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ERIN

I sorrisi sono meccanismi di difesa contro il dolore. Dietro un sorriso puoi nasconderci di tutto: la voglia di piangere, la sensazione di volere scoppiare da un momento all'altro, la tenerezza, la timidezza, il dolore. Dietro un sorriso non sai mai quello che si cela e, spesso può nascondersi l'incertezza, la rabbia, la solitudine. Puoi anche nasconderci te stesso. Ma quando il sorriso muore come ti nascondi?
L'auto si ferma e percepisco un vuoto allo stomaco, seguito da una fitta che mi fa rizzare persino i peli sulla nuca. Ho freddo, tanto freddo dentro e fuori. Le orecchie iniziano a fischiare e so già che se mi trovassi in piedi cadrei come un instabile tessera di un domino che, si concluderà in un susseguirsi di eventi, parole e sguardi distruttivi fino all'amara distruzione che la mia mente continua ad immaginare.
Riempio il petto di aria trattenendola dentro mentre i miei occhi tentano di non posarsi sulla persona che mi sta aspettando a pochi passi dal cancello della mia villa, della mia casa, del mio unico rifugio.
È sempre un colpo al cuore vederlo, sapere che sta bene, che ha sempre il suo fascino da angelo caduto. Mi provoca forti emozioni a distanza di tempo, a dispetto di ogni tipo di sentimento o evento che ha spezzato, forse per sempre, quel filo rosso che ci teneva legati.
Io credo che nessuno possa essere sostituito per davvero nella vita di una persona. Ci si divide e si va avanti, certo, ma non perdi mai il posto che ti è appartenuto nel cuore dell'altro. Le persone che ami non svaniscono. Neanche l'amore vola via, rimane lì, incastrato nel petto e, anche se i pezzi del tuo cuore si sparpaglieranno altrove, portati via dalle persone che hai lasciato indietro, il sentimento che hai provato lo sentirai forte attraverso il ricordo. Perché è anche questo l'amore, donare una scheggia di noi e sperare che questa non faccia male a nessuno. Regalare un pezzo della nostra anima e sperare che non venga gettata via o dimenticata.
Bradley spegne il motore sganciando la cintura. Stringe ancora il volante indurendo i lineamenti del viso, adesso contratto e trasformato in una smorfia carica di gelosia e rabbia nei confronti di qualcuno che non conosce ma di cui ha sentito parlare.
Non riesco proprio a muovermi. Non comprendo neanche perché. Lui è lì a pochi passi e posso finalmente liberarmi da un peso ma non ce la faccio a sganciare la cintura e ad uscire dall'auto, ad affrontare la persona che, troverà sempre il modo di sbucare ovunque e farmi sentire come la prima volta: persa, priva di equilibrio.
«Vuoi che riparta?»
Guardo in fretta Bradley. Attualmente è la mia ancora. Cerco la sua mano posando il palmo aperto sulla mia guancia. Chiudo gli occhi prendendo un altro breve respiro.
Che cosa voglio? Forse smettere. Smettere di essere codarda. Smettere di essere triste. Smettere di essere spaventata. Voglio riprendere in mano la mia vita, non avere nessun rimpianto. Forse quella parte egoista di me vuole anche riprendersi una rivincita.
«Voglio che adesso fai una cosa per me senza protestare», dico a rilento.
Bradley corruga la fronte. I suoi occhi continuano a posarsi sulla persona che attende più che paziente, quasi con aria di sfida, una mia mossa.
Non posso credere a quello che sto per fare. Eppure, sento che sia la cosa più giusta per me, per la persona che ho accanto, a cui ho detto "ti amo" e ho risposto di sì. Bradley merita di vivermi totalmente e non di avere solo un pezzo di me.
«Che cosa dovrei fare?»
Respiro evitando i suoi occhi che, in qualche modo mi stanno implorando di non tradire la sua fiducia, di non deluderlo.
Devo concentrarmi, appagare quella parte di me che chiede vendetta.
Deglutisco. «Esci dall'auto ed entra in casa. Non uscire per nessuna ragione, neanche se mi senti urlare come una pazza isterica o se mi vedi pronta ad attaccarlo fisicamente. Puoi farlo per me?», sollevo gli occhi.
Bradley gonfia il petto. Rimane per qualche attimo in apnea. «Mi stai chiedendo troppo, lo sai?»
