Capitolo 29

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Jackson pov

Sono circa dieci minuti che siamo seduti agli estremi di questo tavolo senza che nessuno dei due proferisca parola.

Tutto si riduce a lei che mi guarda ed io che la guardo, non ci togliamo gli occhi di dosso neanche per un secondo.

Il suo sguardo è duro, il mio è attento.
Mi concedo l'ultimo sorso dalla birra che ho ancora per le mani e mi sforzo a non fare giravolte con la bottiglia vuota fra le dita, odio sapere che capta i miei segnali involontari.

<<Okay>> tira improvvisamente un sospiro profondo come se quello che sta per dire le costerà molto.

Mi poggio allo schienale della sedia in silenzio intento ad ascoltare cosa ha da dire.

<<Ho trascorso gli ultimi anni all'istituto senza instaurare alcun tipo di rapporto con nessuno.
Ho chiesto di essere trasferita nella tua stanza per mantenere vivo il tuo ricordo e ti dirò di più, i primi giorni ho vietato per ogni santa mattina che portassero via le ultime lenzuola che hai usato perché erano l'unica cosa che mi manteneva lucida>> scuote la testa incredula come a darsi per ridicola.

<<Credo un po' per sentirmi meno sola, un po' per evitare di impazzire, un po' per nutrirmi dell'odio che mi hai provocato sai, non lo so.
Tutta quella rabbia la sfogavo su Peter nelle sue lezioni ma non mi bastavano, ho iniziato a fare extra su extra così da concentrare le mie giornate su un obbiettivo fisso e smettere di pensare e vedere cose che non esistevano.
Le mie visioni a finale tragico peggiorarono di giorno in giorno al punto che ho imparato a conviverci e questo mi impedisce di legarmi a chiunque>> socchiude gli occhi immergendosi nel dolore di quelle parole.

Perché lo stai facendo Arya?

<<Il giorno in cui mi hanno fatta uscire non ho fatto altro che pensare a cosa tu te ne facessi di tutta quella libertà perché io senza te non sapevo riconoscerle alcun valore.
Pensavo, cosa lo rende così impegnato a tal punto di impedirgli anche solo di mandarmi una lettera, di farsi sapere felice?
I primi tempi sono stati molto difficili ma tu questo già lo sai perché lo avrai vissuto anche tu, ambientarsi, interloquire, utilizzare un cellulare, tutto.
Ho vissuto per un po' con Daiane, ho trovato il mio primo lavoro ma non ho mai fatto amicizie perché tu hai ingabbiato quel briciolo di integrità che mi era rimasta dentro ad una corona di spine>> mi concede uno sguardo struggente che mi lacera l'anima.

<<Ho scoperto che l'alcool alleggerisce i pensieri e, che il fumo ti fa aleggiare in un temporaneo limbo di benessere, ma non ho avuto bisogno di scoprire altro dopo di te per capire che le dipendenze sono una debolezza e che mai più nella vita ne avrei avuta una.
Ho imparato a concedermi e togliermi tutto allo stesso tempo, a realizzarmi ed a fronteggiare chiunque e con qualunque mezzo>>

Riversa tutto il suo mazzo di carte qui difronte a me scoprendo ogni sua mossa.
Si racconta con fiumi di parole aprendo spiragli di sincerità che mi lasciano perdere fra i pensieri ed i sensi di colpa.
Non riesco a proferire parola, solo ad immaginare ciò che ha potuto vivere.

<<Non giudicarmi se sono dannata se poi proveniamo dallo stesso inferno>>
Mi rammenta con una beffa amara e irrisoria facendo riferimento al mio sguardo perso.

<<Ti starai chiedendo perché adesso, perché mi sto spogliando davanti a te di ogni mia corazza.
Jackson, io ho bisogno di capire chi ho davanti a me, ho bisogno di collegare i pezzi per continuare il puzzle e quelli mancanti li hai tu, so che tieni a me perciò non ti dirò di farlo per te.
So cosa è successo oggi durante la partita e non cadere nell'errore di tenermi all'oscuro di tutto perché mi reputi debole, anzi tutto ciò che hai fatto fin ora mi ha solo fatto fare i conti con me stessa e la realtà circostante>>

Le sue parole sono turbolente nella mia testa tanto da non farmi trovare pace.
Ho preso delle scelte sbagliate, non voglio ricadere nello stesso errore, non voglio nuovi incubi nelle mie nottate paralizzanti, non lo sopporterei.
Devo fare la scelta giusta.

Stringo un pugno dentro l'altro portandoli alla fronte e come se fossero una gomma, li sfrego su di essa tentando di cancellare ogni sbaglio dalla mia mente.

<<Una volta ti chiesi cosa avresti fatto se fossi stata minacciosa per la vita di qualcuno a cui tieni, tu rispondesti dicendo "farei in modo di non esserlo più".
È esattamente ciò che ho fatto>> biascico fra la disperazione ancora chinato.

Non voglio vedere la sua espressione, parlare di questo mi uccide già abbastanza.

<<Mentre tu mangiavi quei dannati pop corn, io nell'ufficio della Fletcher non trovai nessuna chiamata.
Mi disse che mio padre si era rimesso sulle mie tracce e che se mi avesse trovato, diavolo non so cosa ti sarebbe potuto succedere.
L'unica soluzione che avevo era dividermi da te.
Ti prego adesso dimmi, cosa avrei dovuto fare?>>

Una lacrima sfugge al mio controllo quando incastono i miei occhi nei suoi ma la sofferenza che leggo nel suo volto non è quasi niente in confronto a ciò che provo io.

<<Mettiamo caso fossi rimasto lì>> sbatto un pugno sul tavolo il cui tonfo si propaga spaccando il precedente silenzio torturante intorno a noi.

<<E se poi ti avesse trovata?
O se peggio ti avesse uccisa cazzo?
Avevo solo sedici fottuti anni ed una responsabilità che pesava più di me>> mi alzo violentemente dalla sedia e mi volto di spalle portandomi le mani alla nuca.
La rabbia divora le mie viscere rendendomi sempre più irascibile.

Odio questa conversazione, odio affrontare capitoli che cerco costantemente di accantonare nel mio inconscio, non avrò mai la possibilità di rinascere.

Si alza dalla sedia e viene in mia direzione posizionandosi proprio difronte a me.
Posa le sue mani gelide sulle mie guance bollenti, sul mio viso che brucia di rabbia come se volesse sostenerlo dall'irreversibile ascesa che sta compiendo l'animo al suo interno e mi guarda, mi guarda e non riesco a sostenere i suoi occhi.

<<Ti perdono>> sussurra dopo incessanti minuti in cui osserva il dolore straziante che mi cinge e che non mi ha mai abbandonato.

Ti perdono.
Ripeto nella mia mente come a sapere di non meritarlo.

Le lacrime iniziano a scendermi sul viso e non riesco a controllarle, cadono scorrevolmente come se fin adesso fossero state recluse e intrappolate.

Probabilmente le mie espressioni adesso stanno tradendo la mia solita aria inclemente trapelando la debolezza di cui si nutrono i miei demoni mentre i suoi occhi fanno conoscenza con essi senza timore.

Non smuove le sue mani da me e posa la sua fronte all'altezza delle mie labbra bagnandosi delle mie lacrime amare.
La stringo più vicina al mio corpo come ad aver bisogno di sostenermi a lei, una figura apparentemente più esile per chi non sa captare che

dentro agli specchi non c'è soltanto il riflesso.
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Dentro agli specchi non solo il riflessoWhere stories live. Discover now