capitolo 45

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Brody' s Pov

Osservai di sottecchi il modo in cui entusiasta osservava le strade di Los Angeles scorrere ad alta velocità fuori dal finestrino del Suv nero, mentre distratta stringeva la mia mano appoggiata sul suo ventre, per poi riconcentrarmi sul foglio tra le mie mani, in cui vi erano tutte le domande a cui avrei dovuto rispondere alla prossima intervista in programma.

-Sei contenta?- ghignai, appoggiandomi allo schienale per poi schioccare le ossa del collo indolenzito scoprendo con mia sfortuna che, dormire per tutto il volo in aereo appoggiato sul petto di Catalina e seduto sulla poltrona reclinabile, non era la posizione più comoda del mondo, eppure, stanco dalla nottata precendente in cui avevo dormito un massimo di tre ore, ero crollato in un sonno profondo accompagnato anche dalle sue tenere coccole che aveva avuto sul sottoscritto, l' effetto di un sonnifero.
-Non so come ringraziarti- alzò le spalle, lanciandomi poi un occhiata.
Con la mano, scostai le ciocche di capelli scappate dalla coda, ormai disordinata che le donava un aria sexy ed innocente al tempo stesso.

-Non devi ringraziarmi, ne avevamo bisogno entrambi- mormorai baciando il dorso della sua mano.
-Dici che dovrei avvisare mamma?- domandò ridacchiando, per poi avvicinarsi a me.
-Non saprei, tu che dici?- ghignai, avvolgendo le sue spalle con un braccio facendola così appoggiare su di me.
-Lascerò che sia una sorpresa- rise divertita, rivolgendo lo sguardo sulla bella e soleggiata California.
-Mi manca vivere qui- sospirò mordicchiandosi l' interno guancia.

-Manca anche me, New York è fantastica lo ammetto, ma quando mi sono traferito qui, quattro anni fa è stato tutto diverso- mormorai contro i suoi capelli.
-Sei venuto ad abitare a Los Angeles quando ti hanno preso nella squadra?-domandò rivolgendomi un occhiata.
-Sì, inizialmente è stato un po' difficoltoso fare avanti e indietro da qui a New York, ma mi sono abituato- scrollai le spalle lasciandole un bacio sulla guancia.
-Tempo fa, tuo padre aveva parlato del tuo ritorno a Los Angeles appena si concludeva un campionato, è vero?- domandò, girandosi completamente verso di me e muovendosi a disagio nel sedile in pelle nera.

-È vero, torno a Los Anglese ogni volta che concludo gli impegni con la squadra- annuii, guardandola attentamente.
-Perché non sei tornato a Los Angeles questa volta?- domandò aggrottando la fronte.
-Qualcosa era cambiato quella volta, non me la sentivo di tornare e lasciare New York- spiegai, sorridendo flebilmente quando la vidi scervellarsi.

Con una smorfia, mi guardò in modo interrogativo, facendomi ridacchiare divertito.
-Tu Catalina, non era tanto difficile arrivarci- risi pizzicandole la guancia.
-Ti facevo più sveglia ed intuitiva- ridacchiai, riavvicinandola a me.

-Tutte le mie qualità sono crollate appena ti ho conosciuto- borbottò, sfiorandomi il collo con il suo naso.
-Mi sento offeso- farfugliai lasciando dei baci lascivi per la sua mascella.
-Sei imprevedibile, non è colpa mia- alzò le spalle con uno sguardo ovvio nel viso.
Stavo quasi per rispondere quando l' autista fermò la macchina davanti ad un grande cancello in ferrobattuto.

-Siamo arrivati- rise Catalina, staccandosi da me per poi, aprire la porta scorrevole del suv e scendere in fretta, il tutto sotto il mio sguardo leggermente confuso.
Risi quando in fretta corse verso il cancello per poi digitare un codice nel citofono, per poi tornare in macchina quando iniziò ad aprirsi, consentendo all' autista di entrare.
La sua mano, strinse la mia con forza, quando l' auto si fermò e l' abbaiare di una cane occupò le nostre orecchie.
Dopo di lei, scesi dalla macchina lanciando all' autista un cenno di ringraziamento, per poi passarmi una mano sul petto coperto solo da una maglietta a maniche corte aderente e nera.

-Anita- urlò Catalina, abbassandosi all' altezza della cagnolina che abbaiandò saltò adosso al corpo della mia ragazza, che con una risata la abbracciò forte.
La mia attenzione venne attirata dal grande portone della villa, che veniva aperto lasciando intravedere una donna di mezza età, piuttosto esile, che guardava la scena totalmente stupita.
-Catalina- rise scendendo in fretta le scalinate che portavano alla veranda, per poi avvicinarsi a noi e avvolgere Catalina tra le braccia.
Leggermente in imbarazzo, decisi di mettermi da parte e avvicinarmi all' auto per recuperare il telefono e il portafoglio che avevo appoggiato nel vano oggetti dei sedili posteriori.
-Santo cielo, perché non mi hai detto che saresti venuta- la sentii chiedere, quando mi abbassai per prendere un braccialetto di Catalina caduto sul tappetino scuro.

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