capitolo 32

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Brody' s Pov

Mi passai, nervosamente, una mano tra i capelli per poi sospirare pensamente.

- No, non va bene così. Ne ho bisogno al più presto- sbottai, alzandomi per la millesima volta in piedi e camminare a grandi falcate per il soggiorno della mia suite.

- Brody, serve tempo per queste cose. Tra l' altro, non abbiamo le prove sufficienti per decretare ed incriminarlo di violazione della privacy, né che ti abbia recato danni o fastidio- sospirò frustrato mio padre, seduto sul divano in pelle, le gambe accavalatte.

- È entrato in casa mia, quando io non c'ero!- urlai furioso sbracciandomi.

- Brody, ha ragione tuo padre, serve tempo per questo cose- cercò di tranquillizzarmi Grayson, il mio manager che, con il suo completo firmato Tom Ford, se ne stava stravvacato sul divano.

Sbuffai frustrato, camminando poi verso la zona bar per versarmi mezzo bicchiere di wiskhy. Aggiunsi del ghiaccio, e presi un grande sorso del forte alcolico, che scese giù per la gola, infiammandola.

-Troverò un modo, figliolo. Non preoccuparti- continuò mio padre, alzandosi in piedi e stringendosi la cravatta color blu.

-Tu riposati. Hai l'aria stanca e trasandata- osservò l' uomo, grattandosi la barba scura ed ispida.

-Ci vediamo domani papà- sospirai pesantemente, per poi avvicinarmi alle grandi vetrate, osservando come il sole stava ormai calando, lasciando solo alcune sfumature rosse ed arancioni sul cielo.

-Troveremo una soluzione, non abbatterti- affermò, Grayson mentre prelevava una bottiglia di birra dal mini frigo per bevande.

-Devo risolvere questo problema al più presto. Non mi aspettavo avrebbe iniziato a causare tutti questi problemi- sussurrai, schioccando le osse del collo teso.

- Stare tre anni al fresco, non ha cambiato le sue abitudine- sospirò, Gray.

- Non voglio che si avvicini ai miei familiari o amici, cercherà di entrare in contatto con me attraverso loro. Ci scommetto la pelle- sbottai, stringendo le dita sul bicchiere ormai mezzo vuoto.

- Sono sicuro che tuo padre troverà una soluzione. È o non è il più grande avvocato di New York ?- ridacchiò mordicchiandosi il piercing al labbro.

- E poi, i tuoi amici sanno il fatto loro ed è inutile che ti preoccupi della tua famiglia- scrollò le spalle, guardandomi di sottecchi.

Sospirai amaramente, magari l' ansia e la preoccupazione che durante la notte mi lasciavano sveglio, fossero dovute all' incolumità dei miei genitori e dei miei amici.

- Ho capito. Sei preoccupato per la biondina- affermò sicuro di sè, nascondendo un piccolo sorriso divertito.

E bastò quello a far batter un po' più veloce il mio cuore e attorcigliare il mio stomaco.

Sospirai rumorosamente, passandomi una mano tra i capelli e ingurgitando il resto del liquido ambrato.

La sua mancanza si faceva sentire, forse più di quanto avessi mai pensato.
I giorni, in sua assenza passavano lenti, noiosi e monotoni.
Mi mancavano i suoi vestiti sparsi per la mia stanza da letto, i suoi tacchi a terra su cui inciampavo, i suoi trucchi ad accupare gli scomparti in bagno.

Mi mancava osservarla pettinarsi i capelli la mattina.
Mi mancava vedere il suo broncio persistente, ogni qualvolta le facevo un torto.
Mi mancava il suo corpo, le sue gambe lunghe, la sua pelle morbida ed abbronzata.
Mi mancavano le sue tenere carezze, i suoi sguardi dolci e la sua risata contagiosa. Quel sorrisetto che occupava sempre le sue belle labbra.
Mi mancava baciarla, dormire con lei la notte, il mio braccio a stringerla forte a me.

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