capitolo 52

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Catalina' s Pov

- Non è educato giocare con il cibo- affermò mio padre, pulendosi gli angoli della bocca con il tovagliolo color avorio, mentre i suoi occhi blu si fissavano sui miei.
Smisi di spostare la forchetta sulle uova strapazzate, appoggiandola sul tavolo.

-Quando posso andare via?- domandai, posando le mani sotto il tavolo e sulle mie ginocchia.
-Appena risolveremo questa situazione- scrollò le spalle con indifferenza, lanciando un occhiata all' ingresso della sala da pranzo, gesto che aveva fatto più volte negli ultimi venti minuti, come se stesse aspettando qualcuno.

Ruotai gli occhi al cielo, prendendo un sorso della mia spremuta d' arancia, mentre osservavo i comportamenti di mio padre.
Quel mattino, sembrava nervoso. Come se qualcosa lo inquiettasse e lo rendesse agitato.

-Aspetti qualcuno?- domandai, guardandolo attentamente, sopratutto quando mi guardò leggermente stupito.
-Perché me lo chiedi?-domandò alzando le sopracciglia.

Prima che potessi aprir bocca, il campanello risuonò per tutta la casa, facendomi girare verso l' uscita ad arco della stanza per poi tornare a guardare mio padre, che dopo avermi lanciato un occhiata, spinse indietro la sedia, alzandosi e passandosi le mani sul completo coordinato nero.
Il ticchettio di un paio di tacchi contro il marmo del pavimento, si faceva sempre più forte, segno che l' ospite di mio padre si stava avvicinando nella stanza in cui ci trovavamo, mentre la confusione era ovvia nel mio viso.

La figura alta e snella di una donna dai capelli ricci e voluminosi e dagli occhi grandi color nocciola, comparve sotto l' arco dell' ingresso, mentre la mia bocca si spalancava dallo stupore.
E quasi temetti di rompermi la mascella, quando mio padre camminò nella sua direzione, per poi cingere, con un braccio, la sua vita facendo poi stendere la sua grande mano, sul ventre di lei, dove con attenzione potevo notare un leggero rilievo.

Gli occhi blu di mio padre, mi guardarono imperturbabili, mentre cercavo di scacciare via le lacrime che stavano offuscando la mia vista, per non parlare delle unghie infilzate nel palmo delle mani serrate in pugni stretti.

Potevo sentire il cuore battere forte contro la gabbia toracica mentre la tristezza e la rabbia occupavano ogni suo angolo più remoto.
Deglutii pesantemente, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo ventre.
Il ventre che custodiva mio fratello. L' ennesimo fratello, dall' ennesima donna.

Feci stridere con forza la sedia contro il parquet, alzandomi di scatto e buttando a terra il tovagliolo per poi passare accanto ad entrambi ed uscire dalla stanza intenzionata ad andarmene via da quella casa, che era divenuta come una bolla di vetro per me.

La sua mano forte però, appena giunsi all' entrata della grande villa, afferrò con forza il mio braccio facendomi voltare con forza verso di lui.
-Catalina- sibilò guardandomi infastidito.
-Dove pensi di andare?- sbottò con rabbia, guardandomi furioso.

-Basta- urlai spingendolo via, mentre l'adrenalina scorreva nelle mie vene e la rabbia prendeva il sopravvento su di me.
-Basta, cazzo- lo spinsi lontano da me, facendogli spalancare gli occhi dalla sopresa e arretrare per colpa delle spinte contro il suo petto.

-Catalina- mormorò incapace di dire altro, afferando le mie mani con forza e cercando di fermare i miei movimenti.
Scossi la testa, cacciando via le lacrime che si erano accomulate sui miei occhi, impedendomi di vedere qualsiasi cosa accanto a me.

-Non ce la faccio più- mormorai flebilmente lasciando scorrere le lacrime sulle guance.
Lo guardai mentre mi osservava dispiaciuto e cercava di afferrare le mie mani.

-Ti piace vedermi così?- domandai allontanandomi da lui.
-Non dire così, Catalina- sussurrò cercando di avvicinarsi nuovamente a me.
-Ammettilo, dillo che ti piace vedermi così- gridai contro il suo viso, spingendolo, accorgendomi con la coda dell' occhio della donna che aveva appoggiato una mano sullo stupite dell' ingresso del soggiorno, guardando la scena senza proferire parola.

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