Stringo con forza maggiore la sua mano sulla mia guancia già calda. Il mio corpo sprigiona un calore innaturale da diversi minuti. Sento ribollire la rabbia dentro.
«Devo affrontarlo e tu non devi intervenire per nessuna ragione. Ho bisogno che ti fidi di me», dico con affanno. «Ho bisogno di affrontarlo da sola.»
Bradley strizza una palpebra dilatando le narici poi apre la portiera evitando di guardarmi. Ovviamente non è d'accordo. Prima di uscire dall'auto però si volta e afferrandomi preme le labbra sulle mie dandomi un bacio forte e significativo.
«Se solo prova a toccarti esco fuori e lo ammazzo. Mi sto fidando di te ma, se proprio devi lasciarmi, prima di commettere qualche cazzata, stacca quel filo», sibila allontanandosi.
Lo guardo sbigottita spostarsi verso il cancello, ignorare la figura che mi sta aspettando e poi entrare in casa usando la chiave di riserva che gli ho dato sbattendo la porta principale alle sue spalle. Non so quello che sta provando lui, so solo quello che provo io e ho una paura matta di fare o dire la cosa sbagliata o di lasciare qualcosa in sospeso.
Rilasso le spalle e, anche se adesso sono sola ad affrontare questo enorme buco nero, so che lui mi guarderà dalla finestra o mi spierà dal vetro della porta e non mi lascerà ferire, lo so.
Sgancio la cintura, inumidisco le labbra e scendo dall'auto con una certa sicurezza. Le mie gambe reggono a stento il mio peso. Mi avvicino piano, come un gatto randagio. Lui mi fissa un attimo dall'alto in basso, prima di staccarsi dal parabrezza dell'auto a cui è appoggiato e fare un passo in avanti per poi fermarsi a un metro di distanza.
«Ciao», mi saluta.
La sua voce è come uno sparo dentro, mi provoca una fitta dietro l'altra.
«Che cosa vuoi?», replico in fretta.
Non voglio trattenermi troppo qui fuori con lui. Non ho tempo da perdere in chiacchiere ormai del tutto inutili.
Sulla guancia gli si forma una linea marcata. Ha il viso che ricordo ma più da adulto, la peluria sul viso dovuta alla barba, le labbra rosee e il naso dritto.
«Dobbiamo parlare», risponde facendo un altro passo avanti, in maniera slanciata con il suo corpo statuario, imponente, in grado di farmi sentire piccola.
Mi abbraccio indietreggiando. «Non credo di avere niente di cui parlare con te. Adesso se non ti dispiace torna da dove sei venuto e lasciami in pace o chiamerò la polizia.»
Provo ad aprire il cancello ma la sua mano si posa sul mio gomito. Lascio andare la chiave e lo spingo lontano da me sperando che la scossa che mi ha provocato svanisca immediatamente.
«Non toccarmi!», strillo guardandolo male.
Fa subito un passo indietro come se lo avessi scottato. «Lasciami spiegare...»
«Lasciarti spiegare?», sorrido come se mi avesse appena dato un pugno allo stomaco deridendomi. «Lasciarti spiegare che cosa?», alzo di nuovo il tono. «Non hai più niente da spiegare. Il tempo è scaduto da un pezzo e non voglio più ascoltare niente!»
Apro il cancello spalancandolo. «Adesso vattene e non farti più vedere», ringhio dandogli le spalle.
«Erin, è importante. Non sarei qui altrimenti, credimi.»
Scuoto la testa. «Crederti?», rido istericamente. «Riesci a sentirti? Guardati, puzzi ancora di menzogna e non credevo di dirlo ma mi fai schifo!»
Questo mio atteggiamento lo indispone. Drizza le spalle massicce passando una mano tra la chioma scura. I suoi occhi diventano freddi come una bufera in arrivo, ma io non ho paura di esserne travolta.
«So che ho sbagliato...», inizia avvicinandosi ancora una volta.
Mi allontano. «Lo sai? A me non sembra proprio. Com'è che dicevi? Ah già, di fidarmi, di crederti, ed ecco come è finita: che tu hai fatto il bastardo davanti a tutti umiliandomi e per che cosa? Be', solo perché volevi vedermi piangere. Sai una cosa? Mi ha fatto proprio bene capire che razza di persona sei. Tu non cambierai mai, Kay. Sei una brutta persona e non meriti neanche di sentire ancora il suono della mia voce, non meriti questa conversazione. Meriti solo tua moglie e il tuo posto a Londra, lontano da me!»
