli che mi hanno fatto sentire in famiglia, in questi anni passati insieme. Li ho visti in fasce e adesso sono già in piedi ed è incredibile.»
Gioca con la collana che porto al collo, una piccola croce di legno. Solleva le gambe standosene a pancia in giù e le sistemo il lenzuolo sulla schiena perché noto come le si rizza la pelle, sente freddo.
«Che cosa ti è successo?», oso chiedere senza preamboli.
«C'era un ragazzo arrabbiato con mio padre, allora lui era il sindaco di Oakville. Era anche arrabbiato con me. Quel giorno stavo tornando a casa e sono stata circondata, ero in trappola. Mentre altri assistevano inermi, incapaci di aiutarmi, io mi beccavo i colpi, mi facevo pestare senza mai piegarmi. Sapevo che qualcosa si era appena spezzato dentro di me e con le poche forze che mi restavano ho deciso di reagire. L'ho messo al tappeto e poi ho perso i sensi. Sono stata in coma per due giorni circa.»
Non ha esitato un momento nel darmi una risposta. Non ha ragionato e non ha cercato di sviare il discorso. Si è semplicemente fidata e aperta con me. Si sta comportando da adulta. Devo preoccuparmi per questo suo strano cambiamento?
Vede come la sto guardando e si arrampica su di me piano, con cautela posando una mano sulla mia guancia per abbassarmi il viso. Le circondo il braccio con il polso fasciato intorno alla schiena e lascio che prema le labbra sulle mie.
«Non avere pena per me. Ho la pellaccia dura.»
Sorrido. Lei è in grado di rompersi in mille pezzi e fare finta di essere ancora intera.
Come fa una ragazza all'apparenza così indifesa ad avere tanta forza e tanto coraggio? Quale altro brutto momento ha dovuto affrontare?
«Su questo non ho dubbi.»
Appoggia la guancia sul mio petto e riprendo la carezza lungo la sua schiena, lasciando che si rilassi.
«E ne sei sicura?»
Morde il labbro. «No. Mio padre però non mi ha dato false speranze. È stato lui a dirmelo. Non deve essere stato facile quel periodo per lui. Capitava sempre qualcosa ed io ero puntualmente la "vittima perfetta".»
Guardo davanti a me. «Hai mai provato?»
Nega arrossendo. «Sei il primo con cui...»
Vedendomi quasi a bocca aperta mi sorride timida. «Tranquillo, non ci sarà nessun piccolo Bradley tra nove mesi. Non ti sto usando come esperimento. Non voglio neanche rovinarti la carriera e la vita.»
Si incupisce piombando in chissà quale ricordo. Kay non lo sapeva, oppure hanno affrontato l'argomento e non è andata bene?
Premo forte il palmo sulla sua natica richiamando la sua attenzione per mettere in chiaro qualcosa a cui ho pensato parecchio nel corso degli anni. «La mia carriera? Ne parli come se fare un bambino fosse un errore. Non c'è qualcosa di più importante che prendersi cura di una nuova vita. Guarda che sarei felice di avere un figlio. Sono adulto abbastanza per avere una famiglia e prendermi cura di qualcuno. Sono più vecchio di te di almeno sette anni, aggiungili ai tuoi venticinque e otterrai la risposta. E per la cronaca, non mi sento usato, anzi, ti direi di non prendere affatto quella pillola per dimostrartelo, per farti capire che non ho paura a comportarmi da persona matura e con sani principi.»
Mi guarda con un misto di curiosità e tristezza per qualcosa che continua a tacermi. «Mi stai dicendo che non scapperesti in Messico?»
Rido forte e lei prende un breve respiro attendendo una risposta guardandomi con espressione smarrita.
«No, mi prenderei le mie responsabilità. Non sono più un ragazzino, Erin. So come si fanno i bambini e non è mai un errore "farlo capitare". Ho un lavoro che amo e allora? Amerò anche un piccolo moccioso pestifero più della mia stessa vita, perché sarà parte di me.»
Mi guarda di nuovo in quel modo e afferrandola la faccio scivolare sotto il mio peso. «Dimmi che cosa circola dentro questa testa meravigliosa», mormoro picchiettando l'indice sulla sua tempia.
Le sue mani sono già sul mio petto. Ne afferro una baciandogliela, passando sul polso, proseguendo lungo il braccio e infine sulla spalla, la clavicola, lungo il collo e poi sulle labbra morbide che sanno tanto di ciliegia.
