capitolo 57

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Catalina' s Pov

Suonai al campanello stringendomi nel giubotto mentre attendevo che qualcuno venisse ad aprire il grande portone.
Le mie preghiere furono avverate quando il viso di Maya spuntò da dietro la porta che aprì maggiormente per farmi entrare.

-Che succede, Maya?- le chiesi preoccupata, togliendomi il cappotto lungo.
-Un disastro in tutti i sensi- borbottò facendomi un cenno per seguirla, cosa che feci, attraversando il corridoio e il grande soggiorno per poi varcare l' ingresso della cucina.

Cucina per modo di dire, dato che in quella stanza sembrava essere scoppiata una guerra in cui al posto delle armi nucleari, erano state usate pentole, coperchi ed altre stoviglie.

Accidentalmente, pestai il manico di una pentola che non aveva fatto un ottima fine mentre scorrevo, scioccata, gli occhi sulla cucina che un tempo era ordinata e splendente.
Ed il mio cuore si strinse quando vidi il mio migliore amico, seduto a terra contro i mobili bianchi e con in mano una bottiglia si rum, mezza piena. Gli occhi chiusi e i capelli spettinati.

-Jay Jay- sussurrai, facendo alcuni passi verso di lui, per poi abbassarmi alla sua altezza ed appoggiare le ginocchia contro il pavimento.
-Che succede, tesoro?- mormorai, facendo girare la sua testa verso di me e scontrandomi così con un paio di occhi rossi e lucidi.

-Non ce la faccio- sussurrò mentre il suo labbro inferiore tremava violentemente e con lui anche il mio stato d' animo.

-No, non dire così- farfugliai avvicinandolo al mio petto e stringendolo forte contro di me, la sua faccia schiacciata contro la felpa rubata a Brody.

Il suo corpo tremò tra le mie braccia mentre dentro di me, qualcosa per l' ennesima volta si spezzava.

Perché dentro di me si faceva strada la paura che mangiava viva ogni singola parte di me che trovava durante il suo cammino.

-Non ce la farò- farfugliò in mezzo al suo pianto liberatorio e ai singhiozzi che, inconsapevolmente, erano come pugni in faccia alla sottoscritta.

Mentre sentivo gli occhi bruciare, strinsi la presa su di lui come se potesse scappare.
Come se avessi paura che da un momento all' altro lui se ne potesse andare, lasciandomi in bilico in un filo sottile sottile, sola e senza via d' uscita.

-Smettila- sussurrai mordendomi le labbra e strizzando forte gli occhi che bruciavano come fuoco mentre le lacrime lottavano per uscire, contro la volontà del mio subconscio che era stanco di essere debole e di arrendersi ad ogni ostacolo.

-Smettila- continuai, infilzando le unghie nella sua maglietta stropicciata.

-Smettila- lo spinsi con forza via da me, afferrando il suo viso tra le mani e guardandolo negli occhi rossi e pieni di lacrime, quegli occhi che mi avrebbero torturata per sempre e che non avrebbero mai abbandonato la mia mente.

-Guardami- stringendolo con forza fino a fargli quasi del male.
Ma non me ne importò, non quando sapevo stesse toccando il fondo.

Ed io non l' avrei permesso.

Non un altra volta.

-Guardarmi- ripetei più a bassa voce, mentre con la vista offuscata mi guardava smarrito, come se avesse perso la sua bussola e con lei ogni suo senso dell' orientamento.

-Non ce la farò, non questa volta- sussurrò scuotendo la testa con energia e lasciando scorrere le lacrime calde e salate che bagnarono le sue guance leggermente ricoperte da un sottile strato di barba del giorno prima.

-Smettila- urlai staccandomi e infilandomi le mani tra i capelli.
-Smettila- mormorai sfinita tirandomi, esasperata e spaventata, le ciocche dei miei capelli.

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