Deglutisce e osservo il suo pomo d'Adamo fare su e giù, la lingua sfiorare il labbro inferiore e i suoi occhi oscurarsi ancora di più.
«So che quello che ti ho fatto ti ha ferito e non ci sono scuse adatte. Ma non sono qui per questo, Erin.»
Ci rimango male. Avevo immaginato questo momento tante volte e lui non è qui per darmi almeno una motivazione.
«Allora non abbiamo proprio niente da dirci, Kay. Adesso vattene a fanculo e lasciami in pace con mio marito. Non rovinarmi la giornata che ho appena passato con il sorriso e non con una lacrima, come succedeva quasi sempre quando stavo insieme a te», le parole mi escono spontanee dalla bocca.
La mia, non è solo rabbia tenuta dentro ad accumularsi per anni. Il mio, è un ruggito pieno di dolore, un urlo silenzioso colmo di tristezza e disperazione che mi ha causato lui.
Kay sembra non essere pronto a questa mia reazione. Che cosa si aspettava?
«Erin, puoi calmarti un momento e lasciarmi parlare?», alza il tono.
Finalmente lo rivedo. Eccolo. Esce fuori impetuoso come l'istante in cui ci siamo incontrati a quella riunione e ho scoperto che era lui il ragazzo sulla moto nove anni fa.
«Hai avuto anni per farlo, perché dovrei proprio ora?», incrocio le braccia.
Si agita dentro. Gratta la fronte poi sbottona la camicia sui primi passanti, chiaramente accaldato. Non si aspettava questo mio atteggiamento negativo. Ogni sua certezza sembra crollata.
«Perché c'è una cosa che devi sapere ed è importante! Dopo potrai anche sfogare la rabbia che tieni dentro da anni su di me.»
Mi sento presa in giro. «Sai che cosa non mi è mancato affatto in tutti questi anni? Tu. Vattene al diavolo!»
«Ok, fermati!», sbotta. Fruga dentro la tasca della giacca elegante estraendo una busta bianca. Me la porge guardandomi negli occhi. «È per te.»
«Che cos'è?», protendo la mano prendendo la busta e le mie dita sfiorano le sue. Ricevo una forte scossa elettrica ma ritraggo immediatamente la mano rigirando la busta con il mio nome sopra, tenendola abbastanza forte da sedare ogni sensazione provata.
«Se è la partecipazione di nozze è arrivata in ritardo», aggiungo acidamente.
Strappo la busta per aprirla ed estraggo il foglio.
«Mio nonno ha deciso di leggere il suo testamento in anticipo. È attuabile in caso di morte e ha deciso che devi esserci anche tu. Ci sarà pure Shannon, il tuo amico», lancia l'ultima frecciatina con voce diversa, carica di irritazione.
Guardo con indignazione il foglio che ho in mano. Il sangue mi arriva dritto al cervello facendomi dimenticare di tutto il resto per un momento. È stato quando ha pronunciato una parola a bloccarmi, a farmi innervosire.
«Tuo nonno?»
«Si, mio nonno. Lo conosci. È ancora lo stronzo di sempre, un po' più vecchio, ma a quanto pare, vuole lasciare anche a te qualcosa, altrimenti non si spiega questa busta.»
Non so se mettermi ad urlare o se girare sui tacchi e andarmene di corsa. Questo è davvero troppo.
«Digli a tuo nonno che non mi interessa niente di quello che ha e che tutti i suoi averi può anche ficcarseli su per il culo, proprio come quel bastone con cui camminava sempre.»
Strappo il foglio e dopo averlo accartocciato glielo lancio in faccia. «Mandagli i miei cari saluti e digli che spero che quando sarà morto se ne andrà dritto all'inferno, nel girone peggiore che possa esistere, perché lo merita!»
Mi incammino verso la porta decisa ad entrare e a chiudere con questa storia che, non fa altro che farmi male.
A che cosa pensavo quando ho chiesto a Bradley di entrare in casa e lasciarmi qui ad affrontarlo da sola?
Sono proprio una stupida. Avrei dovuto immaginare che non ne sarei mai uscita illesa e intera.
«Devi esserci Erin.»