«Sei la persona che sogni di avere accanto dopo un brutto incubo, Brad.»
Preme le dita sui contorni delle mie labbra e mi abbasso baciandole la gola. «Sono da sposare?»
Sorride. «Si», risponde senza indugio.
«Anche se non sono bravo a cucinare e sono permaloso?»
«Si, anche se non sai cucinare e anche se sei permaloso.»
Mi abbasso sul suo petto. Il seno sodo e turgido, coperto dai brividi di freddo che aumentano quando lecco intorno al capezzolo prima di afferrarlo tra i denti. La guardo e lei prova a fermarmi agitandosi, mugolando. Lo succhio e schiude le labbra lasciando uscire il gemito che riempie questa notte. Abbassa le ginocchia che tremano con uno spasmo e in me si risveglia l'istinto di prenderla e perdermi in lei.
«Tu mi sposeresti, Erin?»
«Non sono la classica donna che sogna un gazebo con i girasoli, un tappeto rosso e un ricevimento sotto i tendoni ben addobbati. Non sogno l'abito da sposa bianco, i paggetti e le damigelle, la lista nozze e tutto il resto, Brad.»
La guardo sempre più curioso. Ci sono tante cose che non so ancora di lei. Ma quello che ha appena detto mi fa capire che nasconde sempre le sue fragilità dietro quella maschera di indifferenza. E da quel poco che so di lei, sogna tanto, nonostante la vita non le abbia mai regalato un pezzetto di felicità.
«Tutti sognano un matrimonio», la metto alla prova.
Nega muovendo le labbra in avanti, in una smorfia molto simile al broncio. «Non io.»
«Che cosa sogni?», passo all'altro seno.
Geme. «Una persona da amare e che mi ami senza riserve, senza segreti. Non ho bisogno di un anello al dito o di un contratto per sentirmi sposata o legata a qualcuno.»
Scivolo lungo il suo addome. Tira l'aria dalla pancia affondando le dita tra i miei capelli corti. Le bacio ripetutamente fino a sopra l'ombelico. «E se ti arriva la proposta che cosa fai?»
Si rilassa un momento. «Niente di melenso e plateale?»
«Si, qualcosa di tranquillo, magari divertente e dolce al punto giusto.»
«Dico di sì.»
Arrivo sotto l'ombelico. «E poi?»
«E poi cosa?»
«Che succede? Ti sposi nella classica maniera o decidi di infilarti un anello al dito e basta?»
Mi abbasso. Stringe le dita sul mio viso tirandomi su. «Non lo so, non sono solo io. Il matrimonio non è a senso unico. Altrimenti che ti sposi a fare?»
Riprendo a baciarle il ventre risalendo piano. «Quindi...», mugugno. «Mi sposeresti?»
«Si», ansima e raggiungo in fretta la sua bocca allargandole le gambe con un ginocchio. Le mordo il mento lasciandole una scia di baci e saliva sulla pelle mentre mi strofino su di lei.
Mi ferma. «Perché queste domande?»
«Curiosità. Devo capire se sono all'altezza o mi vuoi perché non puoi avere di meglio.»
Mi spinge mettendosi a metà busto. Tira sul suo corpo il lenzuolo per coprirsi guardandomi in modo truce. «Non dire mai più una cosa simile, Brad. Tu sei più all'altezza di tutti gli uomini che ho conosciuto nella mia vita. E ti voglio per come mi fai sentire, perché a differenza di altri sei te stesso e non ti nascondi. Ti voglio perché ho già il meglio davanti a me», si alza dal letto, con il lenzuolo avvolto sul suo corpo adesso teso. «E non mi serve nessun anello o di pensarci su e farmi delle illusioni da quindicenne per decidere che cosa voglio», detto ciò, si dirige in cucina lasciandomi come uno stupido.
La seguo infischiandomene di essere nudo. Sta preparando un altro te' caldo. Ho capito che lo fa per calmarsi.
Mi sistemo dietro di lei. Drizza le spalle schiudendo le labbra. Poso la tazza e la bustina già immersa nell'acqua calda, spostandole i palmi sul ripiano. Le sollevo il sedere scoprendolo dal lenzuolo, mi abbasso e le do un morso.
Le sfugge una risatina allegra. «Che cosa fai?»
