66. Non ti deluderó.

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{Ash}

Ero veramente lì?

Abbassai lo sguardo verso i miei piedi.
Non avevo mai indossato scarpe così eleganti, avevo sempre pensato fossero scomode, invece non erano niente male a dir la verità.
Erano nere lucide, mi davano l'aria sofisticata e per un istante mi sentii importante come mai mi ero sentito in vita mia.

Avrei voluto tenere fermi i piedi, ma era un'impresa impossibile nonostante tutta la mia buona volontà.

Mi constrinsi a stare fermo per non rovinare il tappeto bianco che era steso liscio sotto i miei piedi.
Iniziai a muovere le mani, l'agitazione mi scorreva nelle vene ormai da ore.

La notte prima non avevo dormito per niente.
Ero rimasto tre ore ad osservare il soffitto azzurro pastello della mia vecchia camera nella casa di mia nonna.

Avevo voltato lo sguardo in tutte le direzioni e avevo cercato di calmare l'agitazione senza successo.
I muri erano ricoperti di poster dei miei supereroi preferiti.
Sopra il mio letto avevo appeso delle foto della mia famiglia, con mia sorella e mio padre e una con mia madre.

C'erano ancora giocattoli sparsi negli angoli della stanza.
Mia nonna aveva detto esplicitamente che non voleva toglierli, le ricordavano quando ero il suo piccolo nipotino, nonostante ciò sapevo che mi considerava ancora il suo piccolino.

Sasha amava venire a casa di nonna Maggie.
Mio padre ci portava sempre e nonostante fossi un bambino quando mettevo piede in quella casa respiravo sollevato, perché sapevo che almeno lì dentro ero al sicuro da mia madre e dai suoi problemi.

E pensare che a 6 case di distanza aveva sempre abitato la donna che avrei sposato da lì a poco.

Che poi, ammettiamolo, nessuno pensava che mi sarei sposato, Sasha mi aveva sempre preso in giro usando questo argomento.

Ed era vero.. infondo non ci avevo mai creduto nemmeno io.
Ero sempre stato scettico con le ragazze, l'unica con la quale avevo instaurato un legame abbastanza importante era stata Ruby, ma come dimostrava la mia teoria, le persone in qualche modo ti deludono sempre.

E poi era arrivata lei.

Non avevo mai trovato una ragione per la quale mi ero avvicinato a lei..
Insomma perché mai avevo lasciato quel post-it sul suo libro quasi due anni prima?
Perché?

Non avrei mai trovato una vera risposta.
Avevo tante teorie.

La prima cosa che notai di lei furono i suoi occhi.
Quando per la prima volta incontrai i suoi occhi, mi sentii un mostro. I suoi occhi mi avevano scrutato con paura e terrore.

Forse fu quello a scatenare il sentimento che era cresciuto per lei.
Mi aveva sfidato, era come se avessi voluto dimostrarle che ero meglio di ciò che aveva pensato.

Ogni volta che mi avvicinavo avevo paura di ferirla, deluderla.
E dimostrare il contrario aveva dato inizio a tutto.

Con il tempo vidi in lei una parte di me.
Vidi la paura di non essere abbastanza, la paura di lasciarsi andare e vivere la vita, per quello l'avevo portata con me a Chicago.

Avevo visto me stesso nei suoi occhi, come se lei fosse la mia copia perfetta con i pezzi mancanti.
Forse fu tutto un insieme di queste cose che mi portarono da lei.

Ne avevo fatti di errori, non riuscirò mai a contarli, ma lei mi aveva sempre perdonato, per questo le avevo chiesto di sposarmi.
Lei era stata l'unica che avrebbe potuto accettarmi.

Ero un disastro umano, ma lei era stata la mia cura.
Passai il resto della notte a pensare a lei, a come sarebbe stata mentre avrebbe camminato verso di me.

Drogata di te. [In revisione]Where stories live. Discover now