Nego muovendo ripetutamente la testa. Mi rifiuto di rivedere la sua famiglia e quella stronza ridermi in faccia con soddisfazione.
«No, non devo, perché sono esattamente dove voglio essere ovvero: a casa mia, con mio marito e sto bene così. Non mi serve qualcosa in regalo da parte di un vecchio stronzo più che soddisfatto di vedermi spezzata.»
«Mio nonno...»
«Tuo nonno se proprio vuole che sia presente, dovrà contattarmi personalmente e non mandare il suo cagnolino», scatto. «Se proprio ci tiene, che mi affronti da solo.»
«So che mi odi, ma potresti ascoltarmi una volta tanto?»
Rido di nuovo istericamente. «Odio è una parola piccola per quello che sento nei tuoi confronti. Non posso ascoltare le parole di uno psicopatico e crederci o finirò per impazzire di nuovo.»
Dilata le narici. «Erin...», sibila.
Un ringhio basso che mi fa male al petto quando osservo le sue labbra pronunciare il mio nome con quell'accento inglese, i denti in mostra e lo sguardo spietato.
«Perché sei davvero qui?»
«Dovevo venire per una conferenza e ne ho approfittato per portarti la busta e vederti.»
«Potevi anche non disturbarti tanto e scegliere uno degli altri posti disponibili in qualche altra città, perché non mi interessa, non mi serve niente. Inoltre, sapevi già che non avrei voluto rivedere più la tua faccia. Mi sembra di essere stata chiara l'ultima volta. Quindi, hai fatto un viaggio a vuoto.»
Salgo i primi gradini del portico più che decisa a creare una certa distanza tra me e lui.
«Addio, Kay.»
Vengo afferrata, strattonata e avvicinata. I suoi occhi sono fissi e stanno scavando nei miei fino a raggiungere un posto lontano e profondo. Vanno a sfiorare le ferite che mi ha causato, il dolore si intensifica ad ogni mio breve respiro che va a mescolarsi al suo, in affanno. Il suo profumo non è cambiato, mi investe e mi stordisce, mi consuma lentamente come veleno.
«Anche se non mi credi, mi sei mancata, sirenetta.»
Lo spingo ma le sue braccia rimangono intorno al mio corpo. Allora mi agito. Non voglio sentirlo, non voglio guardarlo. Voglio solo entrare in casa e sentirmi al sicuro.
«Lasciami!»
«Lo so che ho sbagliato e me ne pento da anni, credimi. Ma non ti ho mai dimenticata, non ho mai smesso di pensare a te, a quello che avevamo. Non ho mai smesso di rivivere quel momento, io...»
Mi allontano dal suo abbraccio bruscamente, interrompendolo. «Non hai nessuna giustificazione perché sei lo stesso bastardo che mi ha spezzato il cuore. Se ti mancavo bastava chiamare. Se mi pensavi bastava venirmi a trovare anni prima e non sposarti dopo quanto? Un anno e mezzo? Complimenti o dovrei dire congratulazioni? Spero che tu e la tua dolce e spietata metà, abbiate una vita felice, perché io al contrario ho passato l'inferno. Però so accettare i rifiuti, anche se fanno male. E se ti sentivi in colpa... bastava chiedere subito scusa e darmi una spiegazione quanto meno accettabile. Ma sei solo Kay Mikaelson, una totale delusione che spero di non vedere mai più.»
Incassa il colpo. «Ci sono motivazioni che non comprenderesti», prova ad avvicinarmi.
Picchio i pugni contro il suo petto mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime e stringo i denti per non lasciarle uscire. «Ah no? Che cosa dovrei comprendere adesso? Mi hai fatto credere di essere importante e invece ero solo un gioco, la tua puttana. Mi hai fatto andare ad un matrimonio importante per la tua famiglia e mi hai umiliata davanti a tutti, non mi hai difesa e non ci hai pensato un attimo a baciare l'altra che continuava ad aspettarti. Quale persona fa una cosa simile?», urlo con voce stridula. «Un mostro! Ecco chi!»
Le corde vocali si tendono e sento bruciare la gola.
«Dimmi! Dimmi che diavolo dovrei comprendere se mi hai guardata negli occhi e mi hai lasciato andare perché non potevi perdere il tuo patrimonio! Perché sei solo uno stupido ragazzino in cerca di approvazione. Adesso torni e fai finta di non essere un verme senza sentimenti e io dovrei crederti? Sei meschino, Kay.»