Mi sollevo guardandola bere e rivolgermi il suo sguardo curioso e divertito. Non è arrabbiata, aveva solo bisogno di allontanarsi un momento perché non è abituata a dire la verità, ad esporsi così tanto.
Le tolgo tutto dalle mani dandogli una generosa pacca sulla natica. «Posso farmi perdonare?»
Spinge il sedere verso di me. La sua mano cerca il mio viso e avvicino la guancia premendola alla sua. «Non hai niente di cui scusarti. Voglio solo che tu capisca che voglio te tra tanti perché...»
Non la faccio finire. Divaricandole le gambe mi insinuo dentro di lei da dietro facendola gemere. Le afferro i fianchi tirandola a me. I suoi movimenti diventano frenetici i miei sempre più rudi. Quando noto che rallenta e trema mi allontano e facendola voltare le poso un bacio sul naso. «Tuo marito ti aspetta in camera da letto, donna spietata», le sussurro all'orecchio.
La vedo appoggiarsi al bancone. Inspira ed espira accaldata. «È una proposta?», chiede con un filo di voce e nell'affanno.
Rimango di spalle girando solo un po' il viso. «Un assaggio di quello che desideri puoi avere», entro in camera chiudendo la porta e mi stendo sul letto spegnendo la luce, lasciando entrare quella della luna. Fuori ha smesso di piovere e c'è una calma pazzesca in questo quartiere. Nel mio, al contrario, solitamente a quest'ora si sentono di continuo gli allarmi scattare e non sempre si riesce a dormire. Con il tempo però ci ho fatto l'abitudine e adesso mi sembra di vivere in un altro pianeta.
La porta si apre piano, cigola prima di chiudersi. «Accendi la luce», dice in un tono basso.
«Ti vedo benissimo», la stuzzico. «E sei bellissima anche se coperta da un lenzuolo che non ti proteggerà.»
Si avvicina ai piedi del letto. «Io non voglio un assaggio», inizia.
Mi metto comodo. «No? E che cosa vuoi?»
Non risponde. Slaccia il lenzuolo lasciandolo cadere lungo il suo corpo lasciandolo a terra. Trattengo il fiato per la scena che mi si presenta davanti agli occhi.
Erin sale sul letto e mi raggiunge sistemandosi a cavalcioni. Abbassa il busto e afferrandomi per il viso mi bacia sensualmente. Guida la mia mano verso la sua vita e capisco che cosa vuole. Quando mi sfiora una parte molto delicata e attualmente in tensione, mi eccito così tanto da gemere. Tolgo la sua mano fredda e la sistemo meglio su di me. Lei si abbassa chiudendo gli occhi tenendosi sulle mie spalle. Mi spingo dentro di lei rimanendo fermo e inizia a muovere i fianchi circolarmente poi seguendo il mio ritmo quando la tengo ferma per i fianchi mentre mi muovo facendola ansimare e perdere.
«Brad...», prova a parlare, a dirmi qualcosa, ma farfuglia in maniera distorta e non capisco.
La schiaccio sotto il mio peso e urla scagliandomi una forte scossa che mi fa pulsare e quasi perdere il controllo. Sprofondo in lei fermandomi. «È un si?»
«Tu sei pazzo!», prova a muoversi ma la tengo ferma e si contorce.
Tiro indietro i fianchi. «Hai paura?»
«Mhhh», stringe le ginocchia. «No...»
Spingo forte. «Allora?»
Inarca la schiena. «Mi stai dicendo che sono tua moglie perché stiamo facendo...», urla quando la porto al limite. «Si, si...», ripete piano e frenetica.
Sorrido baciandole le labbra. «Ripetilo!»
Si rilassa. «Ti amo», sussurra abbassandomi il viso.
Mi impossesso della sua bocca. Non avevo previsto questa cosa. Non riesco a capire che cosa sto provando. Sono euforico e pronto a tutto. Sono stordito dall'intensità e impaurito che questo sia solo un momento prima del risveglio.
Provo a tirarmi indietro ma si avvinghia. «O tutto o niente!», esclama, e capisco.
«Lo vuoi?»
«Si, vieni!»
Mi fa perdere il controllo e mi piego fermandomi, mugugnando accaldato e affannato mentre mi svuoto e lei mi bacia appagata prendendosi tutto di me.
