Capitolo 13

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Jackson pov
5 anni prima:
<<Dio che idioti ma perché si dividono sempre>> si lamentò.
<<Beh lo hai detto, perché sono degli idioti>>

Dopo aver perso una scommessa ho costretto Arya a guardare un film Horror con tanto di pop corn ma non durò molto a lungo perché da li a breve entrò la signora Fletcher a porre fine ai giochi.

<<Jackson vieni c'è una chiamata per te>>
<<Arrivo>> le dissi seccato alzandomi dalla poltrona su cui ero beatamente sdraiato.
<<E tu, non mangiare i miei i pop corn, ricordo bene quanti sono adesso>> era tipo una minaccia si.

Arrivai nell'ufficio ma la prima cosa che mi venne all'occhio fu proprio il telefono, non c'era nessuna telefonata in corso.

<<Si lo so, non c'è alcuna chiamata>> si sedette dall'altro lato della cattedra la direttrice.
<<Volevo parlarti in privato>>
Allargai le braccia in segno che ero pronto ad ascoltarla.
<<Abbiamo avuto alcuni aggiornamenti da parte della polizia, hanno scoperto che tuo padre ti sta cercando e..  vado dritta al punto Jackson>> sospirò.
<<Crediamo non sappia che quel giorno Arya si salvò, crede siano morti tutti ma se trova te, trova anche lei>>

L'ultima frase mi fece incupire il volto.
Per la seconda volta in qualche modo avrei potuto distruggerla? No.

<<La scelta è tua ma ti sto proponendo di lasciare l'istituto per la tua sicurezza e per la sua.
Noi vi insegnamo a difendervi, ad essere disciplinati e forti fisicamente e psicologicamente ma non ad essere invisibili purtroppo>>

Sembrava come se non fosse il nostro momento, il destino ci metteva continuamente alla prova, mi, metteva alla prova.

<<Quando?>> aggiunsi solamente arreso all'evidenza dei fatti nonostante la mia anima emanasse il suono di un vetro cadente in frantumi.
<<Domani, verrà a prenderti tuo cugino se accetti, starai con lui a Boston in un programma protezione>>

<<Promettimi che ti prenderai cura di lei come se fosse tua figlia>> chiesi nascondendo il mio viso pieno di lacrime.

<<Farò del mio meglio Jackson, come ho sempre fatto.
Te lo prometto>>

Annuii, era l'unica cosa che potevo fare, non potevo oppormi rischiando di mettere la sua vita in pericolo.
Trovare me non mi spaventava, ma che trovasse lei non potevo permetterlo.

Mi alzai e tornai da lei per godermi quel poco tempo che mi rimaneva e per guardarla con la consapevolezza che probabilmente non l'avrei mai più rivista così mi assicurai di marchiare il suo volto nei miei ricordi che con così poco preavviso dovevo rimarcare.

<<Sei proprio una stronza Arya li hai mangiati quasi tutti>>
<<Ma ci hai messo tantissimo dovevo pur fare qualcosa scusa>> si giustificò.
<<Bene ora ne paghi le conseguenze>>
<<NO>> andò in panico capendo quali fossero.
<<OH SI>>
<<No ti pre-noo-aaaaa>> urlò scappando da me.
Iniziai a rincorrerla intorno alle poltrone per farle il solletico fin quando non finimmo per fare la lotta e cademmo per terra.

Arya pov
Iniziò a rincorrermi fino a quando per difendermi iniziai a lottare ma alla fine cademmo per terra prendendo una bella botta, tipico.