Lo spingo e corro di nuovo verso la porta. Sento i suoi passi dietro e quando mi volto lui è vicino, più di prima. Il suo odore mi penetra sotto pelle e sento come uno squarcio profondo nel petto.
Giro il viso quando la sua mano mi sfiora la guancia e mi scanso irrigidita cercando di scappare al suo contatto.
La mia freddezza, il mio distacco, lo ferisce, ma è necessario. Tutto questo mi serve per ribellarmi ad un amore che non ha fatto altro che annientarmi. Adesso devo liberarmene.
«Avrei dovuto seguirti e spiegarti, farmi perdonare.»
Lo allontano. «Ma non l'hai fatto. Adesso va da tua moglie e fammi tornare alla mia vita che, per la cronaca senza di te è meravigliosa!»
Decido di ferirlo ancora, mentre lui continua a tenere la mano sulla superficie della porta e l'altra a metà strada e pronta a sfiorarmi ancora il viso.
«Credimi, ferirti era l'ultimo dei miei pensieri. Non avrei mai voluto farlo ma ci sono volte, in cui ti rendi conto di non avere alternativa.»
«Un'alternativa c'è sempre, questo, solo quando si vuole qualcosa con un'intensità tale da annullare tutto il resto. La verità è che tu non mi volevi abbastanza. Avevi solo paura della tua famiglia!»
«Ero in bilico, Erin», risponde con frustrazione alzando il tono della voce. «Come fai a non capire?»
Nego rimanendo impassibile. «No, non lo eri. Non lo eri quando mi portavi a letto. Non lo eri quando reagivi male quando qualcuno si avvicinava. Non lo eri! Dovevi solo scegliere lei o me e non l'hai fatto come si deve. Dovevi proprio umiliarmi e farmi sentire così piccola da svanire in un respiro, ecco cosa volevi sin dal principio e per quale assurda ragione? Forse per una scaramuccia infantile, forse perché ho sempre avuto più palle di te. Ma sai una cosa? Hai fatto bene a lasciarmi andare, perché in questi anni ho capito tante cose. Ho capito che merito stabilità, merito il bene, merito amore. Tu non sei altro che un brutto ricordo e tale resterai.»
Vedendo che non risponde sollevo l'angolo del labbro guardandolo con disprezzo.
«Tu non hai la minima idea di ciò che ho dovuto passare, delle notti in cui sono rimasta sveglia ad aspettare qualcosa che non è mai arrivato.»
Alla fine ci si stanca di tutto. Ci si stanca di essere forti. Ci si stanca di essere fragili. Ci si stanca di essere impauriti. Ci si stanca di essere soli. Ci si stanca di essere in grado di spezzarsi, di creparsi come un vetro sottoposto ad un urto. Ci si stanca di essere infelici. Ci si stanca e si va avanti, con qualche coccio in meno, con qualche buco al centro, con qualche voragine profonda e silenziosa dentro. Ma si va avanti e si cresce.
«Avrei tanto voluto contattarti e vederti ma...», prende fiato passando la mano sulla nuca. Non sa che altro dire, non sa come continuare.
Rimango in attesa prima di scuotere la testa delusa.
I primi tempi mi gettavo proprio a terra incolpandomi di tutto. Poi è arrivata la fase della negazione. Facevo finta di niente, dicevo a me stessa che era ora di dire basta, di andare avanti. Ma ci sono momenti in cui il cuore non ne vuole proprio sapere di smettere e si ostina a lottare, a sperarci. E allora, il mio, ha continuato a battere senza sapere con esattezza per cosa. Forse per il vuoto, per la tristezza, per la solitudine, per il dolore. Penso di avere rotto il mio cuore con le illusioni, con le false speranze. E mi è bastato vederlo dopo anni per capire di non volerlo più nella mia vita, anche se in realtà, ora che è qui davanti a me, capisco che il mio cuore si è rotto proprio quando l'ho conosciuto. Non avrei mai avuto scampo, perché era destino.
Adesso, non mi resta che raccogliere i cocci e affrontare il presente. Perché in un modo o in un altro, possiamo sempre chiudere con il passato. Questo, solo dopo averci fatto i conti.
«Continui a non sapere che cosa dire, sei davvero patetico», soffio dal naso aprendo la porta.