Mi addormento come un sasso con lei tra le mia braccia, la pace dentro, un sorriso genuino sulle labbra.
Purtroppo la quiete finisce quando costringo me stesso ad aprire gli occhi perché sento un enorme vuoto accanto. Controllo il letto e non la trovo. Balzo a metà busto cercandola. Lei non c'è. Non è dentro la stanza e neanche in bagno. Questa assenza mi provoca uno spasmo allo stomaco.
Infilo in fretta i boxer uscendo dalla stanza come un pazzo e arresto la mia corsa perché la trovo tranquilla in soggiorno dove sta sistemando due cartoni di pizza e due birre sul tavolo da caffè.
Vedendomi sulla soglia, non accorgendosi forse della mia espressione iniziale, mi sorride. «Hai fame?»
Mi avvicino sentendomi uno stupido per avere avuto una così inutile reazione ed essermi preoccupato così tanto che lei fosse scappata. La osservo per un momento ammaliato, sedotto dalla sua bellezza così naturale. Indossa una vestaglia color malva ed è a piedi nudi.
Circondo i suoi fianchi con un braccio posandole un bacio sulla guancia. «Perché non mi hai svegliato? Non riuscivi a dormire?»
«Volevo farti una sorpresa», mi spinge per sedermi sul divano. Accende la tv e si siede accanto con i piedi sotto il sedere prendendo un trancio di pizza. Mi attende e faccio lo stesso rendendomi conto di essere affamato.
Divoriamo la pizza in pochi minuti e lei si alza per andare a recuperare il dolce dal frigo continuando a sorridere.
Intreccia i piedi sulle mie gambe. Affonda il dito sulla crema pasticciera e lo avvicina alla mia bocca. Quando penso che voglia imboccarmi me lo spalma sulle labbra e veloce si sistema a cavalcioni su di me. Ne lecco un po' e al resto ci pensa lei facendomi stringere le gambe e provare dolore in basso.
Ricambio con un po' di panna sul naso. Lei mi sorride. «Siamo in luna di miele. Dobbiamo fare queste cose.»
«Mi piace come idea. Rimaniamo chiusi qui dentro per un paio di giorni o ce ne andiamo da qualche parte, che ne dici?»
«Dovrò avvisare a scuola che ho una brutta allergia.»
Inarco un sopracciglio. «Pinocchio non era un pezzo di legno ed era maschio?»
Ride abbracciandomi. «Hai idee migliori?»
«Non su Pinocchio», sibilo tra le sue labbra sfiorandole i fianchi nascosti dalla vestaglia.
Morde il labbro e capisco che ha qualcosa da chiedere. «Non siamo davvero...»
«No, non hai un anello. È vero», dico alzandomi.
Lei mi guarda turbata e curiosa allo stesso tempo mentre cerco un pennarello e quando lo trovo sul mobile in mezzo ad una rivista, mi inginocchio, le afferro la mano e glielo disegno con una certa precisione. Traccio un semplice cerchio intorno al dito e al centro creo una stella.
«Perché sei la mia stella solitaria, la più bella anche se la più triste.»
Lei lo guarda con un ampio sorriso, come se fosse la cosa più bella del mondo. «Tocca a me?», freme eccitata.
Annuisco e si mette all'opera con il tappo del pennarello in bocca, disegnando intorno al mio dito un cerchio sottile e di lato, nascosta, una luna. «Tu sei la mia luna, così apparentemente distante e piccola ma così bella da illuminare la mia notte.»
In qualche modo mi emoziono. «Posso baciare la sposa?», scherzo.
Mi sporgo e mi bacia scivolando tra i cuscini. Le slaccio la vestaglia. «Da un paio di minuti mi chiedo che cosa porti qui sotto», ansimo. Mi si mozza il fiato quando vedo che è nuda.
Chiudo la vestaglia e anche gli occhi. «Cazzo, Erin. Questo è un colpo basso!»
Ride. «Sei troppo curioso, che cosa ti aspettavi?»
«Un completo, una coppa leopardata, magari, ma non... pelle esposta e seno sodo...»
Si solleva, una spallina le cade scoprendole un seno.
La sua mano porta la mia proprio sul suo petto. Le sfioro il seno e percepisco il suo battito cardiaco così vivo e così feroce da guardarla negli occhi per capire che cosa le sta succedendo.
