Capitolo 11

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Jackson pov
6 anni prima:
I giorni trascorsero tutti nello stesso loop, erano passati già 6 mesi da quando la verità venne a galla.
Dentro riuscivo a percepire come le giornate non avessero più valore per me ma non potevo riavvicinarmi a lei, da quel giorno mi allontanai drasticamente perché ormai mi sentivo dannatamente nocivo per la vita di Arya.

Anni ad affiancarla nelle sue sofferenze, ad abbracciarla dopo aver fatto un incubo ed a dirle che andrà tutto bene senza sapere che la causa di tutto ciò fosse qualcuno così vicino a me, mio padre.

Ogni giorno o quasi provava a rivolgermi la parola, non so come facesse a non odiarmi ma io non volevo tenerla bloccata nel passato ed in un modo o nell'altro io ne facevo parte.

Era ora di pranzo perciò ci recammo in mensa e come se fosse prassi per i miei occhi, la vidi accucciata da sola sulla sedia di un tavolino troppo grande per una sola persona.
La tenevo d'occhio, questa era l'unica cosa che non avevo mai smesso di fare.
Non mangiava più molto, era diventata pelle ed ossa e non aveva una bella cera già da un po', non riuscivo a non pensare a quando mangiava tanti di quei lolly pop mentre ora si stava consumando proprio come uno di loro.

Un trambusto caotico mi riportò sulla terra lontano dai miei pensieri, sobbalzammo tutti per il forte tonfo sentito quando d'un tratto tutti circondavano un tavolo, il suo.
Mi precipitai e la trovai distesa sul pavimento in preda ad una delle sue crisi.
Ne soffriva molto quando era appena arrivata, iniziava solitamente con degli attacchi di nervosismo che si trasformavano poi in una sorta di crisi epilettiche.

<<Jackson ti prego solo tu sai come calmarla>> mi pregò la signora Fletcher.
<<Sono mesi che sono tornate, va sempre peggio>>
Sgranai gli occhi all'udire ciò che aveva detto, come ho potuto non accorgermene.
La presi in braccio per spostarla e constatai pesasse davvero troppo poco, era come se non stessi sollevando nulla.
Afferrai la prima bottiglietta d'acqua che vidi su uno di quei tavolini ed iniziai ad inumidirle polsi, viso e collo per poi spostarla accanto alla finestra dalla quale subentrava un leggero vento fresco che sapevo le avrebbe dato sollievo.
<<Ti prego, ti prego, ti prego>> supplicai non so a chi mentre da buon egoista le strinsi forte la mano.
La sua tachicardia non giovava affatto in questi episodi poichè nel peggiore dei casi avrebbero potuto persino farle perdere la vita.
<<Arya respira piano, ssshh, piano>> le sussurrai all'orecchio cercando di farla rilassare accarezzandole i capelli umidi.
<<Sono qui tranquilla ci sono io ok?>>
Il suo torace sobbalzava rapidamente, questo non le permetteva di avere controllo sul suo corpo ma con la sua poca forza fece un' impercettibilmente pressione sul mio braccio puntando i suoi magnetici occhi nei miei, cercava di dirmi qualcosa.

<<Tu-t>> iniziò a parlarmi.
<<Ora calmati e respira lentamente ok?>>
<<Tu non sei tuo padre>>
Un brivido mi paralizzò.
Parole quasi inudibili fecero un rumore colossale dentro di me.
<<Ti prego Jackson io non voglio morire da sola>>

Mi parlava sempre di come la sua paura più grande fosse quella di rimanere da sola ed è stato proprio ciò che ho fatto.
Il suo respiro si stava regolarizzando al contrario del mio che aumentava repentinamente.
Scattai abbracciandola così forte da quasi soffocarla ed iniziai a piangere come raramente mi era mai successo.
<<Arya mi dispiace così tanto>> aprii finalmente bocca.
<<Sono un idiota ho reagito nel modo più sbagliato possibile>>
<<Non abbandonarmi mai più, ti prego>> abbassai il capo e scorsi i suoi occhi che mi fissavano da sotto il mio mento.
<<Promettimi che ogni cosa che accadrà la affronteremo insieme, ne ho bisogno ti prego>> aggiunse.
<<Mai più, te lo prometto lolly pop, non ti abbandonerò mai più>> continuai a stringerla quasi soffocandola per quanto quel contatto mi era mancato.

Dentro agli specchi non solo il riflessoWhere stories live. Discover now