«Lui ti conosce davvero? Sa quello che hai passato? Ti ama abbastanza?»
Mi volto, la mano stretta sul pomello. «Sa tutto di me e lo amo davvero perché è l'uomo che aspettavo e che desideravo avere al mio fianco. Bradley ha una cosa che tu non hai e non avrai mai, il coraggio di essere sincero. Il coraggio di guardarmi in faccia e dirmi quello che prova o pensa senza nascondersi. Ha il coraggio di amarmi nonostante il mio passato e nonostante te. Ha il coraggio di non lasciarmi andare perché mi ama davvero e me lo dimostra con i fatti concreti. Ecco perché ho scelto lui. Ecco perché gli ho detto di sì.»
Non saprei decifrare la sua espressione. È un misto tra rabbia, delusione e incertezza. C'è anche la gelosia accecante, quella che non riesce proprio a nascondere ma che ormai è inutile.
«Sa anche che non hai dimenticato il tuo passato?»
«Pensi di sapere tutto di me, ti sbagli. Chiusa questa porta non mi struggerò per te come ho fatto i primi mesi. Andrò sempre avanti, proprio come è successo da quando mi hai tradita e hai scelto qualcun altro.»
Contrae la mascella. «Non ti ho tradita. Ho solo seguito il mio...»
Poso la mano in avanti. «No, non dirlo. Non hai un cuore quindi non usare quella parola. Se avevi un cuore non giocavi con me e mi lasciavi andare prima che fosse troppo tardi.»
«Se non avevo cuore, non avrei mai tenuto questo», dice uscendo dalla tasca interna della giacca il mio braccialetto. «Non chiedermi come ho fatto ad averlo, visto che era in quel cofanetto, ma sappi che sono cambiato, e tu... mi sei mancata davvero. Stavo per dire che ho seguito l'stinto e ho commesso altri errori proprio perché non sono mai stato bravo a fare le cose per bene. Stavo per dire che ho sbagliato, che ti... io ti...»
Mordo il labbro. Le lacrime sono ormai sul punto di uscire. «Tienilo pure, a me non serve. Così ti ricorderà di come hai deluso l'unica persone che ti abbia mai amato in vita tua, e non per i soldi ma perché ci credeva davvero, e l'hai persa per sempre.»
Apro la porta. «Perché sei davvero qui?»
«Tu lo sai», dice con sguardo diretto, intenso.
Il mio cuore si oppone. Scrollo dalla testa i pensieri. «Non so più niente da quella notte. E per la cronaca ero sul tetto ma eri troppo impegnato a parlare con lei per cercarmi o per sapere se ero viva.»
Apre e richiude la bocca. Sembra sul punto di avere una crisi asmatica.
«Erin...», prova a sfiorarmi la mano. Ancora una volta mi scanso.
«Dovresti venire alla lettura del testamento e se hai bisogno della chiamata da parte di mio nonno ti contatterà. Ti aspettiamo a Oakville.»
Detto ciò, mi lascia andare ed io guardandolo un'ultima volta entro in casa chiudendo la porta più forte di quanto in realtà vorrei e appoggiandomi contro lascio uscire tutto il fiato che non mi ero neanche accorta di avere trattenuto.
Alzo gli occhi da terra e Bradley mi guarda con i suoi che sono lucidi e arrossati.
«Hai sentito tutto?»
Annuisce facendo un passo avanti e un altro ancora. Io mi stacco dalla porta e colmo lo spazio che ci separa lasciandomi abbracciare con impeto.
«Tu... sei...», gli si spezza la voce. «In assoluto, la persona più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. E sei... davvero importante per me. Forte, incredibile...», lascia uscire il fiato e anche una lacrima non vergognandosi minimamente di mostrarsi umano.
I miei occhi si riempiono ancora di più di ricordi e tristezza e mi stringo tra le sue braccia nascondendo il viso sul suo petto per qualche lungo ed interminabile minuto. Alzo poi il viso asciugandogli le lacrime e singhiozzo. «Sei reale?»
Ride riscaldandomi il cuore. «A quanto pare si, e tu?»
«Si», tiro su con il naso prendendo un respiro per calmarmi.
"Tildo" e "Ness", percependo che qualcosa non va, si avvicinano. Il primo abbaia, il secondo miagola sfiorandomi le gambe nude.