«Ti va di fare un bagno?», me lo chiede con una timidezza straordinariamente seducente.
Mi alzo in fretta prima di perdere il controllo. «Sai che non si dovrebbe fare il bagno dopo avere mangiato?»
Si solleva recandosi nella sua stanza. Prima di entrare si volta. «E da quando hai paura dell'acqua dopo avere attraversato il fuoco dell'inferno?», mi fa l'occhiolino sparendo.
Passo la mano sul viso. Abbasso gli occhi tirando l'elastico dei boxer per controllare. «Amico, sta calmo!»
Non ho intenzione di apparire come uno di quelli che non si sanno controllare, ma Erin in queste ultime ore sembra proprio un'altra. E io voglio godermi questo momento senza rimpianti, prima che torni tutto alla normalità.
La raggiungo in bagno. Sta riempendo la vasca che lentamente va a colmarsi di soffice schiuma bianca. Si volta legando bene i capelli. Mi avvicino e afferra le mie mani spostandole sulla sua vestaglia. «Dobbiamo fare attenzione al polso. Non puoi bagnarlo», dice dandomi un bacio.
Tolgo il tutore e la fasciatura. Muovo le dita emettendo un verso di sollievo. Erin invece è contrariata. «Non...»
La fermo premendo la bocca sulla sua. La spingo contro le piastrelle e le tolgo la vestaglia. Lei abbassa i miei boxer e mi guarda famelica, senza pudore.
Il sangue mi raggiunge un punto particolare. La indirizzo verso la vasca prima che possa accorgersene ed entra mugolando come una bambina, poi inizia a giocare con la schiuma mentre io mi metto comodo dietro di lei stringendole le braccia intorno al petto.
«Si sbiadiranno», dice indicando gli anelli disegnati.
«Stiamo giocando per rendere la nostra temporanea convivenza meno dura. Possiamo sempre disegnarli di nuovo o calcarli.»
Si adagia al mio petto. «Si, è vero. Però sono belli», sorride muovendo le dita.
Le bacio la spalla. «Posso sapere come stai?»
«Cosa vuoi sapere davvero?»
«Che cosa provi?»
«Devi sentirtelo dire di nuovo?»
«Che cosa provi per lui?»
Apre e richiude la bocca. Il suo sorriso si spegne. «È stato improvviso, doloroso. Come aprire una scatola piena di ricordi e avere la consapevolezza che non sono nient'altro. Per anni avevo immaginato quel momento e ho avuto una reazione che ha sorpreso persino quella parte di me che si aspettava chissà quale scenata patetica. Ma sono orgogliosa.»
Gira il viso. «E tu? Che hai pensato?»
«La gelosia stava per accecarmi. Ho solo avuto pochi minuti a contatto con lui e mi sono sentito... strano. Non in competizione ma... forse un po' a disagio. Mi è sembrato di avere già perso in partenza. Adesso capisco perché Shannon era nervoso.»
«Ti sei comportato da uomo e lo apprezzo.»
Mordo la sua spalla e si volta. «Dico sul serio.»
«In altre circostanze forse ti avrei delusa», ammetto.
Tra le sue sopracciglia si forma una ruga. La sfioro incapace di tenere ferme le mani. «Che cosa avresti fatto?»
«Gli avrei parlato e se si fosse anche solo avvicinato a te di un altro passo...»
Dentro di me sale la gelosia. Se ne accorge e girandosi si sistema a cavalcioni baciandomi con insistenza. Mi morde il labbro guardandomi negli occhi facendomi agitare.
«Non devi fare niente. Non spetta a te difendere il mio onore per un qualcosa che è accaduto tanti anni fa. Lo apprezzo ma voglio davvero andare oltre. E adesso... io... voglio...»
La fermo. «Dobbiamo dormire, piccola.»
Mette il broncio. «Hai sonno?»
«No», replico d'impulso.
«Sei stanco?»
«Un po'.»
«Mi vuoi?»
«Sempre.»
«Quanto?»
«Tanto. Troppo...»
Si inarca. «E...?»
Le mordo un seno. «E andremo a letto lo stesso perché mi sto eccitando e voglio essere carico per il round di domani.»
Mi guarda con un sorrisetto. «Ci sarà un round domani?»
«Contaci!»
Dopo il bagno ci stendiamo sotto le lenzuola pulite ed entrambi crolliamo come due ghiri.

Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora