capitolo 76

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Aveva appena finito di ripiegare l'ultimo vestito, quando sentì la porta della stanza aprirsi, segno che lui era già tornato.

Dopo averla accompagnata a casa, aveva raccomandato gli uomini della sicurezza di tenerla d'occhio per tutto il tempo in cui si sarebbe assentato per poi, senza rivolgerle una singola parola o uno sguardo, chiudersi dietro la porta di casa e scomparire per quasi due ore.

Tempo che a lei, era servito infinitamente per pensare, riflettere e calmarsi.
Si era immersa in un bagno caldo, quasi bollente, fino a quando l'acqua non era divenuta gelata costringendola ad abbandonare quel posto comodo.
Aveva pianto, così tanto che pensava di poter riempire tutta la vasca con le sue stesse lacrime salate che senza pietà erano scese lungo le sue guance.

Aveva pianto fino a sentire gli occhi gonfi e doloranti e la testa esplodere da un momento all'altro.
Aveva paura di quello che sarebbe sucesso eppure dentro di lei quella piccola vocina continuava impiettrita a ripeterle che era la giusta scelta, per entrambi.

Non si sarebbe guardata indietro e nemmeno avrebbe pianto semmai le lacrime le avessero riempito gli occhi, avrebbe inghiottito il boccone amaro mentre lo guardava negli occhi e dentro di essi vedeva la delusione e l'odio che avrebbe provato nei suoi confronti.

Era più che sicura che le avrebbe dato della fifona e in fondo era proprio così lei, aveva messo da parte il coraggio che per anni l'aveva accompagnata lasciando che la paura comandasse la sua mentre e persino il suo cuore.

Per questo quando, entrando nella cabina armadio la vide in piedi con una maglietta tra le mani, si schiarì la voce prima di piegarsi verso terra e riporre l'ultimo indumento con gli altri, che con cura aveva sistemato.
Non osò guardarlo negli occhi, nemmeno quando lui si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia al petto dando volume ai bicipiti muscolosi.

Non lo guardò nemmeno quando il suo sguardo le infiammò la schiena mentre lei chiudeva la valigia lentamente come per prendere tempo e tardare quello che sarebbe successo da lì a pochi minuti.
Tolse il lembo della maglietta che si incastrò nella cerniera mentre deglutiva a vuoto e sentiva gli occhi bruciare e farsi lucidi.

Aveva pianto nella vasca del loro bagno ripetendosi che se lo avesse fatto, al momento cruciale le lacrime non avrebbero riempito i suoi occhi, eppure si era sbagliata di grosso perché dovette mordersi le labbra fino a sentire il sapore metallico del sangue caldo per evitare di mostrare la sua debolezza.

Perché se avesse ceduto, i suoi propositi sarebbero andati in fumo e quello non se lo sarebbe mai perdonata.

In quella a vasca aveva smesso di nascondersi dietro alla sua schiena solida, aveva smesso di reggersi alle sue spalle muscolose e per la prima volta pensava veramente che ciò che stava per fare fosse una delle cose migliori che avesse mai fatto nella sua vita.

Perché la paura che un giorno lui avrebbe iniziato ad odiarla, era troppo grande di quella di perderlo.

Aveva preferito soffrire per non farsi odiare. Aveva immaginato i suoi occhi pieni di disprezzo, lo stesso che aveva visto rivolto verso quella donna e lei era sicura di non poter mai reggere l'ennesima delusione.

-Cosa stai facendo?- domandò la sua voce roca e virile facendola tremare, così nascose le mani tre le sue cosce mentre guardava dritto davanti a sé come per raccogliere anche solo un briciolo di coraggio che l'avrebbe aiutata a voltare la testa ed incrociare quelle gemme verdi.

Quella domanda però le sembrò quasi una presa in giro, come se le sue intenzioni non fossero chiare dopo aver visto il borsone e la valigia pronti.

-Non vuoi rispondere?- le chiese e questa volta l'ironia nella sua voce era chiara come i suoi occhi verdi.

Era appoggiato a quella porta, i suoi muscoli congelati ed incapaci di muoversi, c'era solo la lingua che spingeva per far uscire quelle parole che sapeva l'avrebbero ferita eppure non gliene importò. Volle farla sentire come lui si sentiva in quel momento: deluso, impaurito e furioso.

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