Non riesco a staccarmi dall'uomo che amo. «Ho capito tante cose oggi.»
«Anch'io», sussurra tenendomi stretta, baciandomi la testa, oscillando piano.
«Ho capito che sei la persona con cui voglio stare perché accanto a te io non mi sento sbagliata. Perché sei...», non riesco a continuare. Scoppio in lacrime e lui mi tiene stretta indietreggiando verso il divano, dove si siede tenendomi in grembo come una bambina.
Nascondo il viso nell'incavo del suo collo tirando le ginocchia al petto. La sua mano mi accarezza la schiena piano, lenta e le sue labbra premono sulla mia fronte scendendo sul naso. Inspiro il suo profumo giocando con le sue labbra tenendo forte la presa sulla sua camicia.
«Quando piangi mi fai paura», sussurra.
Singhiozzo tappandomi la bocca, chiudendo le palpebre. «Scusami se ho sbagliato qualcosa.»
Nega. «Hai detto una cosa che non avrei mai pensato di sentire. Sei la mia dolcissima stella nel mio universo buio e silenzioso. Sei la melodia che ascolti quando hai bisogno di conforto. Sei fonte di sorprese e... la verità è che ti amo, Erin.»
Alzo la testa e con impeto, sistemandomi su di lui premo le labbra sulle sue muovendole piano, poi con più insistenza mentre ansimiamo tenendoci stretti.
«Sai sempre farmi emozionare con le parole.»
«Le parole sono importanti, Erin. Hanno la capacità di innalzarti verso il cielo e allo stesso tempo di schiantarti al suolo. Lo sai che cosa ho pensato la prima volta, quando ti ho visto arrivare in quel vicolo?»
«Non ne abbiamo mai parlato. Che cosa?»
«Che mi avresti stravolto la giornata e anche la vita.»
Inumidisco le labbra. «Tu non sai quello che ho pensato io», abbasso gli occhi.
«No, che cosa?»
«Che avresti fatto meglio a non distrarti con me e a non salvarmi.»
Corruga la fronte, le sue palpebre battono un paio di volte. «Spiegati meglio.»
«Per assurdo, ti stavo chiedendo di non innamorarti mai di me.»
«Sai che non ne avresti avuto il potere su questo», risponde, sempre pronto a dire la sua.
Stringe la mia mano portandola sul suo petto, la preme nel punto in cui si sente forte il pulsare del suo cuore, in grado di sussurrarmi parole che non siamo mai stati in grado di dirci apertamente.
«Lo so», sollevo gli occhi. «Ero abituata ad avere tutto sotto controllo, poi sei arrivato tu e hai stravolto completamente i miei piani. Ma, ero abituata anche a scappare via, perché non volevo ferire qualcuno con i cocci acuminati del mio cuore. Invece sono rimasta.»
«Perché l'hai fatto?»
«Perché i tuoi occhi, la tua tenacia e tutto... perché tu, mi ha fatto capire che si può ricominciare, anche quando pensi che sia impossibile farlo.»
Il sorriso che mi rivolge spazza via ogni dolore.
«Facciamo una doccia? Odori tanto di mare e mi viene voglia di assaggiarti», mormora sulla mia spalla. «Hai ancora addosso l'odore tenue della felicità.»
Mi stringo un po' di più a lui. «Si!»
Mi lascio sollevare e dopo un paio di minuti, in cui ho tante cose dentro da poter crollare per ore, sorrido.
Dopo avere fatto una doccia senza malizia, insieme, mi ritrovo seduta ai piedi del letto. Arrotolo bene la fasciatura sul polso di Bradley e recupero il secondo tutore, quello asciutto, che ha dentro il borsone.
Le sue dita mi sfiorano le guance. Mi distrae e arrossisco guardandolo da sotto le ciglia.
«Sai che cosa ci vuole? Un bel gelato. Ti va?», senza attendere risposta scappo in cucina. Qui, do da mangiare agli animali facendogli qualche coccola prima di mandarli a letto.
Lavo le mani e preparo una coppa di gelato prima di sedermi sul ripiano dell'isola davanti a Bradley che, mi raggiunge prendendo posto sullo sgabello e insieme dividiamo la porzione piena di gelato al cioccolato.
«Come ti senti?»
«Sul punto di distruggermi in un soffio.»
Posa la coppetta sulla superficie. Le sue mani si posano sulle mie cosce tirandomi a sé. Scivolo verso il bordo, infine su di lui.