<<Cosa faresti se tu fossi minacciosa per la sicurezza di qualcuno a cui tieni tanto?>> mi chiese serio d'un tratto dopo qualche frangente di silenzio preceduto da fragorose risate.
<<Non lo so dovresti essere più specifico>> risposi.
<<Su dai non pensarci troppo, rispondi d'istinto, cosa faresti?>> insistette.
<<Immagino farei in modo di non esserlo più>>
<<Già>> sbiascicò sotto voce pensieroso.
<<Che hai?>> domandai capendo avesse qualcosa.
<<Niente solo>> distolse lo sguardo <<pensavo>>

Mentiva.
Ho sempre capito quando mentisse perché distoglieva lo sguardo in maniera diversa da tutte le altre volte, guardava verso il basso, subito dopo verso l'alto e così via tendeva a spostarlo.

<<Perché non ti vuoi confidare con me?>> mi arrabbiai.
<<Tu mi vuoi bene vero?>> mi chiese.
<<Anzi, tu sai quanto io ti voglio bene vero?!>>
<<Certo che si.. però così mi spaventi>> dissi.
<<No Arya, non permettere a niente e nessuno di toglierti questa consapevolezza okay? Mai!>>
<<Okay basta me l'hai fatta pagare abbastanza per dei pop corn ora finiscila di fare lo stronzo>> gliene lanciai qualcuno.
<<È un pessimo modo di farmi sentire in colpa>>

Mi sfilai un codino verde dai capelli e glielo misi al polso.

<<Ecco facciamo che te lo regalo così te lo arrotoli al dito, mi perdoni e finisce qua>>
Mi sorrise sincero e ci scambiammo uno dei nostri rari ma profondi abbracci per poi dileguarci nelle nostre camere notando che si era davvero fatto tardi.

Il giorno seguente, non sapevo ancora sarebbe stato uno dei giorni più brutti della mia vita ma lo scoprii presto, infatti, non appena andai nella camera di Jackson per svegliarlo con qualche cuscinata, la trovai completamente spoglia di ogni cosa insieme all'armadio completamente vuoto.

Sentii il peso del mondo intero farmi leva sulle spalle nel momento in cui analizzai, dopo ciò che avevo visto poc'anzi, il discorso che mi fece il giorno precedente.

Corsi all'impazzata nell'ufficio dal quale uscì lui la sera prima per chiedere spiegazioni, per capire cosa gli avessero detto e per provare ad immaginare cosa gli fosse passato per la testa.

<<Mi dispiace ma sono informazioni riservate lo sai Arya..>>
<<NO! Voi non potete nascondermelo, io devo saperlo, devo!>> gridai con tutta la rabbia che potessi avvertire dentro.
<<Cosa gli hai detto eh?!>> corsi avanti ed indietro scaraventando tutte le carte in quello stanzino.
<<Cosa diamine è successo?!>> le urlai in faccia.
<<Posso dirti solo che sta bene e che nessuno lo ha obbligato ad andare via>>
<<Lui-lui lo ha voluto?>> le lacrime sfuggirono al mio controllo dopo aver appreso quell'affermazione.

La signora Fletcher annuì semplicemente per poi accompagnarmi fuori invitandomi a calmarmi.

Lei non era cattiva, ma neanche buona, era di parte.
Ormai era diventata una sorta di madre per tutti, in particolare per chi da tempo condivideva lo stesso tetto con lei, come me e Jackson che siamo con lei sin da piccoli.
Lui arrivò qui un anno prima di me all'età di dieci anni mentre io quello successivo a nove.

Trascorsi i primi giorni a seguire nella sua camera impedendo ogni giorno che venissero cambiate le sue lenzuola, erano l'unica cosa che mi impediva di impazzire.
Non era rimasto più niente, ogni giorno sembrava una realtà mai esistita.
Il suo profumo su quel tessuto era tutto quello che mi rimaneva di concreto.
Il tempo passava ma ogni giornata delle visite per me era solo come rigirare il coltello nella piaga perché da quella porta non rientrò mai più ed io alternai i mesi tra la mancanza e l'odio verso lui e verso me che gli avevo permesso di farmi così tanto male.
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Dentro agli specchi non solo il riflessoWhere stories live. Discover now