«Non risolveremo le cose come abbiamo fatto oggi in auto. Eravamo entrambi pieni di emozioni e avevamo bisogno di scaricarci. Adesso è diverso.»
«Voglio solo starmene così, con te», dico sfiorandogli labbra. «Mi basta.»
Ci penso poi su. «Anzi no...»
Sorride. «Lo so che non ti basta», mi preme a sé per le natiche e mi sfugge un gemito.
La sua fronte si posa sulla mia. «Andiamo a letto? Una bella dormita farà bene a entrambi.»
Lo guardo con ammirazione e lui rimane imbambolato mentre continuo ad accarezzargli la guancia, le labbra, le sopracciglia e poi affondo le dita tra i capelli.
Lui piega la testa indietro. «Che c'è?»
«Non dovevi specificare, l'inizio era promettente», ghigno.
Si solleva prima di lasciarsi tentare e, tenendomi tra le braccia, mi porta in camera dove rimetto i piedi nudi sul pavimento. Mordo il labbro sfiorandogli il petto nudo. Le mie dita toccano le linee scolpite del suo addome liscio, tirando il laccio dei pantaloni della tuta per slacciarlo.
Lui freme dalla voglia di togliermi il pigiama che indosso. Mi avvicino e poso le sue mani sul bordo. «So che vuoi farlo», sussurro per provocarlo.
Inspira. «Sai che mi incuriosisce sapere cosa c'è sotto. È una trappola?»
«Scoprilo da solo», rispondo sensuale.
Freme prima di sfilarmi la maglietta, rivelando un reggiseno nero con le spalline ampie ricamate, la coppa tonda e il seno sodo in bella mostra.
Bradley passa la mano tra gli occhi e il naso. «Mi vuoi morto.»
Nego. Mi avvicino cauta prima di tirare giù i suoi pantaloni della tuta. Poi mi abbasso rimanendo in ginocchio a guardarlo con malizia da sotto le ciglia.
Alza il viso verso il tetto più che accaldato. Sospira rumorosamente. «Erin!»
Sorrido. «Posso soddisfarti in tanti modi, no?»
Mi fa rialzare tenendomi per le spalle e spingendomi verso il letto mi fa cadere sul materasso tirandomi giù i pantaloncini. Si sistema su di me spingendosi in su, facendomi sentire quello che gli ho provocato. Senza darmi il tempo, mi dà subito un morso sulla spalla ed io strillo e rido.
«Dobbiamo dormire, piccola tentazione!»
Sorrido. «Va bene, maritino», scosto la coperta e mentre lui si sistema sul letto, spengo la luce.
Il buio avvolge la stanza. I miei occhi si adattano in fretta alla penombra.
Stesa su un fianco mi rilasso un momento. Le sue braccia mi circondano l'addome passando da sotto le mie. Infilo le mani sotto il cuscino.
«Non sai quanto ti voglio», mormora sulla mia nuca.
Non sento più le gambe, tanto è intenso quello che mi ha appena provocato.
«Ripetilo un'altra volta.»
«Che cosa?»
«Sai bene che cosa.»
Sento il suo sorriso sulla nuca. Questo basta a farmi girare la testa.
«Bradley!»
«Ti amo», mi sussurra all'orecchio.
Mugolo continuando a sorridere. «Quindi resti?»
«Dove vuoi che vada?»
Ci sono attimi, brevi istanti in cui hai bisogno di qualcuno che resti. Hai bisogno di qualcuno che, senza soffocarti, sappia abbracciarti e stringerti così forte da non lasciarti andare. Hai bisogno di qualcuno che sappia offrirti la sua mano e non solo per sorreggerti ma per camminare al tuo fianco, per godersi insieme a te la passeggiata sussurrandoti senza alzare la voce: "sono qui, non vado da nessuna parte". Hai bisogno di qualcuno che sappia restare non solo quando gli servi ma anche quando il mondo inizia a creparsi intorno a te e rischi di cadere. Hai bisogno di qualcuno che ti guardi negli occhi e ti faccia sentire nel posto giusto, quello in cui vuoi restare. Perché scappare è facile, basta non voltarsi mai più indietro. Restare invece è un atto di coraggio, una dimostrazione d'amore. Restare difronte ad un dolore così forte è amore.

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Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora